Diario di Viaggio a Monopoli ed Egnazia

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Tesori di archeologia e arte nei musei di MONOPOLI

“Egnazia e il mare”nel Museo Archeologico di EGNAZIA

Sabato 4 Marzo 2023

A cura di Angela Mengano

Iniziamo la scoperta delle bellezze storico-artistiche di Monopoli dal Museo Diocesano, attualmente diretto dalla dottoressa Miranda Carrieri, amica illustre della nostra associazione, archeologa che vanta nel suo curriculum la direzione di aree archeologiche tra le più significative della nostra regione come Egnazia e Canne della Battaglia.

Nelle ampie sale del pianterreno e del primo piano sono in mostra oggetti liturgici in argento, antifonari del ‘500 (da notare gli “spartiti” su tetragramma, predecessore del pentagramma);  i sigilli del vescovo Giamporcaro, un cognome presente nella mia giovinezza; opere di Finoglio, Fracanzano e altri nella sala della pittura napoletana; nella sala della pittura veneta, un’opera di Francesco Vecellio,  fratello del più noto Tiziano e il “San Girolamo nello studio e donatore”, capolavoro di Lazzaro Bastiani: alla fine del percorso museale  un piccolo rotolo pergamenato recante notizie sull’opera ci verrà offerto in omaggio da Miranda Carrieri. Infine, la biblioteca settecentesca del vescovo Pedicini che conserva rari volumi stampati tra il ‘500 e l’800  (e qui ho notato, tra gli altri, alcuni volumi con la dicitura Un tesoro di Verità – Dalena, un vescovo antenato della mia amica Mariella). Non abbiamo potuto ammirare, invece,  la preziosa stauroteca in argento dorato e smalti cloisonnè del X secolo,  ancora in prestito al museo Reiss-Engelhorn di  Mannheim per la mostra “I Normanni – una storia di mobilità conquista innovazione” . Oltre alla stauroteca di Monopoli, leggo sul sito della mostra che da Bari, e precisamente dal museo della Basilica di San Nicola, é anche partito un altro prezioso pezzo, la corona votiva di Ruggero II del XII secolo.   

Nell’intervallo tra le due parti della visita (museo diocesano e museo di Romualdo) diamo un’occhiata alla Cattedrale, che molti di noi già conoscono. Vale la pena però di soffermarsi  almeno  nella scenografica Cappella sopraelevata della Madonna della Madia, * trionfo del barocco napoletano (come tutta la chiesa del resto).  Ai due lati dell’icona bizantina della Madonna con Bambino, giunta dal mare a bordo di una zattera di tronchi robusti, stanno le due statue di San Michele e San Giuseppe con Gesù bambino, opera di Michele Sammartino, lo stesso scultore del Cristo velato della cappella Sansevero a Napoli.

Nel Museo di Romualdo, ubicato nel Soccorpo della Cattedrale,  emerge una straordinaria stratificazione di secoli, effetto di scavi più o meno recenti che, al di sotto della chiesa settecentesca, hanno riportato alla luce  la chiesa romanica fatta costruire dal vescovo Romualdo su tombe di epoca altomedievale ellenistica e messapica, risalendo sino all’età del bronzo (cui sono riferibili le buche circolari da palo per reggere le capanne). Qua e là si possono ammirare splendidi reperti, primo fra tutti la stupenda architrave romanica suddivisa in cinque sezioni narranti la vita di Cristo (Profezia Deposizione Resurrezione Anastasi Peccato).  Interessante notare, tra l’altro, i soldati romani vestiti come normanni, un esempio di trasposizione temporale nell’ opera d’ arte, un po’  come oggi spesso si incontra  nelle regie teatrali d’opera.  Nelle teche una sfilata di oggetti sacri pregiati e di grande bellezza;  la collezione privata Brigida con  materiale di scavo dal settimo al secondo secolo a.C.; i manichini da rivestire per le immagini sacre durante le rituali processioni.

In anteprima, grazie alla cortesia di Miranda Carrieri, possiamo anche ammirare un complesso di reliquiari – dalla collezione privata Anselmo Camicia – non ancora catalogati ma già pronti per l’ esposizione al pubblico. Infine la cappella della Confraternita del Santissimo Sacramento,  predisposta quale sepolcreto per ospitare defunti,  ma mai utilizzata  a causa delle leggi napoleoniche.

Dopo il gradevolissimo pranzo  in collina al ristorante “La mia Terra”, il pomeriggio é dedicato al Museo Archeologico di Egnazia, intitolato a Giuseppe Andreassi, e in particolare la nuova sezione Egnazia e il Mare nell’ allestimento del talentuoso milanese Studio Azzurro, che attraverso l’uso dei nuovi linguaggi tecnologici ci dà la sensazione di una immersione totale in ambiente subacqueo. 

La visita é anche occasione per riammirare gli strepitosi reperti custoditi nel museo e molto ben presentati e illustrati. Meritano una menzione speciale tra gli altri l’anello in oro, forse appartenuto a un pellegrino, col castone a forma di tempietto richiamante il Santo Sepolcro di Gerusalemme; un piccolo gruppo scultoreo in terracotta raffigurante la scena di un banchetto, rinvenuto all’esterno di una tomba messapica; la testa di Attis in marmo bianco (II secolo d.C.); un mosaico con le Tre Grazie del IV sec. d.C.  Nelle fondazioni del museo è inoltre inglobata una tomba a camera messapica del IV sec. a.C., la cosiddetta Tomba delle Melagrane, con tracce di pittura policroma che mostrano i beneauguranti frutti del melograno.

madia non vuol dire – come si potrebbe facilmente immaginare – dispensa;  ma sembra derivare dallo spagnolo “almadìa” che vuol dire “insieme di legni,  zattera”.

Diario di Viaggio a Napoli

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Diario di viaggio.

NAPOLI

10 – 11 – 12 MARZO 2023

A cura di Angela Mengano

VENERDI 10 marzo 2023

Se finalmente  torniamo a Napoli lo dobbiamo a Lucia che in questi tre anni di stallo, causa Covid 19, non ha mai smesso di dialogare con i partner napoletani (albergo, guide etc) a suo tempo contattati. Il programma é stato ritoccato, alcune mostre nel frattempo sono andate perse, sostituite però  con bellissime stimolanti nuove proposte, e ritroviamo persino cambiato il nome dell’albergo che da Mediterraneo tout court è diventato Renaissance Mediterraneo.       

Il benvenuto ce lo dà la pioggia, ma dura poco: all’ uscita dalla mostra di Artemisia, tornerà il sereno.

Appuntamento in hotel con le due guide, Maria e Antonella, che subito ci dividono in due gruppi. La mostra Artemisia Gentileschi a Napoli” é a palazzo Piacentini a via Toledo, sede delle Gallerie d’Italia ed ex Banco di Napoli. Io sono nel gruppo di Maria: vivace, preparata, napoletana verace;  le sue spiegazioni sono spesso intercalate da colorite espressioni napoletane.

La Gentileschi visse a Napoli tra il il 1630 e il 1654. Per questo giustamente si è voluto dedicare alla pittrice questa grande mostra nella città dove visse a lungo e morì. Alle 21 sue opere  esposte fanno da contraltare le tele degli artisti contemporanei attivi in città (in primo luogo Stanzione, Cavallino e Finoglio) e questo rende bene il contesto artistico partenopeo dell’epoca. Tra loro anche una donna, Annella De Rosa (presente in mostra con Il ratto d’Europa) con cui la Gentileschi entra in contatto nei suoi anni napoletani.

Molti i soggetti femminili ritratti nelle opere in mostra, dalle sante alle eroine dell’Antico Testamento e del mito; notevole la tela del San Gennaro che ammansisce le belve, parte di un ciclo dipinto per la cattedrale di Pozzuoli. Emerge una potente sensibilità femminile che l’epoca in cui visse e le difficoltà affrontate per imporsi fanno ancor più risaltare.  Questa mostra fa emergere in modo molto evidente  la statura artistica di Artemisia, finora forse nota soprattutto per le dolorose vicende della sua vita.

Nella Galleria Umberto, dove ancora  resistono le reminiscenze dei fasti di un vecchio café chantant, il salone Margherita, una targa commemorativa del comune di Napoli rende omaggio alla scrittrice e giornalista Matilde Serao.

Costeggiando il teatro San Carlo, ancora chiuso per restauri,  e dopo una breve sosta allo storico Caffé Gambrinus visitiamo palazzo Zapata, sede del MUSAP (Museo Artistico Politecnico), creato dalla Fondazione Circolo Artistico Politecnico Onlus, testimonianza della vita artistica e letteraria napoletana dall’ Ottocento ad oggi, con sale fastosamente arredate (una di queste dedicata a Matilde Serao) e una ricca collezione di opere d’arte, dipinti e sculture, documenti fotografici, oggetti.

 Tempo libero fino alla cena, servita nel ristorante dell’albergo e accolta con apprezzamento unanime con menzione speciale per il branzino all’acqua pazza.

SABATO 11 marzo 2023

Prima colazione sulla terrazza panoramica, tra casatielli, sfogliatelle e l’imperdibile spettacolo del Golfo ai nostri piedi. Alla fine  mi metto al pianoforte e strimpello due canzoni rigorosamente napoletane, Santa Lucia luntana e Reginella, le prime che mi vengono in mente.  Puntuali, le due giovani guide vengono a prenderci in albergo. Il giro di oggi parte da via Foria, davanti a Porta San Gennaro, affrescata da Mattia Preti, partenza naturale per la visita al Rione Sanità, posta com’è di fronte al borgo delle Vergini. E qui ci viene svelata l’origine della denominazione “Sanità”, apparentata con “santità”, evocazione di salubrità dell’aria per la vicinanza alla collina di Capodimonte e luogo di sepoltura con presenza di catacombe. Finalmente alla Sanità,  mitico quartiere dove ai tempi dei miei studi universitari ma anche fino a non molto tempo fa non si osava entrare. Oggi, con il progetto San Gennaro Extramoenia e con il restauro di importanti monumenti come le catacombe di San Gennaro, San Gaudioso e San Severo e con il contributo determinante di persone come don Antonio Loffredo, parroco  della Basilica di Santa Maria alla  Sanità, si é messo in moto un circuito virtuoso che ha coinvolto i giovani del quartiere creando occasioni lavorative e di riscatto sociale.  Il quartiere accoglie con la sua vivacità travolgente e lascia un’impronta indimenticabile in chi lo visita: il mercato dei Vergini con i limoni che fecero innamorare Goethe e i pesciolini che guizzano nelle vasche; la lava dei Vergini che invase le strade di pietre e fango; il palazzo dello Spagnolo,

set di tanti film,  con il progetto di un museo dedicato a Totò, nato nel quartiere;  il palazzo Sanfelice, reso popolare  dalla fiction di RAI Uno Mina Settembre…finchè siamo nel cuore del rione Sanità, nella piazza dove  si fronteggiano da un lato la chiesa di Santa Maria alla Sanità (anche detta San Vincenzo alla Sanità) e dall’altro i murales  di Tono Cruz (Luce, Totò e Peppino dalla scena de La Banda degli Onesti).  Li ammiriamo,  mentre aspettiamo di poter entrare in chiesa dopo l’uscita di un  funerale.  Ci attendono, per la visita guidata, i ragazzi della Cooperativa La Paranza: ci ringraziano perchè con la nostra visita abbiamo loro consentito un incremento dei soci.  La cooperativa gestisce, oltre alla visita delle catacombe, una serie di altre attività tra cui una casa editrice (tra le ultime uscite “Vico esclamativo” di Chiara Nocchetti, edizioni San Gennaro, che racconta 24 storie di cambiamento) e un B&B, “La casa del Monacone” in via Sanità 124, restaurata da Riccardo Dalisi, figura chiave dell’arte dell’architettura del design, recentemente scomparso. Ma nel rione é stata anche creata un’orchestra giovanile, Sanitansamble, sul modello didattico del progetto Abreu nato in Venezuela da un’idea di Claudio Abbado. All’interno della chiesa cinquecentesca  é inglobata la chiesa paleocristiana, scendiamo  nei sotterranei per visitare le catacombe di san Gaudioso (santo africano e patrono del rione Sanità) che  rispecchiano il particolare rapporto della gente di Napoli con il mondo dell’aldilà.  Nella “galleria” degli “scheletri” ci viene indicato quello che si dice abbia dato a Totò ispirazione per comporre ‘A Livella”

(..Cca’ dinto, ‘o vuuo capì ca simmo eguale?…)

Completiamo la visita in sacrestia con  il monumentale bel “Presepe Favoloso”, opera della bottega La Scarabattola dei fratelli Scuotto, definiti dal maestro De Simone “dioscuri in jeans”: ci giriamo intorno perchè attorno alla Natività ospita in tutti i quattro lati una miriade di pupi e pastori anche ispirati all’attualità.

Dopo la pausa pranzo, rimanendo nel centro storico andiamo a visitare il complesso di Donnaregina Nuova e Vecchia, con le due chiese gotica e barocca. Il gotico di Donnaregina è tra i primi esempi dell’epoca: splendido il sepolcro di Maria d’Ungheria di Tino da Camaino con la sfilata di piccole statue dei figli della regina; il coro delle Clarisse e la cappella Loffredo con affreschi trecenteschi attribuiti alla scuola di Giotto e del Cavallini; la chiesa barocca, sconsacrata, ospita il Museo Diocesano con una galleria di magnifiche opere d’arte tra cui il San Zosimo di Antonello da Messina, in prestito da Siracusa. 

Relax in albergo, tranne per chi  non rinunzia a fare un ultimo giro per Napoli.

La cena del sabato sera, molto affollata, alla trattoria Medina, poco distante dall’albergo, ci offre una buona varietà di cibi sfiziosi di verace napoletanità. L’atmosfera é chiassosa e vivace; forse riflette l’euforia di una città che, rivivendo il mito di Maradona, santo protettore della città con San Gennaro, pregusta la conquista dello scudetto per la squadra del cuore.

DOMENICA 12 marzo 2023

Una scoperta straordinaria  e non programmata, per la necessità di modificare il programma delle giornate napoletane a causa dello spostamento della mostra di Capodimonte sui pittori spagnoli a Napoli: l’ex Ospedale di Santa Maria della Pace, con cui completiamo la visita di qualche anno fa  alla  Farmacia Storica degli Incurabili, entrambi parte integrante del Museo delle Arti Sanitarie.

