Diario di viaggio

Con Bona Sforza da Bari a Cracovia

30 giugno – 11 luglio 2012

a cura di Angela Mengano

Sabato 30
Viaggio di trasferimento da Bari a Mestre con il pullman, prima di affrontare il viaggio verso Cracovia ripercorrendo più o meno fedelmente le tappe di Bona Sforza sposa di Sigismondo re di Polonia. Ritroviamo con piacere Ivan, l’autista che già ci aveva accompagnato nella Francia del Sud-Ovest.
Dopo la programmata sosta in autostrada per il pranzo, nei pressi di Ancona, riprendiamo la strada verso Mestre. Qui, sistemati i bagagli nell’hotel Alexander, vorremmo fare una passeggiata a Venezia, ma ci rendiamo conto che i tempi sono un po’ stretti e – prima di cena – ripieghiamo su una puntatina nel piccolo centro storico di Mestre.

Domenica 1
Varcata la frontiera nei pressi di Gorizia, senza particolari controlli, siamo in Slovenia, sui passi di Bona. Molto traffico allo snodo di Lubiana, poi finalmente arriviamo a Celje, piccola città d’arte della Stiria slovena, dove è ad attenderci Urska, che sarà la nostra “accompagnatrice”sino all’albergo a Maribor. Con lei facciamo un veloce giro del centro storico prima di salire al ristorante ”Gostilna pri kmetec” che si trova nel punto più alto, alle falde del Castello.

Mangiamo benissimo (ottima carne, knodel di verdure) e questo un po’ ci ripaga della faticosa salita sotto il sole. Ripreso il viaggio, sostiamo a Ptujska Gora per la visita del gotico Santuario dedicato alla Vergine omonima, sulla cima di un colle dominante la vallata.

Un frate francescano che parla un perfetto italiano ci illustra la storia della chiesa, le opere d’arte in essa contenute e i magnifici affreschi che raffigurano la “Biblia pauperum”; c’è anche un San Nicola con i suoi miracoli, e molto ci emoziona l’immagine della Madonna che sotto il suo grande manto (singolarmente verde, e non azzurro) accoglie e protegge i suoi devoti; il francescano ci fa notare che sotto quel manto c’è un buco, e lì ci sarebbe un posticino per noi!
A Maribor scendiamo nell’hotel Piramida, a due passi dal centro. Dopo cena ci mettono a disposizione una sala TV per seguire la finale degli Europei di calcio (Italia – Spagna finita per 4-0 a nostro svantaggio) ma anche un pianoforte per suonare e danzare (e qui Tina Traini accenna con garbo ed eleganza qualche passo da perfetta ballerina). Dopo c’è appena il tempo per mettere il naso fuori e dare uno sguardo a questa città, bellissima, che certo meritava di più: capitale europea della cultura 2012 insieme alla portoghese Guimaraes, nelle sue piazze e piazzette animate dalla presenza di tantissimi giovani, in un affascinante mix di edifici antichi e moderni, illuminati da installazioni vivaci e colorate, scorre la vita.

Lunedì 2
Pochi chilometri e, lasciata la Slovenia, entriamo nella Stiria austriaca (sosta caffè a Loipersdorf) poi in Ungheria, diretti a Sopron. Qui ci attende Judith, la nostra guida. Dopo il pranzo al ristorante Generalis Corvinus, ospitato in un antico edificio nella bella piazza Fo Tér, ha inizio la prima parte della visita: la Torre del Fuoco, la barocca statua della Trinità, la chiesa “della Capra”, i begli edifici gotici e barocchi. Suddivideremo in due parti la passeggiata nel centro storico di Sopron perché il castello di Esterhaza è aperto oggi pomeriggio – in via eccezionale – solo per noi e solo per un’ora, quindi dobbiamo affrettarci a raggiungerlo, rasentando il territorio del lago di Fertod, che Judith ci indica in lontananza, ricoperto di canne palustri. Ed eccoci giunti nella “Versailles ungherese”, che ospitò Franz Joseph Haydn per ben trent’anni (sala di musica con il soffitto raffigurante il Carro del Sole e Apollo in trionfo; ceramiche di Meissen e Capodimonte; urne con la polvere di riso per fare bianchi i capelli e con i profumi per coprire gli odori del corpo; pannelli cinesi di 250 anni fa dipinti su legno nero e oro; porcellane Herend con fiori bianchi su fondo mattone in stile Esterhazy; vaso per tulipani a cinque fori e tante altre simili meraviglie).


