6 Ottobre 2020

Isaac Bashevis Singer, Il mago di Lublino, Adelphi, 2020

di Roberta Ruggiero

Un visionario sospeso tra cielo e terra

Il libro ha il ritmo di una favola e riflette il mondo ebraico scisso tra spinte terrene e voli trascendenti. Visionarietà, ironia, humor e drammaticità si intrecciano.

Non è, per alcune di noi, il miglior Singer, soprattutto nell’epilogo.

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Breve nota a cura di Isa Bergamini dopo l’incontro del gruppo di lettura:

Si è parlato approfonditamente non solo della problematica e funambolica personalità del protagonista, ma anche si è ricordato quel mondo ricco di tradizioni e religiosità che nel cuore dell’Europa aveva la sua anima, cancellato dalla Storia con la Shoah, la deportazione e l’emigrazione.

Sono stati ricordati anche altri autori ebrei americani a cominciare da Israel Joshua Singer fratello di Isaac a Saul Bellow, Ph. Roth e Woody Allen, per ricordare la loro particolare condizione umana e culturale.

E’ stato sottolineato quanto la mano di Singer sia stata magica nella descrizione di tutti i personaggi, donandoci di loro ritratti vivissimi, e in particolare di alcuni paesaggi che in una pagina riletta insieme ci ha fatto pensare al lirismo leopardiano.

Molte però sono state le voci di dissenso in particolare per la “noia” provata leggendo la seconda parte del libro.

Si è detto anche che la lettera finale è uno scivolamento quasi deamicisiano, mentre in realtà il libro termina qualche pagina prima lasciando aperta e sospesa la storia di Yasha, il mago di Lublino. Si è accennato anche alle interessanti figure femminili.