Scendiamo dal  pullman  nei pressi di porta Capuana e di là, a breve distanza, saliamo lo scalone del  palazzo nobiliare donato dalla regina Giovanna al suo amante Sergianni Caracciolo, tramutato poi in ospedale dall’ordine ospedaliero spagnolo-portoghese di San Giovanni di Dio. La fortuna ci offre  una guida di eccezione per la visita  della sala del Lazzaretto, riaperta da poco al pubblico, il professor Gennaro Rispoli, chirurgo, ispiratore e direttore del Museo delle Arti Sanitarie. Con l’aiuto della  sua illustrazione colta e illuminante scopriamo il percorso espositivo della mostra “Pianeta Pandemia. Storie virali di contagi e rimedi “ (per augurare salute ai visitatori con lo spirito napoletano, sottolinea il prof. Rispoli). Pannelli, ricostruzione di ambienti (anche case di tolleranza con dovizia di particolari), oggetti e tanto altro, il tutto diviso in due sezioni (Storie di Epidemie e Storie di Vaccini). Un viaggio interessante nella storia della medicina e della ricerca scientifica. Straordinario é il contenitore, una sala immensa lunga quasi ottanta metri, con volta affrescata e raffigurazioni di Vergine e Santi; notevoli il ballatoio che corre lungo le pareti laterali e  che consentiva al personale di somministrare agli infettivi viveri e medicine tenendosene a debita distanza; la maschera dal lungo becco adunco che veniva indossata dai medici curanti, e che che conteneva erbe curative che si pensava filtrassero aria infetta; il presepe con pastori malati e medici in costumi  settecenteschi, e tanto altro. E qui Maria, la nostra guida, ci affascina con la sua bella voce impostata cantandoci un classico napoletano, “Era di maggio”. La visita prosegue, si arriva al Covid 19, che tanto brutalmente ha inciso nelle nostre vite: emerge, dalle parole del prof. Rispoli, una considerazione che non si può che condividere, sulla difficoltà costante, nel tempo, di gestire  le emergenze  attraverso la difficile e complessa cooperazione tra scienza medica e  autorità politica.

Nel nostro gruppo ci sono anche dei medici che intervengono scambiando col prof. Rispoli commenti e notizie sui comuni colleghi. Il direttore dell’Hotel-Dieu di Parigi, uno degli ospedali storici più antichi al mondo, tuttora in attività, è venuto a visitare la Sala del Lazzaretto rimanendone fortemente affascinato. In questo luogo così particolare é stata girata, per suggerimento del prof. Rispoli, la fiction “L’amore che guarisce” (protagonista Giuseppe Fiorello) dedicato alla vita di Giuseppe Moscati, il medico dei poveri proclamato santo. 

Dall’ex Ospedale della Pace a Santa Caterina a Formiello, ultima nostra meta partenopea. 

E’ un complesso ben articolato, con la chiesa rinascimental-barocca, l’antico lanificio ormai dismesso, unico esempio di archeologia industriale borbonica nella città rispetto a San Leucio, il chiostro rivitalizzato dalla fondazione Made in Cloister con mostre di arte contemporanea, ora con la mostra Composing Bioethical Choices dell’ucraino Aljoscha , una denuncia della guerra, realizzata nei primi mesi di conflitto con gli studenti delle scuole di Kiev.

Nel viaggio di ritorno sostiamo a Vallesaccarda, dove il grande  Minicuccio ha apparecchiato per noi la tavola del pranzo, ricca, varia e gustosa  come  sempre.    

Diario di Viaggio. Spoleto-Castelluccio-Norcia-Vallo di Nera-Piediluco

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Diario di viaggio

Spoleto – Castelluccio – Norcia – Vallo di Nera – Piediluco

28 – 30 Giugno 2022

A cura di Angela Mengano

Partenza alle sette di Martedi 28 Giugno.

Siamo 25, più Nicola, il nostro autista preferito, con il pullmann di Starbus da 52 posti che ci consente un viaggio più comodo, considerato che dovremo indossare per tutto il viaggio – sette ore comprese le due soste regolamentari – le famigerate mascherine anti Covid. Lucia apre un’anteprima di viaggio con le sue letture vecchie e nuove per farci pregustare i luoghi che visiteremo.

A Spoleto ci accoglie un albergo di fascino, l’Hotel San Luca. Con la guida, Daniela Cittadoni, iniziamo la visita della città di Spoleto, resa meno faticosa, visto che dal piano dovremo salire fino al punto più alto, da un modernissimo sistema di tapis roulant (percorso sotterraneo meccanizzato) che, attivato di recente, ha suscitato interesse nella comunità urbanistica internazionale, come un innesto perfettamente riuscito nell’impianto medievale della città. E’ così che in pochissimo tempo ci troviamo ai piedi delle mura ciclopiche (ne é facile la lettura stratificata dall’età preromana all’età moderna) per poi, in pochi passi, arrivare al belvedere tra la Rocca di Albornoz, il Ponte delle Torri e il bosco sacro di Monteluco di fronte a noi. Daniela ci fa una bella e avvincente panoramica sulla storia di Spoleto. Il tempo vola: ci affrettiamo verso piazza Duomo. Magnifica la prospettiva della facciata in fondo alla lunghissima scalinata; tutta la piazza é già sistemata con le sedie per gli spettacoli del Festival dei Due Mondi aperto pochi giorni fa. E tutto intorno nobili architetture, e il Teatro Caio Melisso, e la casa di Giancarlo Menotti, che del festival fu il fondatore e l’anima. Il culmine nella visita del Duomo é lo stupendo ciclo absidale di Storie della Vergine di Filippo Lippi, ultimato dopo la sua morte dai suoi aiutanti. Suggestiva anche la Cappella della Santissima Icone, dove si conserva la icona bizantina che Federico Barbarossa donò alla città in segno di riconciliazione dopo averla distrutta tempo addietro! A questo punto Daniela ci saluta, mostrandoci la strada del ritorno, che si conclude con una discesa dalla pendenza ripidissima, una bella scorciatoia che ci porta in men che non si dica in albergo.

Cena a La Pecchiarda, in esterno sotto il pergolato, con un menu decisamente “umbro” tra norcinerie varie e gli strangozzi alla spoletina ovvero alla “fuga di Annibale”.

Mercoledi 29 Giugno

Lasciamo la valle Umbra e ci spostiamo in Val Nerina con Monia, che oggi sarà la nostra guida. Attraversiamo paesaggi verdi e ombrosi, rasentiamo Santa Anatolia di Narco, località nota per la coltivazione della canapa. Di tanto in tanto si intravede, più in basso, il corso del fiume Nera, lungo il quale correvano i binari della vecchia ferrovia Spoleto-Norcia, capolavoro di ingegneria ferroviaria.  E intanto Monia attira la nostra attenzione sulla geologia del luogo e sui fenomeni sismici ricorrenti fino a quelli del 2016 che hanno portato distruzione e morte.

Strada facendo Monia ci racconta altre curiosità: con Borgo Cerreto ha a che fare l’origine della parola “ciarlatano”, una storia di tasse mal digerite all’ombra dello stato pontificio che spinge alcuni soggetti a “organizzarsi” a mò di imbonitori in stile Vanna Marchi; l’antica scuola chirurgica di Preci forse collegata al culto della dea Cibele o alla presenza ebraica nella zona; una insolita presenza di una fabbrica artigianale di cioccolato e via dicendo.

A poco a poco ci addentriamo nel Parco dei monti Sibillini, da qualcuno definito “luogo di millenaria instabilità”. Spesso la visuale del paesaggio é ostacolata dalla crescita degli alberi che a quanto pare da queste parti si é restii a tagliare per ragioni di rispetto ambientale. In prossimità delle Forche Canapine, meta sciistica del fine settimana, ci imbattiamo nella vista impressionante del rifugio Perugia mezzo crollato per il terremoto. 

Finalmente, avvicinandoci, cominciamo a scorgere le macchie multicolori della fioritura delle lenticchie nella Piana di Castelluccio, cuore del viaggio. Il nostro Nicola perlustra pazientemente la zona alla ricerca di un parcheggio per il pullmann che ci permetta di tuffarci in quel mare colorato, e finalmente ci immergiamo felici tra i colori, dove il bianco della lenticchia si fonde col blu del fiordaliso, col giallo della colza e della senape e col rosso del papavero. Mi pare di sognare perché i fiordalisi che disegnavo nell’album delle elementari li immaginavo e basta, non avendoli mai visti! Intorno la piana a perdita d’occhio coronata dai monti, tra cui spicca il Monte Vettore, con l’interessante fenomeno carsico dell’inghiottitoio e la faglia, inquietante cicatrice nel ventre della montagna. In questi luoghi martoriati ci sono anche, come Monia ci dice, splendidi esempi di immigrazione e integrazione di pastorizia, i sardi insieme a bielorussi ucraini e moldavi, in maggioranza, perchè gli italiani oramai rifiutano questo genere di lavori. E’ arrivato il momento di lasciare Castelluccio e scendere a Norcia. Da lontano il paese ha la forma di un cuore, dicono, o piuttosto – dice Monia – di un’ellisse un pò sbilenco! Arrivarci oggi dopo quel terribile terremoto mette tanta tanta tristezza. A cui si aggiunge lo sconcerto nel constatare che il processo di ricostruzione sembra essersi arenato, dice Monia, per mancanza di fondi. Mah. Mi sembra vergognoso e imperdonabile. La comitiva si muove in ordine sparso alla ricerca di punti di ristoro che offrano, possibilmente, riparo dalla calura di questa precocissima estate. E tutti più o meno scegliamo di fermarci intorno alla piazza dove sorge l’edificio del teatro Civico, inaugurato nel 1876, e quindi leggermente più anziano del nostro Petruzzelli.

Subito dopo scopriamo durante la passeggiata esplorativa al seguito di Monia il centro storico di Norcia fortemente segnato dal sisma, con segnali di ricostruzione qua e là. Un bell’esempio lo ha dato Brunello Cucinelli, illuminato imprenditore del cachemire, con il restauro della Torre Civica del Palazzo comunale. Anche l’Eni interviene con un progetto multimediale di comunicazione (Norcia Live Stones). Nella piazza san Benedetto, dove si concentrano i principali edifici, desta profonda impressione la vista della chiesa dedicata al santo, patrono d’Europa, di cui resta in piedi la sola facciata. Sembra aver retto alla furia del terremoto, almeno all’apparenza, la Castellina, imponente Fortezza cinquecentesca, mentre anche la concattedrale, a poca distanza, ha subito danni notevoli dal terremoto.

Prima di risalire in pullmann tanti di noi non mancheranno di fare acquisti nelle botteghe di prodotti tipici del luogo, tra tartufi e norcinerie varie. Sulla via del ritorno a Spoleto scopriamo un gioiellino, Vallo di Nera, comune con poco più di 300 abitanti ampiamente meritevole di essere incluso tra i borghi più belli d’Italia. Silenzio, pace, aria buona e una intatta atmosfera medievale, frutto di una singolare compattezza architettonica. Sorpresa nella sorpresa, la chiesa romanica di Santa Maria Assunta con uno straordinario ciclo trecentesco di affreschi “votivi”, così li definisce Monia, tra cui l’interessante “Processione dei Bianchi”. Molti i particolari curiosi da notare, per esempio la precisione nella descrizione dei paesaggi, necessaria ad evitare che il santo a cui ci si votava “sbagliasse indirizzo”! O anche la Trinità raffigurata con tre teste. Adriana ci offre anche una sua riflessione sulle possibili analogie con il ciclo di affreschi nella chiesa di Santa Caterina a Galatina. Chiudiamo la visita di Vallo di Nera con il giro circolare del borgo, che ospita anche la Casa dei Racconti, centro di ricerca e documentazione sulla tradizione orale. Allontanandoci dall’abitato vediamo scorrere le limpide acque del Nera. All’incrocio Monia ci indica la sindaca del paese, sua buona amica, e noi le rivolgiamo un fragoroso applauso.

Dopo un relax rigenerante, anche stasera ceniamo a La Pecchiarda. Ci viene raccontata l’origine del nome: “pecchia” (ragazza molto carina) – “arda” (alta), allusione all’antica titolare del locale, bella ragazza alta che nel lavare i panni al fiume si alzava le vesti mostrando le sue grazie. Applausi per le tagliatelle al tartufo e per l’ottima carne. Nel dopocena, Lucia piloterà la conversazione verso un embrione di programma di viaggio (sogni e chimere?) di traversata dell’Atlantico verso il Nuovo Mondo. Un altro gruppetto, me compresa, sceglie di inerpicarsi per scale e scalette per scoprire gli incanti della notte spoletina attraverso le due piazze principali in piena movida – Mercato e Libertà, da un angolo estremo di quest’ultima gettiamo lo sguardo al di là delle sbarre di ingresso al Teatro Romano; l’Arco di Druso di età augustea; la scenografica scalinata di piazza Pianciani, e il ritorno studiato sulla mappa con il conforto di gentilissimi passanti.

Giovedì 30 Giugno

Il giorno della partenza é arrivato. Depositati i bagagli nella hall dell’albergo facciamo colazione. Scopro un pianoforte Yamaha e ne approfitto, seguita a ruota da Lucia, affezionata al celebre motivo di Nino Rota. Nel viaggio di ritorno facciamo sosta a Piediluco, dal 2016 parte del club dei borghi più belli d’ Italia sulla sponda del lago omonimo. Il programma iniziale (passeggiata nel borgo poi navigazione sul lago) viene prudentemente invertito per evitare le ore più calde.  Il giro – guidato dalla simpaticissima Silvana – inizia dall’edificio dell’ex scuola elementare in attesa di recupero e prosegue per un po’ ai bordi del lago con la colorata installazione di Giulio Turcato, Le Libertà, che rappresenta tanti cuori tutti diversi l’uno dall’altro. Silvana ci racconta quanto é speciale il luogo: meta di Grand Tour tra sette e ottocento; scelto dalla Federazione Nazionale Canottaggio per gli allenamenti (“la Coverciano del canottaggio”); immortalato da Corot coi suoi dipinti; scelto come prima sede (Villalago del barone Franchetti) di Umbria Jazz; il colore del lago, scuro per la presenza di alga rossa. Due montagne piramidali, speculari, monte Luco e monte Caperno, si affacciano sulle quiete acque del lago. Pesca di trote, salmerini, lucci. Vegetazione di canne, che si raccolgono per la produzione artigianale di cesti.  Più oltre scopriamo, in cima a una ripida scalinata,  la bella chiesa di San Francesco, edificata a ricordo del passaggio del santo, attestato nelle Fonti Francescane da Tommaso da Celano.  Patrono del paese é però il Buon Gesù, festeggiato il 14 gennaio. La passeggiata prosegue al Rione Borgo, ricco di balconi e scalinatelle addobbate a festa con abbondanza di fiori e decori in preparazione della Festa delle Acque, prevista per il prossimo fine settimana. E’ ora arrivato il momento del giro in battello.  Al timone Davide, molto simpatico ed esauriente nelle sue spiegazioni, collaboratore dell’Arpa di Perugia. Navighiamo lentamente, assaporando l’atmosfera. Lo sguardo si perde tra la calma superficie del lago e il verde che lo circonda da ogni parte. Isolato in cima a un colle, un paesino fiabesco, Labro. Di qua l’Umbria, di là il Lazio. Il momento più emozionante sarà quando, raggiunta un’ansa appartata del lago, nel silenzio totale potremo cogliere distintamente le voci del lago e dei suoi abitanti. Qualcuno di noi chiede a Davide informazioni sullo stato dell’ambiente, purtroppo in degrado rispetto al passato. Altre curiosità: l’eco che in un certo punto del lago si produce: ci provano alcuni di noi.  Infine, scopriremo che Galileo Galilei andando in barca sul lago di Piediluco sperimentò la relatività del moto!