Nel percorso di ritorno a Sopron abbiamo una piacevole conversazione con Judith, che ci racconta di tante cose; delle memorie legate a Franz Liszt, che qui pare abbia tenuto a soli nove anni il suo primo concerto; ci dice che ha visitato il sito dell’ADIRT; e la sua voce limpida e intonata affascina tutti quanti noi con dolci antiche canzoni popolari ungheresi. E per completare la visita di Sopron ci guida alla scoperta delle mura romane di recinzione e del Foro dell’antica Scarbantia; della sinagoga trecentesca (anche da qui, tremila ebrei deportati ad Auschwitz); dei tanti edifici, tra cui quello con muro “dentato” quale migliore difesa dal freddo. Finita la visita, ci trasferiamo all’hotel Lover poco fuori città, in mezzo alla foresta, affollato di turisti italiani (Boscolo tours). Cena e pernottamento.

Martedì 3
Ancora per poco in territorio ungherese, oggi, con Judith, che ci accompagna a Gyor. Lungo la strada ci mostra le cicogne, tante ovunque, appollaiate nei loro nidi sui tetti delle case o su pali altissimi. Ci parla di Istvan Szecheny e di Lajos Kossuth che si sono battuti per l’indipendenza della nazione, ma anche della contemporaneità ungherese, del Welfare che include una legge in corso di approvazione al parlamento recante obbligo ai figli di mantenere i genitori anziani.
Lucia chiede di Karoli Papp (scrittore, autore di Azarel) e di Rudolf Klaudus (pittore di navi e marine) entrambi originari di Sopron. Del primo esiste una lapide commemorativa nel centro storico, del secondo Judith non sembra sapere molto.
Attraversiamo le strade del centro storico di Gyor, un po’ affaticati dal caldo che non ci aspettavamo di trovare in questo angolo d’Europa e che tutti ci dicono abbastanza eccezionale per il periodo. (Scopriremo al nostro ritorno in Italia che questa è stata dovunque una caldissima estate). Fontane- scultura sono disseminate nelle strade e nelle piazze: ecco il monumento al vogatore, mestiere simbolo nella città dei tre fiumi (Danubio, Drava etc.) Nella Piazza Széchenyi, una scena che rivedremo spesso: una cannella d’acqua messa a disposizione dei passanti che ne approfittano volentieri in cerca di refrigerio, soprattutto i bambini se la godono giocando tra schizzi e lazzi.
Sullo sfondo, la barocca chiesa di S. Ignazio e la Casa del Ceppo di Ferro. Girato l’angolo, una delle più belle statue barocche dell’Ungheria, il monumento alla SS. Ostia con l’Agnello di Dio e i sette sigilli dell’Apocalisse. Poi, la cattedrale di San Ladislao e i suoi tesori d’arte. Al ristorante “Klastrom”, elegante foresteria diocesana, il menu già predisposto, a base di “pangasius” viene sostituito, su nostra richiesta, da un piatto freddo – peraltro ottimo – di salumi, formaggi e verdure.
Ripartiamo accaldati da Gyor: ci aspetta la lunga traversata della Slovacchia, nell’affascinante scenario dei paesaggi dell’antica Pannonia, ma l’accoglienza della polizia locale sarà un po’ ruvida, con sgradevole scia di salate multe al nostro autista (per mancanza del famigerato Go-Box!) e perdita di tempo nella difficoltà di approccio linguistico che ci porterà a destinazione a Banská Štiavnica con un pesante ritardo. Qui la nostra guida del posto, una vivace Elena Vavronova, ci attende per introdurci nel Museo Minerario, prima, nel centro storico poi, mentre il tramonto avanza.