Felici e soddisfatti dopo la traversata sediamo affacciati sul lago all’ombra degli alberi ai tavoli del ristorante La Baraonda.

Se ben ricordo all’origine il menu contemplava una pasta con carciofi e salsiccia, ma Lucia ha chiesto il menu di lago, dandoci modo di gustare le prelibatezze del luogo, a partire dal “carbonaretto”, lo squisito salmerino sapientemente cotto sulla brace, i tagliolini al profumo di lago, la trota alle erbe, il tutto annaffiato da un buon Bianco Grechetto, e per chiudere, il sorbetto al limone. Lieto fine con il ritrovamento dello smartphone di una delle nostre amiche, come d’altronde era successo ieri con il telefonino riportato in albergo al legittimo proprietario da un Carabiniere giovane, bello e gentile!

Chiusura di Lucia con le riflessioni e le letture di fine viaggio e applausi meritatissimi per Nicola che con tanta calma e pazienza ci ha riportato a Bari.

Diario di viaggio. Capodanno nelle Marche “insieme”. 2019-2020

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Diario di viaggio

 CAPODANNO NELLE MARCHE: “Insieme

 30 dicembre 2019 – 3 gennaio 2020


A cura di Angela Mengano

Lunedi 30 dicembre 2019

Imbottita di pasticche per difendermi da un solenne raffreddore, non sento la sveglia e dopo un attimo di panico mi butto giù dal letto implorando per telefono che passino a prendermi da casa. Siamo 36 con Nicola il nostro affezionato autista.  Raggiungiamo nel primo pomeriggio Frontone nelle Marche, al confine con l’Umbria, e qui incontriamo Roberto Forcoletti, che si dice pronto ad entrare per noi nel ruolo di Virgilio per i primi tre giorni della nostra permanenza nelle Marche; a Urbino e Fano, infatti, avremo due nuove guide.

A sole ormai calato, ci affrettiamo a salire al Castello prima che faccia buio. Dall’alto della rocca, esempio di architettura militare commesso da Federigo di Montefeltro a Francesco di Giorgio Martini – lo stesso architetto che progettò il castello di Carovigno in Puglia – si gode a perdita d’occhio il dolce paesaggio marchigiano, mentre la luce del tramonto accentua i toni morbidamente rosati della arabeggiante torre civica.

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                           Frontone: il Castello

Intorno alla rocca il piccolo affascinante borgo di rara compattezza architettonica sembra deserto e come fuori dal mondo. Mi colpisce però l’assenza di degrado. Scendiamo in paese, dove alloggeremo all’albergo Il Daino.  La cena stasera é proprio buona: l’impressione iniziale ci verrà abbondantemente confermata nei giorni seguenti.

Martedi 31 dicembre 2019

Stamattina splende il sole sul Monastero di Fonte Avellana, importante centro camaldolese ai piedi del monte Catria, immortalato da Dante nel canto XXI del Paradiso. La temperatura è rigida.  Lungo il percorso Roberto ci introduce alla storia del complesso monastico, legato alla memoria di san Romualdo e di san Pier Damiani; alla storia di questa terra di cultura umbro-marchigiana, terra di cacciagione, di funghi, di tartufi (bianco in inverno, nero in estate); terra del silenzio. Per strada ci ha accompagnato il racconto di Paolo Rumiz sulla dorsale appenninica, La leggenda dei monti naviganti.  La visita al monastero è arricchita dalla presenza di due guide: Andrea per la parte naturalistica, Graziano, per gli interni.  Andrea con la sua travolgente passione per le piante ci porta ad esplorare la ricca vegetazione che circonda il monastero, dando risposta a ogni minima nostra curiosità e indicandoci le varie specie di alberi e cespugli, tra viburni, frassini, allori e ciliegi, pyracantha e ornielli, fino al maestoso tasso ultracentenario che si presta volentieri al nostro abbraccio collettivo.

 4.Soci sotto il grande tasso

    Fonte Avellana: all’ombra del tasso centenario

Con Graziano entriamo nel monastero. Nella chiesa, dove siedono in meditabondo raccoglimento alcuni monaci, ci sentiamo a disagio, massa che irrompe a turbare il momento di preghiera. Poi il chiostro, con gli archi ogivali tipici della tradizione orientale che forse i monaci hanno riportato dai pellegrinaggi in Terra Santa; lo Scriptorium (oggi la maggior parte dei manoscritti si trova nella Biblioteca Vaticana e nel Collegium Germanicum); c’è però anche una biblioteca moderna; e infine la farmacia per gli acquisti dei prodotti dei camaldolesi. Dopo la pausa ristoro nella foresteria con panini buonissimi, ripartiamo per Pergola nell’alta vallata del Cesano, dove ci attende Eleonora, che ci accompagna nel centro storico. Qui, naturalmente, non può mancare un teatro, comune denominatore della regione; qui fioriscono festival di arte, cinema e teatro. In estate non è raro incontrare personaggi come Wim Wenders o Jim Jarmusch; e sembra che un buon numero di olandesi si sia innamorato del posto scegliendo di venirci a vivere stabilmente. Pergola può vantare un tal numero di chiese da essersi guadagnato il nomignolo di Pergoletta Santa. E fu la prima cittadina delle Marche a insorgere contro lo stato Pontificio in epoca risorgimentale.

Ma la prima ragione per cui siamo qui é nel ricchissimo museo dove sono ritornati dopo lunga contesa con il museo di Ancona gli stupendi bronzi dorati scoperti in frammenti, ricomposti dopo lunghi e accurati restauri, nella frazione di Cartoceto.

 16.Pergola Bronzi dorati

 25.Pergola Bronzi dorati

                           Pergola: bronzi dorati

 Non solo i bronzi dorati troviamo in questo bel museo; c’è pure una ricca collezione di dipinti, sculture e arredi tra XIV e XVIII secolo, oltre a notevoli mosaici di età romana.

Torniamo in albergo e prima di cena ci riuniamo nella reception per la lettura, proposta da Isa, di pagine tratte da una pubblicazione di Franco Maria Ricci e dedicate a Federico da Montefeltro, vero genius loci del territorio.

Avevamo scelto un paese delle Marche un po’ appartato, pensando così di sfuggire al chiasso del cenone di San Silvestro. Saremo accontentati, ma solo in parte: la cena, peraltro squisita, si protrae a lungo, come è tradizione, dalle 20 alle 23 e oltre, ma i commensali nella sala ristorante del nostro quieto albergo sono tanti, garruli e festosi. Sarà che il locale gode nel circondario di meritata fama…Ma il silenzio tanto agognato è una pia illusione, l’atmosfera si elettrizza sempre più…solo stelle filanti e niente botti e petardi, mentre  il proprietario dell’ albergo  simpaticamente, simula fischi,  botti e scoppi  usando semplicemente il pugno battuto sul tavolo.

Al brindisi della mezzanotte intoniamo in coro il nostro benvenuto al 2020

Mercoledi 1° gennaio 2020

Roberto ci racconta il cenone di ieri sera alla tavola dei frati di Fonte Avellana, a quanto pare aperti al mondo esterno più di quanto immaginassimo. Sembra che l’atmosfera della serata non sia stata meno scoppiettante e rumorosa della nostra, insomma tutt’altro che silenziosa. Assaporiamo l’aria frizzante del primo mattino dell’anno nuovo in una lunga passeggiata lungo la gola del Furlo. Siamo sull’antica via Flaminia, nata per congiungere Rimini a Roma. Scorre lungo la strada il Candigliano, affluente del Metauro, ed è inevitabile evocare l’epica battaglia che nel 207 a.C. vide l’esercito romano vittorioso rovesciare le sorti del conflitto tra Roma e Cartagine.  Anche oggi ci raggiunge Andrea l’etologo; ci parla dell’aquila reale che qui si annidava e pare che ancora ne resti una coppia; ma per vederla dovremmo fare un’arrampicata sulle rocce impervie, cosa non certo alla nostra portata. Pausa ristoro presso un albergo ristorante, l’Antico Furlo, ex-stazione di posta di fine 800 che conserva cimeli di Mussolini, assiduo frequentatore del posto, il cui profilo scolpito nella montagna appare ormai appena riconoscibile: la dinamite dei partigiani riuscì a cancellarla solo in parte. Sul finire della mattinata sostiamo nell’Abbazia benedettina di San Vincenzo al Furlo, semplice ed essenziale, con facciata a capanna e nell’interno affreschi di scuola marchigiana dei secoli XV e XVI.  Vale la pena ricordare che prosperò grazie alle offerte dei viandanti che dovevano attraversare il Furlo; e che venne poi san Romualdo a rimettere in riga i monaci “gaudenti” con il confino dei più riottosi a vita eremitica, in cella, a pane acqua ed erbe.

38.San Vincenzo al Furlo

Vincenzo al Furlo: Abbazia benedettina

33.Soci al Passo del Furlo

Passo del Furlo

Poco distante é Cagli, città dal glorioso passato. Dopo la sosta per un panino in un accogliente bar, situato proprio di fronte al Torrione,

44.Cagli Torrione F Giorgio Martini

Cagli: il Torrione F. di Giorgio Martini

la simpatica e vivace Metella, guida locale, ci fa visitare il bastione, unico rimasto in piedi della rocca difensiva progettata da Francesco di Giorgio Martini, architettura severa che dal 1997 ospita al suo interno mostre di scultura contemporanea; era nativo di Cagli, Eliseo Mattiacci, artista importante per l’arte contemporanea della seconda metà del Novecento. Visitiamo poi il teatro comunale che per la sua inaugurazione presentò un’opera appositamente scritta per l’occasione da Agostino Mercuri, con scene di Girolamo Magnani, lo scenografo preferito di Giuseppe Verdi.

45.Cagli Teatro

Cagli: teatro comunale

49.Cagli Teatro

Socie e Soci… a teatro

In questo teatro ha debuttato nel 1939 Mario Del Monaco in Cavalleria rusticana. Nella sala grande degli spettacoli corrono lungo le pareti medaglioni con l’effigie di chi ha dato lustro alla città. Ai lati della scena le statue della Commedia – correttore dei costumi – e della Tragedia – terrore dei tiranni – con i busti del Goldoni e dell’Alfieri. Lucia sale sul palcoscenico e dimostra declamando l’acustica perfetta della sala.  Ci spostiamo in piazza Matteotti; tralasciamo per mancanza di tempo la cattedrale, in posizione defilata ad un angolo della piazza, e andiamo al Museo Archeologico, collocato al piano terra del palazzo comunale. Ultima tappa è la bella chiesa di San Francesco, la chiesa francescana più antica delle Marche, esempio emblematico del gotico medio-appenninico. Poi il rientro in albergo. Cena squisita con crescia e tagliatelle ai porcini, e a sorpresa la torta di compleanno per Franca.

Giovedi 2 gennaio

Siamo alle ultime battute del nostro viaggio; oggi dedicheremo la giornata a Urbino.  Domani, dopo la sosta a Fano, lasceremo le Marche. Carla De Angelis ci accompagna alla bella Mostra “Raffaello e gli amici di Urbino”, che indaga sui rapporti tra il pittore da un lato e Timoteo Viti e Girolamo Genga artisti locali a lui contemporanei dall’altro, allestita nel Palazzo Ducale in occasione dei 500 anni dalla sua morte. L’occasione è preziosa per riflettere sulla grandezza di Raffaello. “Un dio mortale”, così lo aveva definito il Vasari trent’anni dopo la sua morte. Non é mai stato in cima alla scala dei miei innamoramenti artistici, l’avevo sempre giudicato, mi sia concesso, troppo perfetto! Ma oggi resto sbalordita e conquistata da tanta bellezza.

C’é ancora il tempo, prima di disperderci per la pausa-pranzo libero, per dare un’occhiata alla mostra che in contemporanea si tiene al secondo piano del Palazzo Ducale, Raphael Ware, I colori del Rinascimento, con splendide maioliche provenienti da una ricchissima collezione privata. E non solo: della collezione permanente del palazzo non posso fare a meno di ricordare la Donazione Volponi, opere seicentesche, che le eredi dello scrittore vollero offrire alla Galleria nazionale delle Marche; la stupenda Flagellazione di Piero della Francesca;  la mitica “Città ideale”, di attribuzione incerta ma tanto presente nel nostro immaginario; le opere di Giovanni Santi padre di Raffaello e pittore più che apprezzabile; la tavola con il Miracolo dell’ostia profanata di Paolo Uccello.

E mentre il gruppo si raduna in massa nel caffè Basili in piazza della Repubblica, Ester, a cui mi unisco insieme ad altre amiche, ci porta alla ricerca  di un ristorante “gourmet”, che non riusciremo a  trovare, ripiegando su un piccolo caffè della piazza, dove a malapena troviamo  dei panini, ma anche la “focaccia Rossini”, curiosamente sormontata da uovo e maionese, a detta di un avventore presente molto apprezzata dal musicista pesarese. Per poi riunirci al gruppo nel caffè Basili.

Riprendiamo il pellegrinaggio raffaellesco. Casa Raffaello è l’abitazione della famiglia Santi, dove il giovane Raffaello “ha imparato la divina proporzione degli ingegni, soprattutto ha imparato il valore della filosofia, della dignità da dare al suo lavoro di pittore” (Carlo Bo, 1984). Il padre era pittore, il nonno aveva un negozio di colori e pennelli nei pressi della piazza centrale. Tra le “chicche” che qui incontriamo, nella stanza natale del pittore, l’affresco della “Madonna col Bambino” attribuito a Raffaello, il quale ritraeva volentieri immagini di Madonna, in cui si ritiene vedesse la propria madre, morta quando lui aveva solo otto anni.

E infine una veloce visita all’Oratorio di san Giovanni dove possiamo ammirare lo straordinario ciclo di affreschi con la Crocifissione e le Storie della vita di san Giovanni Battista dei fratelli Lorenzo e Jacopo Salimbeni da san Severino Marche, in stile gotico fiorito.

Lasciamo la bella Urbino uscendo dalla porta Valbona, fascinosa costruzione seicentesca, e torniamo al nostro Daino. Cena (l’ultima in terra marchigiana) a base di crostini alle olive, lesso di pollo con radicchio e verza, tiramisù.

Venerdì 3 gennaio

La visita di Fano – con Maddalena Paolini nostra guida – ha inizio dalle mura romane (ma la città possedeva una doppia cinta formata dalle mura romane, augustee, e da quelle malatestiane) e dal decumano; l’impianto é infatti a scacchiera, tipico delle colonie romane. Attraversato l’arco di Augusto, porta di accesso principale, lasciamo sulla destra l’edificio rinascimentale sede dell’Università Carlo Bo di Urbino, sezione staccata di Fano, e andiamo a visitare la Cattedrale, romanica, con la facciata abbellita da un bel portale; sulle loggette, in alto a sinistra, una interessante decorazione  a piattelletti, dove bacini ceramici moderni coprono vecchie incavature destinate ad ospitare ceramiche variamente colorate; nell’interno a tre navate notevole é la cappella Nolfi, barocca, con opere del Domenichino; il campanile é stato  ricostruito dopo i bombardamenti che lo distrussero nell’ultima guerra. Una felice scoperta é poi la MeMo, o mediateca Montanari (inaugurata dieci anni fa) dal nome dell’imprenditore illuminato che – in una parola – lo ha donato alla città. Ospitata in un edificio elementare dismesso e recuperato, consta di spazi gradevoli, ampi e luminosi, aperti a persone di ogni età, con un bar e persino un pianoforte. Qui abbiamo visto   giovani e bambini molto a loro agio in quello che è un centro di cultura a tempo pieno, che incoraggia la lettura e offre un ampio ventaglio di proposte dando spazio alla creatività di ognuno.

 

73b.Fano Biblioteca

MeMo. e il legger m'è dolce

Fano: MeMo, mediateca Montanari

A questo si aggiunge la sorpresa di scoprire negli ambienti sottostanti alla mediateca una città sotterranea di età romana. Non troveremo a Fano, però, la basilica di Vitruvio, quella che si ritiene l’unica opera progettata dal celebre architetto; a quanto ci viene detto, sembra infatti che la sua dislocazione resti nel mistero. Il nostro giro prosegue in piazza XX Settembre, al cui centro é la fontana con la statua in bronzo della Fortuna, simbolo della città. L’ampio spazio della piazza é dominato dal trecentesco Palazzo del Podestà (con torre civica ricostruita dopo i bombardamenti), sede del Teatro della Fortuna. Attraversando un arco entriamo nel bel cortile del palazzo malatestiano, sede del museo archeologico e della pinacoteca, che purtroppo non visiteremo perchè il tempo vola. L’ultima tappa del nostro giro é il complesso architettonico di san Francesco, da sbirciare attraverso il cancello chiuso: chiesa a cielo aperto, affascinante pur nel suo degrado e afflitta da una storia tormentata che l’ha vista decadere nel tempo per un’infinità di cause, tra terremoti, demolizioni e querelles per il suo recupero. Pur tuttavia è stata importante nella storia della città, e lo testimoniano le tombe di membri della famiglia Malatesta collocate nel portico d’ingresso.

77.Fano San Francesco

Fano: Chiesa di San Francesco

Il nostro viaggio si chiude in gloria con il pranzo in zona porto, a La Quinta, dove con unanime apprezzamento, in un’atmosfera molto gradevole, mangiamo pesce in un tripudio di primi e secondi. Tutto squisito. Dulcis in fundo, la “moretta” a base di caffè, anice, rhum, brandy, scorzetta di limone.

Diario di viaggio nella Germania di Weimar. Settembre 2019

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 Diario di viaggio

Cent’anni di Bauhaus 

Weimar / Dessau / Berlino

8-16 settembre 2019

A cura di Angela Mengano

Domenica 8 settembre

Un viaggio a lungo meditato, che ci farà riscoprire pagine della storia tedesca attraverso il fenomeno Bauhaus, che ha inciso profondamente nella storia dell’architettura come nella cultura europea. Siamo 22. E prima di sparire nei meandri dell’aeroporto ci riuniamo insieme a Candida Petruzzelli per la foto che diventerà immagine-profilo nella chat di WhatsApp creata per comunicare durante il viaggio. In volo, con lo sguardo all’ingiù cerco invano le Alpi; evidentemente la rotta le aggira verso Est. Dopo due ore circa atterriamo a Berlino Tegel, dove ci aspettano Alessandra Brattelli (da 30 anni in Germania) che sarà da oggi il nostro angelo custode in terra tedesca, e l’autista, Pham Hai, dolce e cortese. Il traffico sulle strade del Brandeburgo è piuttosto sostenuto, secondo Alessandra, per via della Fiera internazionale di Elettronica che attira visitatori da ogni parte d’Europa. Attraversiamo foreste di pini (sostituiti alle vecchie querce, purtroppo, perchè serve legname e crescono in fretta) costeggiando di tanto in tanto macchie giallo vivo: sono i campi di colza. Sulla strada per Weimar ci fermiamo per una veloce sosta pranzo a Beelitz nella suggestiva atmosfera della “Alte Brauerei”, luogo storico di produzione della birra. Proseguendo, Alessandra ci fa notare che le grandi autostrade tedesche si devono a Hitler, il cui scopo subdolo era però di dotare la Germania di una rete di trasporti funzionale ai suoi folli progetti. Finalmente a Weimar, nella città di Goethe e Schiller, nonché culla della Bauhaus, nell’accogliente atmosfera dell’albergo Kaiserin Augusta. Dopo un’ottima cena (confortevole potage seguito da gustosi involtini di pollo con patate duchesse e funghi; dessert a base di crema e composta di frutti di bosco) é giunto il momento di fare salotto nell’accogliente sala d’ingresso dell’albergo.

prova

 

Lunedi 9 settembre

Colazione nell’ampia e luminosa sala al pianterreno, con vista sulla stazione ferroviaria sotto la pioggia. Fortunatamente il programma di oggi ci vedrà in prevalenza al coperto. Nel grigio cortile dell’Università di Weimar i nostri ombrelli multicolori portano una nota vivace. E’ qui che agli inizi del Novecento operarono personalità come Van de Welde e Gropius, dando alla luce il movimento Bauhaus. Ancora oggi l’edificio é sede dell’Istituto superiore di Architettura e all’interno, accanto alle opere di artisti famosi (Rodin ad esempio) sono esposti i lavori degli studenti (modellini, plastici etc.).

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Proprio di fronte all’edificio del Rettorato c’è la casa dove visse il musicista Franz Liszt, che visse a Weimar dal 1848 al 1861 svolgendovi intensa attività artistica. Sotto la pioggia risaliamo in pulmann. Sotto i nostri occhi sfilano edifici dalle belle eleganti forme, fino al Weimar Neues Museum, parallelepipedo di cemento grigio in stile minimalista progettato da Heike Hanada.

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Costruito per il centenario della Bauhaus e inaugurato nello scorso mese di aprile, è stato accolto da critiche feroci, la stampa tedesca ha detto persino che per la Bauhaus è stato costruito un bunker. La Mostra “The Bauhaus comes from Weimar” alla lettera sottolinea come la Bauhaus sia nata qui. Percorrendo le sale di esposizione ritroviamo con sorpresa tanti oggetti a noi familiari, tutti originali: è il design Bauhaus che ha fatto scuola lasciando senza che ce ne rendessimo conto, profonda traccia di sé nella nostra vita, nelle nostre case, dalle sedie ai mobili al vasellame ai tessuti, ritornando oggi con nuova veste negli spazi IKEA.  Ma non c’è solo design nella mostra. Ci sono le ricerche di Kandisky e altri sulla teoria dei colori; c’è Oskar Schlemmer che reinventa la danza col suo balletto triadico. E tanto altro. E’ stata breve l’esperienza Bauhaus a Weimar; a pochi anni dall’esordio l’accusa è “non fanno architettura, fanno politica” e Gropius accetta l’invito della città di Dessau a trasferirsi lì. Dopo lo spuntino nella caffetteria del Museo andiamo a visitare la Haus am Horn, primo e unico edificio progettato dalla Bauhaus negli anni di Weimar. Il pullman ci lascia poco lontano (strade strette, auto parcheggiate malamente: siamo sulla collina dove abitavano i padri fondatori della Bauhaus, anche Kandisky). L’ultimo tratto dobbiamo farlo a piedi sotto l’ombrello, zuppi di pioggia attraverso un sentiero sterrato.  Alessandra si dirà orgogliosa di noi: “siete stati stoici”. Ma ne è valsa la pena!       Una ragazza molto giovane e molto preparata ci guida nell’osservazione degli interni, che mostrano chiaramente come l’idea – base della casa sia l’integrazione tra architettura e arredamento. Molto degli arredi é stato ricostruito e in qualche caso sono state tracciate linee sul pavimento ad indicare la sistemazione originaria. La seconda meta del pomeriggio é la villa che ospita l’archivio di Nietzche, dove il filosofo visse gli ultimi anni della sua vita. Rinnovata in seguito, su richiesta della sorella, da Henry van de Velde, questa residenza si rivela oggi ai nostri occhi come Gesamtkunstwerk (opera d’arte totale), per la raffinatezza degli ambienti, degli arredi, degli oggetti in stile Art Nouveau. La visita suscita una piccola discussione sulla figura di Nietzche  e sul suo pensiero, controverso tanto da essere da un lato accostato al Bauhaus e dall’altro sospettato di filonazismo.

Finita la giornata con le visite guidate da Alessandra, sempre brava e paziente con noi, formiamo un gruppetto per continuare la scoperta della città per conto nostro. Noto sulla via del ritorno il Conservatorio di Musica, dedicato a Johann Nepomuk Hummel il quale, nominato maestro di cappella, trasformò la città in una delle capitali musicali, invitando i migliori musicisti dell’epoca a visitarla e a esibirvisi. In albergo, dopo la cena a buffet, improvvisiamo una serata musicale con voci e pianoforte – dall’Angelo Azzurro di Marlene al coro del Nabucco, da Nada a Domenico Modugno – fin quando per concludere, Alessandra intona una dolce e nostalgica ninna-nanna tedesca che le cantava la sua mamma. Il tutto con la partecipazione divertita e benevola di alcuni ospiti dell’albergo.

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 Martedi 10 settembre

Stamattina, finalmente baciati dal sole, facciamo il giro della Weimar storica a partire dalla piazza del Teatro che vide la nascita della prima repubblica dopo la sconfitta dell’impero tedesco nella prima guerra   mondiale. Alessandra evoca la strana ricorrenza del 9 novembre nella storia tedesca, la data che in Germania chiamano “del destino” – nel 1918 la proclamazione della prima repubblica tedesca a Weimar; nel 1923 il Putsch di Monaco con le prime avvisaglie del nazismo; nel 1938 la tragica notte dei cristalli; nel 1989 la prima breccia nel Muro di Berlino. Al centro della piazza il monumento che ha fatto definire questa la “piazza del pensiero”: Goethe e Schiller, simboli imperituri della cultura tedesca ed europea.  E dopo sulla Schillerstrasse, torna a proposito il detto tedesco “Da fuori Hui, da dentro Pfui!” osservando la bellissima facciata di una casa storica interamente sventrata. Nel Markt campeggia il Municipio (Rathaus) con 35 campanelle di porcellana di Meissen che risuonano giornalmente a ore fisse. Vediamo passare un gruppetto di piccini accompagnati da alcuni adulti con un minimezzo di trasporto; è una piccola allegra brigata che ci fa sorridere e Ale ci spiega che si tratta di babysitteraggio (Tagesmutter), modello di assistenza infantile nato nel Nord Europa che sta arrivando anche in Italia, soprattutto al nord.

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 Ma su questa piazza, animata dalle colorite bancarelle del mercato, si affaccia la casa di Lucas Cranach, con la bella facciata rinascimentale e, in posizione un pò defilata, lo storico hotel Elephant ricordato da Goethe nell’ incipit di Carlotta a Weimar. Passeggiando, qualcuno di noi ha chiesto ad Alessandra notizie sul ginko, e lei tira fuori i versi di Goethe dedicati all’albero:

“non avverti nei miei canti/ch’io son uno e doppio insieme?”

Proseguiamo il nostro giro passando davanti alla biblioteca della duchessa Anna Amalia di Sassonia-Weimar, una tra le più importanti biblioteche dell’intera Germania. A proposito di costei, donna colta, amante dell’Italia, leggo nelle sue note biografiche un curioso particolare: pare abbia intrattenuto un’amicizia segreta con Giuseppe Capecelatro, arcivescovo di Taranto. Subito dopo una stretta al cuore e un pugno nello stomaco, quando all’interno dello Schloss, dove prima erano le scuderie, scendiamo agl’inferi, nelle celle di isolamento usate dal 1933 al 1945 per segregare i presunti nemici del regime nazionalsocialista. Nel grande cortile, rasi al suolo i capannoni preesistenti, sono stati accatastati, con gesto eticamente condivisibile, ammassi di pietrame, come a ricordare l’orrore che quei luoghi hanno visto. Una pausa distensiva nel Weimarer Kaffee ci riconcilia con la vita e ci predispone alla visita della Stadtkirche St. Peter und Paul meglio nota come Herderkirche, imponente chiesa tra tardo gotico e barocco riformato dove J.S. Bach suonava l’organo e il violino.  Sull’altare principale, la suggestiva pala della Crocifissione di Lucas Cranach (padre e figlio), esempio insigne di pittura della riforma. Cranach e Lutero, amici nella vita, sono raffigurati in uno dei pannelli laterali. Poco distante é la Casa-museo dove visse Johann Wolfgang Goethe, con la biblioteca (però non si può entrare nè toccare i suoi libri!), la sua cameretta, raccolte di sculture antiche, di ceramiche, di minerali, begli oggetti, un pianoforte, un bel giardino. Alcuni di noi, nel pomeriggio, scelgono di andare in visita al campo di concentramento di Buchenwald, poco distante dalla città di Weimar. Il resto del gruppo, dopo essersi riscaldato e rifocillato in una piacevole pausa ai tavolini del Cigno Bianco, attraversa il Parco sul fiume Ilm fino alla Casa-Giardino di Goethe. Il programma della giornata si chiude al Castello di Belvedere, residenza estiva per il duca Ernesto Augusto I di Sassonia-Weimar dove non visitiamo gli interni ma spaziamo nel parco, tra grandi alberi secolari e leggiadri vialetti ornati da statue raffiguranti le varie stagioni, putti e amorini. Anche stasera c’é la cena buffet, e dopo resta spazio per le chiacchiere e anche per un po’ di musica.