La città è piccola ma piena di fascino, con i bei palazzi rinascimentali, (“gli italiani ci hanno portato la cultura” dice Elena) e il possente castello dove il custode – sentendo che siamo italiani – ci fa entrare senza indugio perché – dice –Banská Štiavnica è gemellata con un comune della provincia di Parma, Soragna! Alla fine Elena ci saluta, deve rincasare, si è fatto tardi, la ringraziamo, si è prodigata per noi oltre il suo orario di lavoro. La cena in albergo (Hotel Grand Matej) è piacevole, ottime la carne e la birra slovacca, squisite le crepes. Dopo cena, ancora due passi: nella città ormai deserta, molti giovani scherzano e ridono seduti ai gradini di fronte all’unica birreria ancora aperta. I profili misteriosi delle antiche case ebraiche del ghetto ci salutano nel buio della notte.

Mercoledì 4
Lasciamo la Slovacchia, non senza un malcelato senso di sollievo per la nostra trascorsa disavventura, (in aggiunta stamattina la polizia ci ha sollecitato a ripartire velocemente per sosta del pullman a loro dire non consentita davanti all’albergo!) e tra monti selvosi lungo la Drava entriamo in Polonia avvicinandoci a grandi passi, come Bona, alla nostra meta: Cracovia. Inganniamo il tempo con la proiezione di “Schindler List” di Steven Spielberg e de “Il pianista” di Roman Polanski. Per la prima volta, oggi, incontriamo la pioggia, aprendo gli ombrelli a Wieliczka, dove visitiamo le antiche miniere di sale, vanto della Polonia, insieme a Piotr, nostra guida durante il soggiorno a Cracovia, e a Beata, la guida fornita dalla Direzione della Miniera.
Scendiamo per un’interminabile scalinata (qualcosa come ottocento gradini!) nelle viscere della terra. Si capisce che per i polacchi questa miniera è un luogo sacro, a giudicare dalle lapidi, sculture, bassorilievi e monumenti in sale che ricordano i più svariati personaggi polacchi e non, da quando all’attività estrattiva si è sovrapposta – fino a prenderne il sopravvento – la funzione museale. Tra i tanti ricordati, il maresciallo Pilsudski, eroe simbolo della Polonia libera; il grande Federico Chopin; san Giovanni Nepomuceno che non volendo violare il segreto confessionale finì torturato e annegato da Venceslao re di Boemia e imperatore del Sacro Romano Impero, diventando così patrono di chi versa in pericolo di annegamento. Tra sale che recano traccia dell’opera di esplorazione e accolgono macchinari e attrezzature minerarie e scene che ritraggono i minatori nelle varie fasi di lavoro nella miniera concludiamo il giro con la foto ricordo nella cappella di santa Kinga, tutta scavata nel sale e piena di statue, una di queste dedicata a Karol Wojtyla, originario di Wadowice e vescovo di Cracovia prima di diventare Papa.
Lasciata Wieliczka, arriviamo a Cracovia e Piotr ci accompagna direttamente al quartiere ebraico, dove è stata prenotata per noi una cena al ristorante Ariel. Tra una portata e l’altra, tre giovani musicisti eseguono con grande vigore espressivo brani di musica klezmer trascinandoci all’entusiasmo.
Dopo cena, nella piazza principale del quartiere ebraico, Piotr ci mostra i principali monumenti, tra cui la sinagoga Remu e la casa di Helena Rubinstein, originaria di Cracovia, famosa per i suoi cosmetici. Infine raggiungiamo l’albergo (Novotel Krakow Zentrum).