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 Mercoledi 11 settembre

Prima di trasferirci a Dessau da Weimar, dove abbiamo fatto tre pernottamenti in quell’albergo di fascino che é il Kaiserin Augusta, ci dedichiamo alla visita di Erfurt. Quando la strada passa vicino a dove sorgeva Buchenwald, (alla lettera “bosco di faggi”) il momento è quello giusto per riflettere sulla grande tragedia del nazismo, ascoltando Alessandra che ci racconta quanto ha sentito da una testimone diretta, la nonna di suo marito. Pensare che “buch”, parola tedesca che significa “libro”, ha origine da buche, in tedesco faggio, che è appunto il legno utilizzato per produrre la carta.

Erfurt è una delle città storiche meglio conservate della Germania, capitale della Turingia, dal centro storico intatto. La nostra visita parte dal colle dove sorgono, l’una di fronte all’altra, due imponenti edifici sacri in stile gotico, la Cattedrale e San Severo.

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Visitiamo la Cattedrale, costruita per volere di San Bonifacio vescovo di Magonza. Il colore caldo della pietra è dato dall’arenaria (il marmo al contrario darebbe una sensazione di freddo che forse meglio si addice ai climi del Sud). Nel portale, atipico nella forma, varie sculture e tra queste una rappresentazione della parabola delle vergini sagge e delle vergini stolte. Nell’interno la magnificenza del coro ligneo; dell’altare barocco; delle vetrate gotiche; il candelabro di Wolfram, prima figura bronzea a tutto tondo conservatasi in territorio tedesco; una Madonna in trono romanica (1160); la Gloriosa “Omnium Campanarum Regina”, che intona – ma solo nelle grandi occasioni – la nota Mi, e l’eco dura sette minuti! Nella chiesa di San Severo   notevoli il sarcofago del Santo, in calcare rosa, il Rilievo di San Michele in alabastro, e il monumentale organo.

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 Una serie di angoli molto suggestivi si susseguono lungo l’animata strada principale. Costeggiando la chiesa di Ognissanti raggiungiamo la Fischmarkt, piazza dell’Antico Mercato del Pesce, cuore del centro storico. Sullo sfondo del Municipio da un lato e di antiche belle case dai nomi pittoreschi  (casa del Toro, casa della Corona d’Oro, casa  del Bue Rosso etc)  dall’altro notiamo il singolare monumento – obelisco dedicato a San Martino, meglio noto come Roland. In questo territorio, tra l’altro, si coltivava e commerciava il Guado (Isatis tinctoria)) utilizzato per estrarre il prezioso pigmento blu (indaco) usato come colorante tra i secoli tredicesimo e diciassettesimo.

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Proseguendo e oltrepassando lo straordinario Krämerbrücke sul fiume Gera, lontano parente del fiorentino Ponte Vecchio, raggiungiamo il convento degli Agostiniani.  Il luogo – che ricorda il proposito di Lutero di prendere i voti dopo aver invocato Sant’Anna durante uno spaventoso temporale – è, ricorda Lucia, una pietra miliare del nostro viaggio in Germania, che inizialmente pensavamo di dedicare a Lutero e alla Riforma protestante, in coincidenza con il 500° anniversario (1517-2017).  Ai piedi delle vetrate del Leone e del Pappagallo (che ripete la parola di Dio), dove è ben visibile la Rosa, simbolo del luteranesimo, discorriamo di ecumenismo, di protestantesimo, di artisti fiamminghi che arrivano in Italia, nella terra dove l’immagine sacra è ancora bene accolta.  Molto gradevole la pausa pranzo alla Birreria Augustiner sul ponte Krämerbrücke. Aria frizzante ma allietata da un tiepido sole. Prima di ripartire, facciamo due passi tra il lungofiume, le piazze animate e le belle chiese. Ripartiamo da Erfurt diretti a Dessau. Dalla Turingia alla Sassonia. In mezzo ad ampi spazi verdi ci colpiscono imponenti e inquietanti masse grige in lontananza: sono le scorie delle miniere di carbone. Superata Halle, arriviamo infine a Dessau, dove ci fermeremo due notti per approfondire la conoscenza del Bauhaus.

Giovedi 12 settembre

Dopo una ricca prima colazione andiamo al nuovo Bauhaus Museum Dessau, firmato dagli spagnoli Addenda e inaugurato pochi giorni fa.  Siamo tutti molto felici di visitarlo, cosa che non appariva assolutamente scontata alla partenza.   Audace è la soluzione architettonica adottata per questo museo, costituito da un’ampia trasparente scatola vetrata, aperta alla città, che ingloba un cubo di cemento lungo 100 mt e largo 18 mt sospeso a cinque metri sopra le teste dei visitatori. E qui la mostra inaugurale racconta, con oltre 1000 oggetti (tra cui splendidi tessuti), la storia della Bauhaus tra design, sperimentazione artistica e produzione di prototipi industriali. Terminata la visita, nell’ampio spazio al pianterreno – che ospita eventi e mostre temporanee – assaporiamo l’ebbrezza della “realtà aumentata” indossando avveniristici occhiali-scafandro che ci proiettano in un mondo virtuale fatto di sprofondamenti abissali e voli nell’infinito in un magico turbinio di forme e colori. Pranzo sulle rive dell’Elba nella Haus am Korn, ristorante all’interno di un edificio Bauhaus progettato nel 1929-30 da Carl Fieger, autorevole esponente del movimento Bauhaus. Segue la visita alle case dove hanno vissuto i maestri della Bauhaus, come Gropius, Moholy-Nagy, Schlemmer, Klee, Kandinsky.   Poco lontano entriamo nell’edificio della Fondazione Bauhaus Dessau, costruita su progetto di Gropius: ospitò la scuola al momento del forzato trasferimento da Weimar, scuola vissuta come luogo di apprendimento e di vita. Oggi ospita eventi, ma volendo si può anche – pare ad un prezzo contenuto – passare la notte negli alloggi degli studenti del Bauhaus provando a immaginare come ci vivevano quasi cento anni fa! Gli ambienti sono spaziosi e pieni di luce, “sipario di vetro” lo definisce Alessandra. Anche i minimi particolari sono interessanti e stilisticamente coerenti, vedi le maniglie alle porte; i colori; i volumi; le trasparenze.  Emozionante ficcare il naso nello studio di Walter Gropius. Il celebre dipinto del 1932 di Oskar Schlemmer che raffigurava lo scalone centrale, Bauhaustreppe (Scalinata al Bauhaus) venne bollato dai nazisti come “arte degenerata” (entartete Kunst) e acquistato dal Guggenheim Museum di New York. Nella stanza dell’officina alcuni operatori /artigiani si attardano indaffarati intorno a un’enorme cilindro composto da barattoli di vetro; ci viene spiegato che si tratta di un allestimento in corso d’opera per uno show serale, e dovrebbe contenere all’interno una donna nuda che balla.

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 Dopo la cena (a base di polpette vegetariane) ci aspetta una bella sorpresa. Alessandra e il nostro autista sono stati arruolati da Lucia come complici per festeggiare a doppio titolo Mariella Basile gustando il Baumkuche (dolce tradizionale del territorio). E alla fine si fa musica con voci e pianoforte e con il “biciclista”, come si autodefinisce il simpatico signore che si unisce a noi improvvisando sulla tastiera un impetuoso Brahms e raccontandoci le sue avventure di viaggio e la sua simpatia per il nostro paese.

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Venerdi 13 settembre

Arrivederci Dessau! Si va verso Berlino, con sosta al Parco Sans Souci di Potsdam, la Versailles prussiana, antica residenza della famiglia reale di Prussia fatta costruire da Federico II il Grande.  All’ingresso giganteggia la sagoma di un mulino a vento: fu qui che ebbe origine la frase “Ci sarà pure un giudice a Berlino” che pare sia stata pronunziata dal mugnaio che dignitosamente seppe resistere all’arroganza del monarca che voleva espropriarne il terreno.   Del complesso visitiamo solo l’esterno: il parco, il giardino barocco a terrazze, la fontana ornata da statue classicheggianti, la tomba del monarca.  Occasione per mettere a fuoco la figura di Federico II il Grande, dipinto dagli storici come figura doppia e contraddittoria, enigma sfuggente. Controverso re filosofo, amante della musica e dell’arte, si procura magnifiche opere (tra le tante, molti Watteau) per abbellire la sua residenza. Al tempo stesso guerrafondaio e amico di Voltaire; promotore della coltivazione delle patate che, demonizzate come “cibo del diavolo” perchè nascono sottoterra, intanto salvano la popolazione dalla fame in tempi di carestia, tanto che sulla sua tomba, molto visitata dai turisti, vengono sempre a deporre oltre che fiori anche patate.

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Qui a Potsdam sembra ci siano anche molte dacie, destinate a ospitare una colonia di cantori russi venuti ad allietare con la musica le serate della corte Hohenzollern.  Nel magnifico giardino una gag divertente viene fuori quando Alessandra, per mostrarci in pratica come facevano alla corte reale nel “giardino segreto”, chiama un volontario nel gioco della voce che passa attraverso la pietra come fosse un telefono senza fili, e Mario intende fischi per fiaschi (“strunz” per “struzzo”).

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All’uscita dal parco un lungo rettilineo fino alla porta di Brandeburgo ci porta direttamente nel centro città. Una sosta veloce per il pranzo in un gradevolissimo locale gestito da donne nel quartiere olandese, con una quiche e un bocconcino di torta di mele spartito al nostro tavolo, poi siamo di nuovo al bus diretti alla Einstein Turm, osservatorio astrofisico progettato da Erich Mendelsohn per testare la teoria della relatività, capolavoro di architettura espressionista che ci ricorda vagamente le linee sinuose delle architetture di Gaudì a Barcellona. All’esterno, proprio davanti all’ingresso della torre, seminascosto tra le pietre del pavimento, l’occhio attento di Margherita nota un cervello in bronzo, probabilmente un omaggio al genio di Einstein. Ci avviciniamo ora a grandi passi a Berlino. Veloce sosta obbligata sul Ponte di Glienicke, noto come ponte delle Spie, immortalato nel celebre film di Spielberg.

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Non lontano é il lago Wannsee triste ricordo della conferenza che nel gennaio 1942 decretò la “soluzione finale” con la deportazione degli ebrei nei campi di concentramento. Pernottiamo a Berlino Ovest all’albergo Hyperion in Pragerstrasse, comodo e ipertecnologico. Cena a buffet alle 19.30 precise! Qualcuno di noi ha scoperto l’esistenza di un mercatino proprio dietro l’angolo, in Pragerplatz, così usciamo a far due passi. E infine due chiacchiere prima di cadere in braccio a Morfeo.

Sabato 14 settembre

Partiamo alla scoperta della città con un nuovo autista, Leo, e un pulmann enorme, che potrebbe contenere un gruppo tre volte più grosso del nostro.  Dal maestoso Kurfürstendamm, punto di partenza alla volta di Berlino Est, sfilano davanti a noi la chiesa della commemorazione (Gedächtniskirche, dai berlinesi ribattezzata “dente cariato”); la scultura simboleggiante la divisione del muro in quattro settori (catena intrecciata con un capo slegato); le ambasciate sui grandi viali;  l’Obelisco della Vittoria all’interno del Tiergarten (che si ritrova nel film “Così lontano così vicino” di Wim Wenders); il castello Bellevue oggi sede ufficiale del Presidente della repubblica federale tedesca; la Torre Carillon simbolo di pace, donata nel 1987 a Berlino dalla Daimler-Benz. E intanto già da lontano si comincia a intravvedere la cupola del Reichstag, che il progettista Norman Foster ha voluto trasparente, in rapporto dialettico con la massa spessa e pesante della struttura storica. Diversamente, non sono trasparenti gli asili per i figli dei parlamentari, per la necessità di rispettarne la privacy.  Seguiamo in lontananza le volute della Sprea, il fiume che attraversa la città.  Alessandra ci indica la nuova grandiosa, spettacolare, megagalattica stazione ferroviaria di recente costruzione, cantiere in perenne trasformazione. Poco a poco entriamo nel cuore della città sfiorando, a volo d’uccello, il quartiere ebraico, Oranienburg, la Neue Synagoge, il bunker convertito in galleria d’arte contemporanea da Christian Boros, i teatri, e poi ancora l’isola dei Musei, la biblioteca Grimm in stile razionalista.  Fino ad arrivare alla prima tappa, la Bebelplatz.  Al centro della piazza, l’installazione di Michael Hullmann (una botola che lascia intravedere scaffali bianchi vuoti) evoca il rogo dei libri per mano non di Hitler ma di studenti di estrema destra nel 1933.  Tutto intorno, edifici storici come la Alte Bibliothek (il “comò” per i berlinesi), la Humboldt Universität (vi studiarono Hegel, Marx ed Engels, ma anche tanti premi Nobel), la Deutsche Staatoper (qui con alcune amiche una decina di anni fa abbiamo avuto la fortuna di ascoltare un concerto con Daniel Barenboim e Pierre Boulez insieme) e la St. Hedwigskirche (chiesa Cattolica che si ispira al Pantheon di Roma). Riprendiamo il bus sorvolando ora il Duomo luterano e la gotica Marienkirche. Ma un’attenzione particolare merita per la sua travagliatissima storia il Palazzo Reale, bombardato durante la seconda guerra  mondiale, raso al suolo in tempo di DDR perchè considerato simbolo del militarismo prussiano, ricostruito nel 1976, demolito nel 2006 a Germania riunificata anche perchè contaminato dall’amianto. Un architetto italiano laureatosi allo IUAV di Venezia, Franco Stella, ha vinto il concorso per la ricostruzione; al posto del Castello, nel rispetto dei volumi preesistenti, ci sarà lo Humboldt Forum e sembra che l’inaugurazione sia prevista per il prossimo anno. Ed è motivo di orgoglio che la ricostruzione di un edificio simbolo della storia e della cultura tedesche veda il rilevante contributo del nostro paese. Il giro nel quartiere Mitte ci porta al Memoriale della Shoah. Lo attraversiamo da un capo all’altro, scivolando pensosi nel labirinto di blocchi grigi che Peter Eisenman ha immaginato come altrettante tombe. Poco lontano, un cubo isolato è stato eretto come Memoriale per gli omosessuali.

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 Attraversiamo l’Accademia di Belle Arti (tra i nomi e le immagini dei soci che la bacheca interna riporta, quelli di Wim Wenders, Renzo Piano, Salvatore Sciarrino etc etc) poi sbuchiamo in Pariserplatz, da cui parte il fascinoso Unter den Linden. Lo storico Hotel Adlon, demolito dopo la seconda   guerra mondiale, ora risorto ancora più lussuoso di prima. La DZ Bank con la “balena” di Franck Gehry. Una moltitudine di no-vax, giunti da ogni angolo d’Europa (anche tanti italiani purtroppo) manifesta all’ombra della Porta di Brandeburgo. Uscendo dalla Porta, ben visibile sul selciato la linea di ciottoli che con la scritta “Berliner Mauer 1961-1989”, segna il punto in cui era stato alzato il muro.

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 E’ ora di fare una pausa; ci spostiamo dalle parti di Potsdamer platz. Qui dopo la caduta del muro Renzo Piano, ma anche altri architetti, italiani e non, hanno dato un nuovo volto. Non lasciano indifferenti  l’energia e la vivacità del Sony Center pulsante di vita 24 ore su 24 e i mille motivi di interesse concentrati in poco spazio: il pezzetto di “Muro” lasciato a futura memoria e ridipinto con tutti i colori dell’arcobaleno;  il Museo del Cinemale pietre d’inciampo “stellari” che ricordano le stars cinematografiche di tutti i tempi; il vecchio hotel Esplanade restaurato, con la Sala dell’Imperatore che  dall’esterno si intravvede appena; la gigantesca giraffa Lego tentazione irresistibile per il turista in vena di naïveté. Pausa pranzo ad Arkaden, grande galleria commerciale paradiso del consumismo.

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 Il pomeriggio è dedicato alla visita dell’edificio che ospita la Filarmonica di Berlino, mitica orchestra che fu diretta anche dal nostro Claudio Abbado. Eccezionale per la sua acustica e in generale per la resa tecnica è l’immensa sala da concerto, che é anche molto bella così come l’ha concepita il geniale architetto, Hans Scharoun, simile a una nave, perchè la musica è come un viaggio per mare.

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 Si torna in albergo. Dopo cena si sente uno scoppiettio di fuochi d’artificio: é la conclusione pirotecnica della festa-mercato in Pragerplatz, quasi alle porte del nostro albergo.

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Domenica 15 settembre

Un nuovo autista, Arnie, per gli spostamenti odierni. Oggi andiamo sulle rive della Sprea, dove è stata lasciata in piedi la parte più grossa del muro, affidata però a tanti artisti che con colori e pennelli hanno cercato di fare un lavoro di sdrammatizzazione dando un volto meno minaccioso a quel muro cupo e incombente che per 28 anni aveva tagliato in due la vita dei berlinesi. Una folla di turisti fa capannello intorno ai murales e specialmente alle immagini più famose, come quella del bacio tra Breznev e Honecker.

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 Attraverso la multiculturale Oranienstrasse, raggiungiamo il Check Point Charlie, meta turistica obbligata con profusione di selfie. Una interessante riflessione ci porge Alessandra, sull’ accostamento tra le due dittature: molti membri della Gestapo si sono poi riciclati nella Stasi. Prima di immergerci nell’orrore evocato dalla visita del Museo Ebraico, ci concediamo una pausa di puro piacere da Rausch, il tempio della cioccolata, nella Gendarmenplatz, dove prospettano, insieme al duomo tedesco e al duomo francese, la Konzerthaus (un violinista sta provando, ma la perfetta insonorizzazione nulla fa trapelare all’esterno) e il monumento a Schiller. Poi, il museo ebraico. Noi ci siamo limitati alla parte firmata da Daniel Libeskind, l’architetto di Ground Zero che, musicista di formazione, si è ispirato nel progetto al Moses und Aaron di Schönberg e ha disegnato l’edificio – geniale opera d’arte – come una stella di David spezzata (per i tedeschi “blitz”, che vuol dire lampo) e lo ha chiamato non “museo” ma “between the lines”, linee che intersecandosi creano “voids”, zone vuote, che rappresentano l’assenza degli ebrei nella società tedesca. Entrando, si scende come in una tomba percorrendo i tre assi della Continuità, dell’Olocausto e dell’Esilio.

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 Un giardino pietroso con 49 colonne (quella centrale riempita con la terra sacra di Israele); una lunga scala da risalire, attraversata in alto da assi che si conficcano nelle pareti come pugnali; la Torre dell’Olocausto senza una prospettiva di luce e di apertura; e alla fine sconvolge l’installazione di Menashe Kadishman, Shalekhet (Fallen leaves), foglie di acciaio, volti umani da calpestare. Ma è giusto o no passarci sopra?  Allora capisci perchè Libeskind non ha voluto chiamarlo museo; questo posto è fatto perchè nelle persone di tutto il mondo nasca la consapevolezza, e anche perchè è necessario capire qualcosa del popolo ebreo com’é oggi e da che parte sta andando. Il discorso porterebbe lontano, e non vado oltre.

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 A questo punto si impone la pausa pranzo e, nel tempo libero, la maggior parte del gruppo scopre il Nicolaiviertel, vecchio quartiere di san Nicola interamente ricostruito, e il nuovo quartiere Hansaviertel. Io scelgo la Gemäldegalerie, ricca di capolavori della pittura, da Giotto a Caravaggio, da Bosch a Rembrandt, da Masaccio a Van Eyck e tanti altri. Meraviglioso! E dopo cena in cinque prendiamo un taxi per immergerci nel mulinello di suoni e luci del Sony Center in Potsdamerplatz. Molta gente, comodamente distesa sulle sedie a sdraio, si gode lo spettacolo di colori e forme che cambiano e si muovono sulla cupola in moto perpetuo. Facciamo anche noi lo stesso; sdraiate col naso all’ insù mi sembra strano che nessuno, neanche un cameriere dai bar del posto, venga da noi con la richiesta di ordinare la consumazione!

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Lunedi 16 settembre

E’ giunta l’ora degli addii. Alessandra ci accompagna all’aeroporto di Schönefeld e non ci lascia prima di averci sistemato nella fila giusta per il check-in. Un po’ di suspence al momento dei controlli di polizia, poi tutto si risolve senza esiti preoccupanti per tutti. Tranne che per la famiglia Ventrella (Rosa con Donato e Mario): bloccati a causa di un accendino-souvenir inspiegabilmente considerato pericoloso (no gas!) saranno costretti a ripartire con altro volo e pernottare a Roma Fiumicino mettendo piede su suolo barese solo domattina. Ci dispiace molto per questo contrattempo, mentre il resto del gruppo arriva a Palese confortato dall’accoglienza di Candida Petruzzelli che ci scorta premurosamente fino a largo Due Giugno. Fine del vi

Diario di Viaggio. Le Isole Tremiti di Lucio Dalla. Giugno 2019

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Diario di viaggio

LE ISOLE TREMITI di Lucio Dalla

 3 – 6 giugno 2019

A cura di Angela Mengano

Lunedì 3 giugno 2019

Siamo una trentina alla partenza da Bari.  A Barletta si uniscono al gruppo Anna e Bernardo. Lucia ci introduce al viaggio con letture, tra cui Levantazzo di Antonio Mallardi, racconto di mare ambientato nelle Tremiti, e con una canzone di Lucio Dalla, La casa in riva al mare, sogno di libertà di un detenuto. Lucio Dalla ha molto amato le isole Tremiti, venendovi in vacanza sin da bambino; qui ha inventato un festival del mare, “Il mare e le stelle”.

Dopo la pausa caffè verso il Gargano, sostiamo a Lesina nel Centro Visite Parco Nazionale del Gargano, guidati da Giacomo, Selena e Luisa – con un video anni 60 – attraverso le meraviglie naturalistiche del territorio. Scopro qui anche curiosità, per esempio che l’agar agar usato come addensante in cucina nella preparazione dei dolci si estrae da una particolare alga che cresce qui, la Gracilaria verrucosa.

Il pulmann ci lascia al porto di Termoli per l’imbarco – dopo una breve pausa “rifocillante” – sulla nave Isola di Capraia della compagnia Tirrenia, festosamente invasa a bordo da torme di ragazzi in età scolastica, ospiti di un progetto di scrittura creativa curato da BIMED.

San Domino e l’hotel Eden ci danno il benvenuto. Una navetta ci porta su fino all’albergo; alcuni di noi, lasciati i bagagli in navetta, preferiscono salire a piedi, attraverso la pineta intrisa di profumi (é una passeggiata di pochi minuti). Una pausa relax e si va subito in giro. Dalla piazzetta dove Luna Matana offre un ottimo gelato artigianale scendiamo fino alla omonima Cala Matana, rendendoci subito conto che il mare delle Tremiti non è facile a raggiungersi. Bisogna conquistarselo a fatica. Seminascosta nel verde sta la casa di Lucio Dalla; scopriremo poco a poco che tutta l’isola é disseminata di segni della sua presenza, con targhe e mattonelle recanti suoi pensieri, e anche qualche scultura a lui dedicata. La cena si tiene sul terrazzo dell’albergo con magnifica vista sull’abbazia di San Nicola, proprio di fronte a noi. Questa sarà l’ultima delle fresche serate autunnali.  Da domani arriva l’estate!

Le Termitesi
Casa di Lucio Dalla

Martedi 4 giugno

Stamattina partiamo all’ esplorazione delle isole con Carmela, bravissima guida, molto competente e preparata e con la sua narrazione interessante e ricca di spunti sulle diverse isole. Un barcone ci traghetta da San Domino a San Nicola, la più storica tra tutte le isole dell’arcipelago. L’ultima isola, tanto distante da non essere vista dal nostro punto di osservazione, ma anche per la sua piattezza, è Pianosa. Carmela, che abita a Peschici, ci racconta che dalla sua casa vede a volte da un lato tutte le isole fino a Pelagosa, già croata, dall’altro la Maiella innevata; e allora le sembra di essere in preda a una allucinazione.

Sbarcati a San Nicola lentamente ci inerpichiamo sulla scalinata che conduce alle fortificazioni e al complesso abbaziale. La storia dell’arcipelago è complessa e tormentata, dai greci ai romani, dall’ originario insediamento benedettino ai cistercensi, dai lateranensi agli angioini ai borboni; luogo di confino e colonia penale. Qui furono relegati Paolo Diacono nel 780 esiliato da Carlomagno; un pugno di libici contrari alla colonizzazione italiana, ora sepolti in un cimiterino in fondo all’ isola di San Nicola; centinaia di omosessuali deportati da Mussolini per “ripulire” il territorio nazionale. Infine, nel 1987, l’inquietante mossa di Gheddafi che rivendica alla Libia le isole. Ma nel frattempo, dalla fine degli anni ’60, con il boom economico, era arrivato il turismo. 

Carmela ci fa intravedere i chiaroscuri di questo territorio: l’acqua bene primario per una società che vuol definirsi civile qui non c’è, o meglio arriva dalla terraferma. Qui tutto è trascurato. Lucio Dalla si era proposto come sindaco ma non l’hanno voluto. Quando teneva i suoi concerti sulla spianata dell’Abbazia i traghetti partivano anche di sera per portare la gente. E al riparo del torrione angioino il nostro gruppo si ferma a discutere. Lucio Dalla fa discutere.

Entriamo nella chiesa dalla bella facciata rinascimentale in pietra d’ Istria e subito ci colpisce il pavimento a mosaico dell’undicesimo secolo con grifi, uccelli, cervi, elefanti e motivi vegetali, in tutto simili a quelli coevi. La chiesa è spoglia come si conviene a una chiesa romanica ma è anche vero che le truppe francesi misero tutto a soqquadro portando via dipinti e altro! Rimangono il polittico ligneo intagliato in oro zecchino con la raffigurazione di tutti i santi del Gargano; il Cristo in croce, greco bizantino, con una espressione serena sul volto; la scultura lignea della Madonna molto venerata qui e portata in processione (ma questa più pregiata rimane al suo posto e in processione ci va la copia che si trova nella cappelletta). Attraverso i due chiostri, il cistercense e il lateranense, arriviamo al belvedere che fa spaziare lo sguardo verso l’alto mare aperto, il mare Adriatico. Qui il gruppo si frammenta per lo spazio libero da riempire a volontà; ci sarà prima dell’imbarco tempo per rilassarsi assaporando un boccone ma anche per l’esplorazione dell’isola che alcuni di noi percorreranno in lungo e in largo fino al  mausoleo dei libici deportati nel 1911; alcuni fino alla tomba di Diomede scavata nella roccia tra storia e leggenda.

Poi il bellissimo giro in barca in pieno sole intorno alle due isole principali, San Nicola e San Domino.  Nel versante sud di Capraia ci viene indicato il punto in cui è sommersa la statua di padre Pio da Pietrelcina, ma mi sembra difficile anche solo scorgerne i contorni; è a 14 mt di profondità, opera dello scultore Mimmo Norcia. Il profilo di san Domino, costellato di grotte, è emozionante. C’é la spiaggia dei Pagliai; la grotta delle Rondinelle; il faro molto mal messo che fu teatro dell’attentato del 1987 ricollegato alla demenziale rivendicazione di Gheddafi sull’ isola – ancora oggi però nel mistero a distanza di trent’anni e più – la grotta delle Viole; lo scoglio dell’Elefante; la punta delle Diomedee. Rientrando nel porticciolo di san Domino c’é ancora il tempo di fare un bagnetto nell’acqua freddissima dell’attigua caletta delle Arene.

La cena di stasera viene anticipata per permetterci l’uscita in barca. Siamo a giugno e il sole é ancora alto, possiamo così ammirare dalla terrazza l’ammaliante visione dell’isola di San Nicola inondata di sole.

Viene poi il momento forse più emozionante dell’intero viaggio, la barca che si avvicina a motore spento alla punta delle Diomedee, in assenza di luna a rendere ancora più brillante e leggibile il firmamento. Avvicinarsi e restare in ascolto di centinaia di uccelli: suono inconfondibilmente avvertito come diverso dal canto dei gabbiani, simile piuttosto a un vagito infantile, veramente impressionante, indimenticabile. E tutto questo mentre sulla superficie del mare brillano impercettibili punti luminosi appena percepibili allo sguardo. Ci viene spiegato che si tratta del plancton, il che probabilmente dimostra l’ottimo stato di salute di questo mare.

Isola di San Nicola

Mercoledì 5 giugno

Mattinata libera fino alla partenza per Peschici. Così ci dividiamo tra spiagge e pinete.