Giovedì 5
Stamattina andiamo al Santuario di Jasna Gora a Czestochowa. Prima della partenza avevamo provato a stralciare dal programma che ci veniva presentato tutta una serie di santuari sparsi lungo il percorso, ritenendoli poco coerenti con il nostro programma di viaggio, che tendeva essenzialmente a ripercorrere l’itinerario di Bona da Bari a Cracovia. Ma – ci è stato obiettato – non si può capire la Polonia senza andare a Czestochowa. Quando nel 1656, con il nemico alle porte, l’immagine della Vergine avrebbe miracolosamente intercesso per salvare la nazione, il re Giovanni Casimiro dichiara la Madonna di Czestochowa “Regina della Polonia” e fa della città la capitale spirituale della nazione polacca. Qui Piotr cede la parola a suor Monica dell’ordine dei Paolini, che ci fa gli onori di casa (e ci informa che conosce bene padre Bova della basilica di San Nicola a Bari). Ci guida nel museo del Santuario ricco di quadri, documenti, ex-voto e sfarzosi paramenti liturgici; nella Sala dei Cavalieri festosamente imbandierata.

Nella Chiesa gremita di fedeli assiepati intorno all’icona miracolosa della Madonna (alla quale corrispondono ben sette diverse vesti!) su cui tre volte al giorno, all’orario prestabilito, si chiude il sipario con musica e canti ed emozione palpabile degli astanti. Colpisce l’atmosfera di grande fervore religioso; soprattutto, fanno tenerezza i tanti bambini presenti.
Segue pranzo allo Zajazd Juraiski; ottimo cibo; sala a noi riservata (non si sa perché) al primo piano del ristorante.
Dopo pranzo ci trasferiamo a Oswiecim per visitare Auschwitz e Birkenau, campi di concentramento divenuti luoghi della memoria: non ci sono parole per descriverne l’orrore.
Stasera, dopo cena, chi di noi ne ha voglia farà un giro nel centro storico di Cracovia, per le strade piene di giovani: nella grande piazza illuminata e straripante di gente, ci soffermiamo intorno alla grande testa dell’Eros bendato di Igor Mitoraj; attraverso la Slavianka raggiungiamo il Barbacane, bastione di difesa militare; cerchiamo tra le vie più belle la Canonica, che comunque rivedremo domani nella visita con Piotr (il quale oggi ci ha detto scherzando: “Domani io tacerò e sarete voi a parlarmi di Bona Sforza regina di Polonia”).

Venerdì 6
Stamattina la nostra passeggiata verso il castello di Wawel ha inizio lungo la Vistola sino a risalire pian piano la collina. A mezza costa, davanti al monumento al drago (che ricorda la leggenda di fondazione della città e che a intervalli regolari emette lingue di fuoco accompagnate da un allarmante crepitio!) Piotr introduce il racconto sulla città di Cracovia. Raggiunto in alto il piazzale, entriamo nella Cattedrale, luogo sacro per ogni polacco, dove venivano incoronati re e imperatori, con le cappelle e i mausolei di evidente gusto artistico rinascimentale italiano; con la campana di Sigismondo, così grande che per farla suonare – e risuonò nei momenti fatidici nella storia della Polonia – ci vogliono otto uomini.

La cripta romanica (stile che a quanto pare si incontra piuttosto raramente in Polonia) contiene numerose tombe monumentali dedicate ad eroi nazionali. Entriamo nel maestoso e bellissimo cortile del Castello, che fu prima romanico, poi gotico, infine rinascimentale; qui profusero le loro abilità gli artisti italiani. Piotr ci parla a lungo di Bona Sforza: è un peccato, osserva, che la regina di Polonia non riposi accanto al suo re, qui a Cracovia, perché Bari volle accoglierne il mausoleo nella Basilica di S. Nicola. E ipotizza che Bona oltre a diffondere in Polonia il consumo delle verdure mediterranee e l’uso della forchetta, vi avrebbe portato i colori della città di Bari – il bianco e il rosso – trasfondendoli nella bandiera nazionale.
Saliamo nelle sale del Castello, dove è conservato il capolavoro di Leonardo da Vinci, La dama dell’ermellino alias Cecilia Gallerani, forse amante di Ludovico il Moro. Poi, attraverso le vie Canonica e Grodska, raggiungiamo la bellissima Piazza del Mercato, cuore della città, dove visitiamo la chiesa della Vergine Maria, con uno stupendo altare tardo-gotico in legno, raffigurante la Dormizione e l’Assunzione della Vergine. Una veloce sosta- pranzo in uno degli storici ristoranti che si affacciano sulla piazza, il Wesele, poi proseguiamo. Poco lontano dalla piazza è l’edificio più antico dell’Università di Cracovia, il Collegium Maius. Qui studiò Niccolò Copernico: queste e tante altre amenità ci racconta la guida del luogo, Giustino, in un italiano approssimativo quanto esilarante… poi abbiamo un po’ di tempo libero nella Piazza, prima di ritornare al pullman che ci conduce nel quartiere ebraico per visitare il Museo Oskar Schindler, che salvò la vita a moltissimi ebrei assumendoli nella sua fabbrica. Non solo Schindler: Piotr ci racconta anche di Irena Sendler, assistente sociale, che riuscì a salvare 2.500 bambini dalla persecuzione nazista; della sua storia esiste anche un libro: Nome in codice Jolanda.
Ricompare la pioggia, mentre sostiamo col cuore gonfio di tristezza nella piazza degli Eroi del Ghetto dove 68 sedie ricordano i 68.000 ebrei che da Cracovia presero la via dei campi di concentramento. Stasera salutiamo Cracovia godendoci la festosa atmosfera di una cena con musica e balli folk al Miod i Wino, nel centro storico.

Sabato 7
Lasciamo Cracovia verso le otto e già dopo due ore siamo alla frontiera ceca: ci vuole un altro paio d’ore per raggiungere Olomouc, graziosa cittadina ricca di storia. Qui ci attende Stefan, nostra guida nella Repubblica Ceca. Come di consueto, la visita guidata segue il pranzo, davvero ottimo, nel ristorante Arigone (la carne di maiale in salsa di prugne è davvero squisita). Olomouc, città sull’antica via dell’ambra, è ricca di bellissime piazze con fontane barocche e magnifici palazzi, e addirittura stracolma di chiese (“città molto spirituale” la definisce argutamente Stefan per la sovrabbondanza di chiese e cappelle). Notevole è l’architettura di S. Michele, sede della prima inquisizione ceca (tre cupole in asse); eccezionale la prospettiva della piazza principale, molto teatrale, in realtà composta di un doppio piazzale con cinque fontane e due colonne (quella della SS. Trinità è protetta dall’UNESCO); vi prospetta anche il Teatro Civico, che fu diretto per tre mesi da Gustav Mahler nel 1883. Notevole, sulla facciata del Municipio, l’orologio astronomico in stile “comunista”. Infine la neogotica cattedrale di San Venceslao, (2642) poco lontana, con piccola bifora romanica unico resto dell’edificio preesistente; accanto, una targa al muro ricorda che qui il piccolo Mozart compose una delle sue prime sinfonie.

Non molti chilometri occorrono ora per raggiungere Kromeriz; la strada è fiancheggiata dalla campagna ove piantagioni di luppolo si stendono a perdita d’occhio: i cechi vanno molto fieri della loro birra, la Pilsner. Giunti a destinazione, Stefan ci conduce al Castello vescovile per la visita.

Un susseguirsi di sale sfarzosamente arredate, tra cui quella in cui furono girate alcune scene di Amadeus di Milos Forman. E Mariella ci racconta che qui sua figlia Alessandra ha cantato nel Didone ed Enea di Purcell. In un’altra sala, quella dei Vassalli, una giovane violinista del locale Conservatorio esegue per noi brani di Telemann e Bach. Diamo uno sguardo alla Pinacoteca, dove tra l’altro si conserva un Tiziano (Apollo e Marsia). Dopo il Castello, visitiamo il bel Giardino poi, attraversando la piazza principale, raggiungiamo a piedi l’albergo Oktarna, che ci accoglie con una gradevole cena a base di specialità locali. Dopo, la consueta passeggiatina alla scoperta della Kromeriz notturna.