Poi risaliamo in albergo, dove ci vengono gentilmente messe a disposizione alcune stanze per rinfrescarci e ricoverare i bagagli fino al momento della partenza.  Ci vuole poco più di un’ora per attraversare il braccio di mare tra San Domino e Peschici ma lo scirocco infuria con onde sferzanti e davvero non vediamo l’ora di arrivare. Il mio vicino di posto, originario di Rodi Garganico, é qui con la sua compagna tedesca in vacanza e mi coinvolge nei suoi ricordi indicandomi dal mare il suo paese e la spiaggia dove, bambino, veniva ripreso in braccio alla Lollobrigida sul set del film “La legge” di Jules Dassin.

Finalmente entriamo nel porto di Peschici dove ci accoglie il delizioso Hotel Elisa, molto confortevole, gestito con grande professionalità e affabilità e arredato con gusto. Scopriamo tra i quadri appesi alle pareti un’opera di Alfredo Bortoluzzi, pittore e coreografo, artista tedesco formatosi nella Bauhaus di Weimar e vissuto a Peschici per 40 anni fino alla sua morte.  Chiacchiero un po’ con il titolare dell’albergo, che mi racconta di averlo conosciuto e di possedere diversi quadri dell’artista.

La cena è ottima, tutto gustoso e preparato con molta cura, sapori autentici soddisfano anche i palati più esigenti.

Concludiamo la giornata con una passeggiata nel centro storico, vivacemente animato

Giovedi 6 giugno

Dopo la prima colazione, servita con torte buonissime fatte in casa, Carmela ci raggiunge per la visita di Peschici, con partenza dal Cimitero, dove é la tomba – interamente decorata con mosaici – di Alfredo Bortoluzzi, qui sepolto insieme al suo compagno di vita, Fritz Lang (tenore, omonimo del famoso regista). Il piccolo mausoleo, interamente decorato a mosaico, è meta di turismo culturale anche da parte di numerosi turisti tedeschi. Bortoluzzi aveva scelto di vivere a Peschici dopo avere vagabondato per mezza Europa, e qui ha lasciato segni tangibili della sua opera artistica. Dopo la sosta al caffè in piazza, entriamo nel centro storico. All’interno della chiesa madre, singolarmente dedicata al santo profeta Elia, Alfredo Bortoluzzi ha creato la sua Via Crucis. Noi entriamo per vederla, il parroco apre le braccia sconsolato: Qui tutti vengono per Bortoluzzi, non per il Signore.  Lucia interviene a difendere le ragioni dell’arte e della bellezza come degne di uguale rispetto e attenzione. Carmela riferisce che il culto di sant’ Elia sarebbe legato all’ invasione delle cavallette come punizione divina, risolta secondo la leggenda dal miracolo della statua del santo portata in processione dai peschiciani.  Altri punti di interesse, la casa Libetta, il Castello (nient’altro che un recinto baronale), la chiesa del Purgatorio (affresco interessante sul soffitto, purtroppo notevolmente degradato). Prima di lasciare Peschici, ne approfittiamo per prendere  qualche souvenir. Trovo interessanti le ostie ripiene, dolce tipico del Gargano. Magnifico pranzo al ristorante Maria, in collina, concluso con la torta a sorpresa per Renata, che oggi festeggia il suo compleanno. A tavola racconto a Carmela del libro Pan’ e Pomodor di Ian Mc Ewan. Il paesaggio del Gargano con la sua bellezza selvaggia ci accompagna nelle ultime ore di viaggio. Un’ultima sosta ci darà la possibilità di riammirare la sempre affascinante installazione di Edoardo Tresoldi nel sito della magnifica basilica paleocristiana di Santa Maria di Siponto.                                   

Alfredo Bertoluzzi-Via Crucis

Diario di viaggio. La Tuscia. Marzo 2019

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      Diario di viaggio

     LA TUSCIA

     28 – 31 marzo 2019

 A cura di Angela Mengano

Il clou del nostro viaggio è centrato sull’incontro, fissato per sabato, con Graziella Chiarcossi, cugina di Pier Paolo Pasolini e moglie di Vincenzo Cerami, noto scrittore e sceneggiatore. L’abbiamo conosciuta a Bari, qualche mese fa, e da questo incontro è nata l’idea di una visita a Torre di Chia (Viterbo), nella casa-rifugio che permise al poeta di allontanarsi dalla città per lavorare come desiderava, in mezzo alla natura, negli ultimi anni di vita. Fu il luogo dove scrisse Lettere luterane e Petrolio, l’ultimo libro rimasto incompiuto.

Giovedi 28 marzo

Il gruppo in partenza da Bari è composto da 28 partecipanti; abbiamo a disposizione un pulmann da 32 posti che ci permetterà di muoverci in modo più snello nella viabilità a volte impegnativa delle piccole tortuose strade dell’interno. Pausa caffè verso Mirabella Eclano, pausa pranzo in autogrill quando siamo già nel Lazio. La prima meta é Orte, blocco di roccia tufacea che si avvista con una certa emozione da lontano.  E subito, come un pugno nell’occhio, la visione è turbata nello scorgere proprio davanti al bel profilo della città un brutto palazzo, forse anni ’60, costruito in barba a ogni criterio di estetica ancor prima che al rispetto della legge. La stessa emozione disturbata che dovette provare Pasolini il quale – nel documentario RAI del 1973 – sceglie di parlare della forma della città per lanciare strali contro un abusivismo edilizio che già allora, negli anni del boom economico, cominciava a manifestarsi deformando e imbruttendo il paesaggio.  In paese ci aspetta Riccardo Arseni, che ci farà da guida per tutto il pomeriggio. Nel frattempo ci hanno raggiunto Michele e Patrizia che parteciperanno con noi alle escursioni programmate. Qui a Orte visitiamo la città sotterranea, con l’affascinante colombaia, il pozzo di neve raccolta sui monti circostanti, utilizzato come frigorifero per alimenti e farmaci, la cisterna di acqua verdissima; dai belvedere affacciati sui fianchi della roccia si gode di una magnifica vista sul Tevere, e Riccardo ci indica in basso reperti archeologici dell’antica Orte, e in lontananza l’Umbria.

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Nel centro storico, tanti punti d’ interesse come la chiesa di San Silvestro, con il magnifico campanile romanico; la quattrocentesca Casa di Giuda, così detta per essere appartenuta a un personaggio traditore della comunità, al quale vennero perciò confiscati i beni; il cinema dedicato a Filoteo Alberini, pioniere della cinematografia mondiale, inventore della prima macchina cinematografica, il kinetografo, nell’anno precedente all’invenzione dei fratelli Lumiére. La guida Riccardo, vedendomi prendere appunti, di tanto in tanto mi sprona a modo suo: Scrivi Giovanna, scrivi… A Orte, ci dice, 800 sono gli abitanti rimasti (al che Franca F.  aggiunge sottovoce: Più noi, 829). Una veloce visita alla Cattedrale, nella piazza principale, poi l’assaggio di un gelato buonissimo. Un piccolo bassorilievo posto come architrave su di una porta desta la nostra attenzione; raffigura, ci dice Riccardo, i sette dormienti, forse in riferimento al martirio dei sette dormienti di Efeso. Da stasera pernottiamo al Balletti Hotel di San Martino al Cimino, lo stesso che ci ospitò sei anni fa. La cena è nel ristorante “La Tavernetta del Cavaliere”, annesso all’Hotel ma anche aperto alla clientela esterna, veramente eccellente.

Venerdi 29 marzo

Anche Vitorchiano, come Orte, ha origini etrusche. La visita alla città, presente nella hit parade dei borghi più belli d’ Italia, inizia di buon mattino con la nostra guida, la brava e vivace Chiara Zirino. Anche nel viaggio di sei anni fa in Alto Lazio avevamo programmato di venirci, se la neve caduta abbondantemente non ce lo avesse impedito.  Per una prima impressione del luogo da un punto di osservazione strategico, Chiara ci conduce al belvedere su cui campeggia il Maori, gigantesca scultura realizzata nella caratteristica pietra locale – il peperino – da undici maori giunti fin qui dall’Isola di Pasqua e ospiti di una puntata del programma TV “Alla ricerca dell’Arca” nel 1990. Prima di spostarci dal belvedere non ci sottraiamo al rito coniato per i turisti: toccare l’ombelico del Maori porta fortuna.

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 Da questo punto di osservazione Vitorchiano appare uno straordinario e armonico insieme di case e roccia peperina. Chiara ci indica in lontananza, in posizione scoscesa, un puntolino bianco: é la chiesetta di san Michele, aperta solo l’8 maggio nella ricorrenza della festa del santo. Paese festaiolo, Vitorchiano; ce ne sono tanti di eventi e sagre, tra cui “Peperino in fiore”, dedicato alla floricoltura, con la presenza sul posto di un centro botanico con la più vasta collezione di peonie che si conosca. Peccato non poterle vedere, ci dice Chiara, perchè al momento non ancora fiorite! Dal belvedere ci spostiamo in paese. Osservando le mura di cinta della città, Chiara ci fa notare la merlatura ghibellina a coda di rondine. Entriamo nella parte rinascimentale del borgo da porta Roma, lato sud.  Sosta imperdibile al bar per gustare il “caffè con la cremina”, poi percorriamo via Arringa, la più larga del paese. Qua e là, sulle porte, stemmi in peperino: quello con lupa romana ci ricorda l’antica amicizia tra Vitorchiano e Roma (il Senato Romano la proclamò “terra fedelissima all’ Urbe”).

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Sulla piazza domina il Palazzo comunale, realizzato dai maestri comacini.  Alcune locandine affisse alle pareti ci raccontano del rapporto di Vitorchiano con il cinema (scene girate qui, con Gassman e Montesano da Armata Brancaleone di Mario Monicelli e da Il prode Anselmo e il suo scudiero di Sergio Corbucci).  Ad un lato della piazza un abbeveratoio per gli animali.  In tutta la Tuscia – ci racconta Chiara – come peraltro in vaste zone della penisola, esisteva un mestiere oggi dimenticato, quello delle lavandaie. Notevole la monumentale fontana a fuso, in stile viterbese, con il giglio dei Farnese; curiosa una iscrizione datata 1320, posta nella parte inferiore della Torre dell’Orologio, alle spalle della fontana, che reca inciso a caratteri gotici un bando municipale che vieta agli assassini e ai traditori di dimorare nel Comune.  Saliamo in cima alla Torre medievale, molto ben restaurata, per poi ridiscendere al primo piano nella Sala Consiliare, ricca di bei dipinti.

IMG_2827  IMG_2679 Fontana monumentale

Merita  una sosta la trecentesca chiesa di Santa Maria Assunta:  bel campanile; facciata munita di riccioli, da Chiara presentati come “ gattoni rampanti” e qui scopro la mia ignoranza in materia: termine architettonico a me sinora sconosciuto, si  impara sempre qualcosa di nuovo;  tavola  con l’immagine della Madonna,  ritrovata  da  contadini, che è occasione per ricordare la tradizione tutta locale delle madonne “vestite” portate in processione in macchine monumentali lignee appositamente costruite, per lo più settecentesche. Sull’ altare un Crocifisso che, all’epoca del restauro, ha rivelato anche l’identità dell’autore per il ritrovamento fortuito, all’interno della statua, di un biglietto con nome e data: Giovanni Parisino fecit, 1590.  Percorrendo le strade, Chiara ci indica ancora alcuni edifici interessanti anche da un punto di vista storico, come la Casa del Vescovo, con il caratteristico “Profferlo” (monumentale scalone esterno); la Casa della Maga; la Casa del Rabbino; la Porta della Vergogna. La sosta pranzo al Just, attiguo a un centro commerciale appena all’esterno dell’abitato di Vitorchiano, prelude alla visita del Monastero dove le monache trappiste, in un’oasi di pace e silenzio, producono gustose marmellate artigianali e varie altre golosità che vale la pena di assaggiare e portar via.  Elisa sceglie il Coenobium, prodotto con metodo naturale dalle stesse trappiste, vino che stasera con gesto squisito offrirà a tutta la compagnia per un allegro brindisi.  Per la visita di Soriano nel Cimino abbiamo appuntamento con Fabrizio, componente di una cooperativa di laureati nella facoltà di Beni Culturali dell’Università di Viterbo nonché narratore di comunità, davanti all’imponente cancellata sormontata da un arco di pietra del Palazzo Chigi Albani. Edificio che secondo Italia Nostra sarebbe a rischio di crollo, causa stato di abbandono per il succedersi nei secoli di proprietari diversi, Altemps, Albani, Chigi.  Ma fu Cristoforo Madruzzo, vescovo di Trento, ad avviarne la costruzione. Insignito dal Papa del feudo di Soriano come premio per avere ospitato a Trento il Concilio, fu uomo di corte, grande mecenate e amico di letterati, dotato di grande gusto estetico (anche il bellissimo Palazzo delle Albere a Trento, intravisto dal MUSE quando lo abbiamo visitato nel 2013 era stato fatto da lui costruire). Tiziano ne fece un ritratto.  Per un approfondimento sulla sua figura andrebbe letto il lavoro di Carla Benocci sugli Otia dei Madruzzo, segnalatoci da Fabrizio.  Il palazzo Chigi Albani nel 2005 diviene proprietà del Comune di Soriano, che ne ha avviato il recupero. Purtroppo allo stato attuale non é visitabile; possiamo solo ammirare in tutto il suo splendore la Fonte Papacqua con le sculture monumentali su temi mitologico-allegorici che mi hanno fatto pensare alle bizzarrie della vicina Bomarzo. E alla fine le scuderie, che ospitano il centro documentale-biblioteca Tusciae Res e la pinacoteca Lucio Ranucci, artista locale di forte impatto espressivo, che ha operato in prevalenza nei paesi latino-americani (evidente nelle sue opere é l’influsso dei muralisti messicani).

Prima di lasciarci (ma con lui saremo ancora insieme domani a Chia) Fabrizio ricorda il sogno di Pier Paolo Pasolini, da lui a lungo coltivato e sostenuto,  della nascita di  una Università della Tuscia, con sede a Viterbo, che in effetti è stata creata nel 1979. Stasera a cena ho apprezzato particolarmente, tra gli altri ottimi piatti, la  minestra di ceci e cicorie. E dopo il già citato brindisi con il Coenobium delle suore trappiste offerto da Elisa, intermezzo musicale al pianoforte, con canzoni e inni.

Sabato 30

Dal Balletti Hotel di San Martino a Torre di Chia, dove Eleonora ci guida lungo un sentiero boscoso che porta alle cascate, luogo scelto da Pasolini per girare la scena del Battesimo di Gesù nel Vangelo secondo Matteo.