Domenica 8
Scrosciante pioggia notturna, che reca appena un po’ di sollievo al caldo. La prima colazione dell’hotel Oktarna, molto parca in contrasto con il tocco di classe della cena di ieri sera nella penombra del patio, ci fa un po’ rimpiangere l’abbondanza dei breakfast dell’albergo di Cracovia. Salutata la Repubblica Ceca e i suoi gioielli (Olomouc definita “la Firenze della Moravia”, Kromeriz “l’Atene della Moravia”), entriamo in Austria: siamo ormai alle ultime battute del nostro viaggio. All’ingresso del monastero di Klosterneuburg ci attende Ulrike, per raccontarci la storia dell’imponente complesso monastico e per accompagnarci nella visita della fastosa Sala Terrena (otto lesene con atlanti giganteschi che sorreggono la volta, opera dello scultore vicentino Lorenzo Mattielli); la cantina (vini particolarmente pregiati qui prodotti sono lo Zweigelt e il Sankt Laurent (rossi), il Grüner Veltliner (bianco); la cappella di San Leopoldo con l’altare di Verdun, capolavoro di orafo lorenese, con tavolette in oro e smalto raffiguranti storie del Nuovo e Antico Testamento.

Le magnifiche vetrate del 400; il grande quadro che ritrae re Leopoldo e la seconda moglie Agnese (vedova di Federico I di Svevia) con un san Nicola sullo sfondo; la chiesa abbaziale che si prepara a festeggiare i 900 anni dalla sua fondazione (grande organo seicentesco fatto di 2000 canne in stagno). Finita la visita, degustiamo un’ottima wienerschnitzel sotto i tendoni del ristorante del monastero, prima di riprendere il viaggio verso Graz, capitale della Stiria.
A metà pomeriggio giunge a destinazione, all’hotel Mercuri, dove ci attende Ruth, che subito ci porta in giro ad annusare la città. Sul lungofiume ammiriamo l’isola della Mur, tutta in acciaio (2003) e la Casa dell’Arte, opera degli architetti inglesi Cook e Fournier, inaugurata nel 2003, anno in cui Graz era la capitale europea della cultura, una specie di enorme bolla blu soprannominata “friendly alien”; ci dice Ruth che i cittadini di Graz l’hanno inizialmente criticata, ora la accettano.

Dopo aver circumnavigato la città col pullman, scendiamo per una passeggiata a piedi nel centro storico: il Duomo, la curiosa scala gotica a doppia elica nel Burg, (residenza degli Asburgo oggi sede del Governatore della Stiria), la Sporgasse, strada più antica del centro storico, la Herrengasse con le belle case dalla facciata dipinta e il Landhaus in stile rinascimentale con il cortile ad arcate dell’architetto italiano Domenico Dell’Allio. Ruth ci mostra il quartiere dove il comune di Graz incentiva la residenza di studenti e coppie giovani, che non possono spendere troppo per pagarsi la casa. Sostiamo per la cena in Glockenspielplatz, sotto il “Carillon” .

Lunedì 9
Percorrendo la suggestiva strada del vino Schilcher, che si snoda tra ridenti colline verdeggianti di vigneti, stamattina andiamo per prima cosa a visitare l’allevamento dei cavalli lipizzani della scuola spagnola equestre di Vienna, che si trova in località Piber. Bellissimi cavalli nati scuri che con l’andar del tempo diventano bianchi, dalla notevole longevità. Alcuni hanno nomi che a noi sembrano curiosi, come “neapolitano” o “ conversano “.
Lasciata Piber, sostiamo a Bärnbach davanti alla chiesa parrocchiale di Santa Barbara, gioioso tempio colorato alla Gaudi, dell’architetto Hundertswasser, con le dodici porte distinte dai diversi simboli delle religioni, compresa quella dedicata all’ateismo (senza simbolo) come segno di ecumenismo.

A St. Stefan ob Stainz ci fermiamo per il pranzo lungo la strada del vino in un’osteria contadina, tenuta dalla famiglia Seiner, dove ci viene presentato un piatto di salumi e formaggi innaffiati dal rosato locale, lo Schilcher appunto. Si chiude con dolci buonissimi, ma dobbiamo fare in fretta per poter salire sul trenino “Flascherlzug” (in realtà aspettano noi per partire). Il tutto risulta molto divertente e godereccio, con la giovane stiriana in costume tradizionale che sale a bordo cantando canzoni popolari (con tanto di Yodel) accompagnandosi con la fisarmonica. Tra verdi vigneti e piante di sambuco il trenino, ballonzolando, allegro va: non manca il calice di vino rosato ancora una volta offerto generosamente dai locali. Ruth ci parla della gastronomia stiriana: tra i piatti più in uso lo strudel salato con patate, funghi e zucca e la polenta di farro; tra le verdure si prediligono fagioli, fagiolini e crauti oltre alle immancabili kartoffeln; sconosciute le melanzane, e i pomodori solo per l’insalata.
Purtroppo la programmata cena nel ristorante sullo Schlossberg, con vista panoramica sulla città, verrà cancellata a causa del violento acquazzone che ci coglie proprio mentre siamo in procinto di salire sulla cremagliera. Ruth però rimedia brillantemente procurandoci una cena in un locale sostitutivo, il Gösserbräu – dal nome della birra omonima (qualcuno nel gruppo parlerà di “coena interrupta”…); e la cena conclude molto piacevolmente la nostra due giorni in quel di Graz.

Martedì 10
Lasciata Graz, si rientra in Italia. L’ultima sosta caffè in terra straniera la facciamo ai bordi del Wörthersee vicino Klagenfurt in Carinzia .
Arriviamo a Treviso a ora di pranzo; incontriamo la guida, Lucia Benedetti (è architetto) che ci accompagna al Bassanello, gradevole trattoria di stile familiare. Una volta rifocillati, prendiamo la strada delle colline (sullo sfondo il Montello, memoria perenne della Grande Guerra) e, tra dolci paesaggi punteggiati di magnifiche ville palladiane (spicca tra queste Villa Barbaro a Maser) (2796), arriviamo a Possagno, città natale di Antonio Canova, per la visita alla Mostra “Canova e la Danza”. Nella gipsoteca sono conservate le opere più belle; un rapido sguardo alla casa-museo dell’artista, poi si riparte per Treviso. La visita parte dal lungofiume (ricordando i versi del Paradiso dantesco: “… dove Sile e Cagnan s’accompagna”) e dai ponti che conducono al cuore della città.

Il ponte di legno che ha visto la luce nel 2000 e pare sia stato molto criticato; il ponte Dante, medievale; l’Università; l’antica grande ruota rimasta a ricordare la presenza del mulino; il Mercato del Pesce; la Piazza dei Signori; il Teatro Comunale intitolato a Mario Del Monaco. Poi in albergo, per la cena e il pernottamento nell’hotel Best Western Al Foghér.

Mercoledì 11
Partiamo alle otto perché ormai c’è voglia di tornare a casa. Ma il diavolo – sotto forma di cinghia di trasmissione del pullman – ci mette la coda e nei pressi di Bologna siamo costretti a una sosta forzata di sei ore per dare modo a Ivan di risolvere la questione dei pezzi di ricambio (che arrivano da un’officina del modenese). Tutto sommato ci va bene perché ci viene gentilmente offerta ospitalità e base logistica in un piccolo albergo della periferia bolognese a uno snodo autostradale, dove non ci mancheranno i comfort di base. Così possiamo rifocillarci e chiacchierare, e qualcuno persino improvvisare un piccolo tavolo da gioco, fino al momento in cui veniamo richiamati sul pullman per ripartire. La nostra avventurosa giornata si conclude con il rientro neanche troppo tardivo a Bari.