IMG_2777 Torre di Chia

Racconta Enzo Siciliano nel suo “Vita di Pasolini”, ”..il  Giordano venne trovato tra Orte e Viterbo in una fessura scavata da un torrente tra rocce aspre e selvagge..”.  Del castello di Colle Casale o di Chia si hanno notizie sin dal 1220-60 circa.  Pier Paolo, venendo a girare qui, scoprì il rudere in stato di abbandono e se ne innamorò; ritornandoci spesso, qui veniva a disegnare, si sentiva libero di lavorare lontano dal chiasso della città, finchè riuscì ad acquistare la torre all’inizio degli anni ’70, affidando il progetto di ristrutturazione a Dante Ferretti, grande scenografo e suo collaboratore in tanti film. Eleonora ci raccomanda di fare attenzione al fango che in qualche punto rende scivoloso il terreno. Lo scenario è evocativo e emozionante.

IMG_2756 Cascatelle

Dalle cascatelle raggiungiamo il primo dei vecchi mulini, tornando poi sui nostri passi per la proiezione – introdotta da Fabrizio (nostra guida ieri a Soriano) – del bellissimo “Pasolini e la forma della città”, di cui avevamo già parlato nel corso della nostra visita a Orte.  Negli ambienti luminosi della casa-torre, Graziella Chiarcossi ci accoglie con generosità e ospitalità squisite.  Una corrente empatica scorre tra noi mentre parliamo – dopo un gradevole break a base di cose buone e un buon bicchiere di vino – di tanti argomenti, ripercorrendo la vita e le opere di Pasolini..il lavoro di Graziella nella Fondazione intitolata al poeta…il parco letterario, che fatica a decollare per le solite ragioni di burocrazia e di miopia… e tanto altro.  Alla domanda se lei vede degli eredi di Pier Paolo, Graziella risponde di no, che crede piuttosto nei maestri; lei, filologa, ha avuto Aurelio Roncaglia, Pier Paolo aveva Roberto Longhi; ma quanti ce ne sono oggi di questi? Tra domande e riflessioni il tempo vola, arriva il momento di ripartire. Ringraziamo Graziella, salutandola con l’augurio di rivederla presto.

IMG_2789 L’ospitalità di Graziella Chiarcossi

Seduti ai tavolini del caffè di Soriano inondati di sole, nella piazza principale di fronte alla collegiata di san Nicola aspettiamo che ci raggiunga Valerio, per salire con lui dall’arco monumentale che immette nella città vecchia fino al Castello. Mentre avanziamo, Valerio ci dà alcuni cenni storici su Soriano, prendendo spunto da quello che incontriamo lungo la strada (chiese, fontane, palazzi) e inserendo nel racconto tasselli inediti, per esempio sui personaggi che hanno amato e frequentato Soriano (Fabrizio De André, Luigi Pirandello..).  Il Castello si erge imponente davanti a noi: fu fatto costruire da Papa Niccolò III Orsini, che Dante colloca nel girone dei simoniaci (Inferno canto XIX) per aver egli brigato in modo da favorire i più stretti parenti; donde il termine “nepotismo”.

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Grandioso il panorama che si distende sotto i nostri occhi dagli spalti del Castello; é plausibile che l’Orsini abbia scelto Soriano come borgo fortificato per difendersi da possibili attacchi esterni. In fondo alla pianura, in basso di fronte a noi, si può scorgere la sagoma slanciata della Torre di Chia, e in lontananza il monte Soratte, che avevamo già avvistato da Caprarola nel 2013, andando a visitare palazzo Farnese; ma anche il Terminillo..le Marche..il Gran Sasso. Valerio ci mostra   le anguste celle che da metà Ottocento fino agli anni 80 del secolo scorso ospitarono detenuti.  Ci fa notare il verso dei blocchi nelle murature del castello, che se disposti verticalmente rivelano una costruzione più antica.  In ultimo c’è da vedere la sala delle armi, (architettura nordica, azzarderei normanno-gotica) con volta di ingresso affrescata con motivi tardo- rinascimentali. Concludiamo la visita al Castello con un fuori-programma molto simpatico, una bella mostra, “Dagli Organetti alle Macchine Parlanti fino al vinile”, curata da Mario Valentini, appassionato collezionista di una messe immensa di strumenti per la riproduzione musicale, dai dischi di cartone forati agli organetti ai fonografi a tromba fino alle vecchie radio e ai juke box che hanno accompagnato la nostra giovinezza. Siamo eccitati e divertiti mentre il bravissimo curatore ci fa riascoltare canzoni del tempo che fu, e alla fine ci lanciamo in un allegro vortice di danza.  Bernardo – folgorato come tutti da tanta musica – organizza una serata musicale a base di vecchie canzoni, con l’aiuto di Google per la ricerca dei testi. Così dopo cena ci riuniamo nella hall, la direzione ci autorizza ad aprire il pianoforte e il concerto ha inizio, con tanto di accompagnamento corale, nell’allegria generale.   E per l’occasione mi metto in lamé.

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Domenica 31

La partenza – e il saluto al confortevole Balletti Hotel di San Martino al Cimino – non impedisce a uno sparuto drappello di cinque valorosi di aprire la giornata con la “camminata meditativa” proposta da Bernardo e che noi tutti ci ripromettiamo, con maggiore o minore convinzione, di fare prima o poi. Volgiamo sulla via del ritorno. L’ultima tappa é Montecassino, da Gregorovius definita “Atene medievale nella notte di molti secoli”.  La gradevolissima pausa – pranzo al Querceto, azienda a carattere familiare dove ci vengono offerte tante cose buone e genuine in mezzo agli alberi, è una buona premessa per affrontare, con la guida di Anna Maria Priora, la salita all’ Abbazia, ricostruita integralmente dopo il bombardamento che la rase al suolo.  La collina è tutta rosseggiante di alberi di Giuda che evocano la leggenda cristiana.  E la guida viene incontro a tutte le nostre curiosità, raccontandoci di Marco Terenzio Varrone e della sua villa ormai invasa dalle erbacce; e di   Numidia Quadratilla,  (I sec. d.C., una donna costruttrice nell’antichità classica!) che fece costruire a sue spese l’Anfiteatro e il Tempio per la popolazione di Cassino. La strada intanto interseca elementi interessanti, tra cui il teatro romano, la Rocca Janula, imponente fortezza medievale, il monumento alla pace di Umberto Mastroianni, che si distingue appena da lontano, nel paesaggio roccioso, come una macchia indistinta di color cioccolata: rappresenta l’implosione di una bomba, e oggi il suo valore fortemente simbolico é mortificato in ugual misura dall’incuria e dall’ infelice collocazione: poteva essere trattato con più riguardo!

IMG_2855  Abbazia di Montecassino

Scopriamo che l’Abbazia sorge a 575 metri sul livello del mare, anche se la posizione dominante la fa sembrare molto ma molto più alta!  La guida ci ricorda la vicenda tragica della battaglia di Montecassino nella seconda guerra mondiale, come non fossero bastate le prove che la storia le aveva riservato, se è vero (come é vero) che ben quattro volte l’Abbazia venne distrutta, dai Longobardi prima (580 d.C.), dai Saraceni poi (nell’ 883), a causa di un terremoto (1349) e infine per la quarta volta nell’inverno del 1944 a causa del bombardamento alleato. E’ significativo notare come al momento della ricostruzione i cittadini vollero che ancor prima della città rinascesse l’Abbazia, ricostruita com’era e dov’era.  La nostra guida, molto brava e competente (scoprirò tra l’altro che ha fatto una tesi su Ildegarda di Bingen!! ) ci accompagna nella visita e insieme a una serie di informazioni  sulla storia di questa grande abbazia fondata da san Benedetto ci fa notare una serie di punti interessanti:  nel primo chiostro dedicato a san Martino di Tours  la statua di Attilio Selva raffigurante la Morte di San Benedetto, donata da Konrad Adenauer per riconoscenza verso i monaci;  la Loggia del Paradiso con il belvedere affacciato sulla valle del Liri e il chiostro detto del Bramante con  la cisterna  e le due statue di san Benedetto e Santa Scolastica;  in cima alla scalinata il chiostro dei Benefattori circondato dalle statue di papi e sovrani munifici con l’ Abbazia, tra cui Carlomagno e i genitori di san Benedetto  e santa Scolastica;  il portale della chiesa, fatto realizzare a Costantinopoli (1066);  nella chiesa, che andò interamente distrutta nei bombardamenti, solo il pavimento rimase intatto perchè protetto dalle macerie del tetto crollato; sulla facciata interna,  il grande  affresco perduto di Luca Giordano é stato sostituito da  La gloria di san Benedetto  di   Pietro Annigoni;  l’opera di ripristino delle decorazioni fu da lui portata avanti negli anni ’80 e per soli quattro anni fino alla sua morte;  ora  viene proseguita, ma a rilento, da Sergio Favotto, artista con  studio a Venezia. Last but not least, va ricordata la biblioteca, un patrimonio di valore incalcolabile di oltre 200.000 volumi, miracolosamente salvati insieme a una serie di documenti e valori trasportati in tempo utile con 17 camion messi a disposizione dai tedeschi a Roma, in Vaticano, quindi in territorio neutrale. Oggi non è accessibile al pubblico ma solo agli studiosi.  Questa immensa ricchezza, del resto, é affidata alla custodia di pochi monaci, quelli rimasti ancora oggi nell’Abbazia, il cui numero non sembra noto ma pare ammonti a poche unità.

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Diario di Viaggio. Calabria. Maggio 2018

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Diario di viaggio

CALABRIA

17 – 20 maggio 2018

 

A cura di Angela Mengano

Giovedi 17 maggio

Partenza alle 7:30.  Siamo in 28, oltre a Nicola, il nostro autista ormai diventato presenza imprescindibile nei nostri viaggi.  Pausa caffè nel versante lucano della Jonica, pausa panino verso Cosenza. Lasciata l’autostrada Salerno- Reggio allo svincolo Serre, ci addentriamo nel parco naturale omonimo, cuore montuoso della regione calabra. Nostra prima meta è la Certosa di Serra San Bruno. Luca, nostra guida per le mete di questa prima giornata, (ci dice di essere anche docente di tromba del locale Conservatorio) è ad attenderci alle porte del paese. Al termine di un breve giro nel centro abitato, che vanta belle chiese, e tra queste visitiamo l’Addolorata, e palazzi interessanti, raggiungiamo la Certosa, isolata in mezzo ai boschi, dove rova il suo habitat il maestoso abete bianco. Bruno da Colonia, fondatore dei Certosini,  giunto qui, tra la Sila e l’Aspromonte nel 1090, riferiva ai suoi amici: «Abito un eremo abbastanza lontano d’ogni parte dall’abitazione di uomini. Che cosa devo dire della sua amenità, clima e felicità o della pianura ampia e bella, distesa in lungo tra i monti, dove sono prati verdeggianti e floridi pascoli? Che cosa devo dire della veduta dei colli che da ogni parte s’innalzano dolcemente, del rifugio delle fresche valli e dell’amabile abbondanza di fiumi, ruscelli e fonti?». Oasi di pace nonché baluardo della chiesa: fu papa Urbano II, al secolo Oddone di Lagery, a fare del santo d’Oltralpe suo strumento per la latinizzazione dei riti – perseguita con l’aiuto dei Normanni per soppiantare una cultura, quella greco – bizantina, fino allora fortemente radicata in queste zone. Nel Museo annesso, unica parte visitabile, si può avere solo una pallida idea di quello che dovette essere nei primi secoli dalla sua fondazione, centro di irradiazione di arte e cultura, dove convenivano scalpellini e artigiani di valore, maestranze locali e napoletane. Intorno alla Certosa – che oggi ospita una quindicina di monaci – sono fiorite leggende, persino Leonardo Sciascia ipotizzò che il fisico Ettore Majorana, scomparso nel 1938, vi si fosse nascosto per sfuggire al mondo, e forse anche per sottrarsi al peso terribile di dover far parte del gruppo di scienziati che avrebbe messo a punto la bomba atomica.             Ripresa la strada (lasciando in zona, perchè non si può vedere tutto, un sito di archeologia industriale, la Ferriera Ferdinandea di Mongiana, e la tenuta boschiva sede di produzione della Mangiatorella , acqua minerale molto diffusa non solo in Calabria), ecco la magnifica Cattolica di Stilo, greco-bizantina, in alto, con il borgo che si distende ai suoi piedi. La sosta si prolunga e ne approfittiamo per accaparrarci souvenir calabresi a base di bergamotto. La statua di Tommaso Campanella nella piazzetta del paese ci ricorda che qui ebbe i natali l’illustre filosofo, anticipatore del pensiero moderno. Poi l’approdo all’ Hotel Kennedy di Roccella Jonica che ci accoglie in modo squisito, con un’ottima cena, finalmente possiamo rilassarci sorseggiando il vino di Roccella, l’Anfisya, nonostante una comitiva numerosa e rumorosa a noi contigua ci renda difficoltosa la conversazione. Molto gentilmente lo staff ci viene incontro mettendoci a disposizione una saletta appartata dove possiamo tanquillamente concludere la nostra serata scambiandoci le impressioni del primo giorno di viaggio in Calabria

Venerdi 18 maggio

Mentre andiamo verso Locri leggo, nelle pagine di cronaca di un giornale locale, la recensione di un libro da poco dato alle stampe, La maligredi: L’autore è Gioacchino Criaco e racconta la sua Calabria, anzi una pagina di storia sconosciuta, il ’68 in Aspromonte e i suoi straordinari protagonisti. Davanti al Museo Archeologico di Locri incontriamo Daniela Strippoli, la nostra guida, che dopo una breve introduzione storica ci conduce all’interno dell’area archeologica di Locri Epizefiri. Ricordo di avere visitato un piccolo Antiquarium molti anni fa, oggi questo Museo espone reperti di eccezionale bellezza, come i Pinakes in terracotta raffiguranti scene relative al mito di Persefone; ignoravo anche che da quest’area, e precisamente dal tempio di Afrodite in contrada Marasà, proviene il celeberrimo Trono Ludovisi oggi nei musei di palazzo Altemps a Roma.

Da Locri a Gerace. Il divertente trenino della signora Giovanna ci risparmia la fatica di scarpinare fino alla parte alta del borgo medievale, affacciato su un ampio panorama, entrato nel club esclusivo dei borghi più belli d’Italia. Nella piazza delle tre chiese visitiamo San Francesco. All’esterno il maestoso portale gotico con motivi di matrice islamica sasanide,  all’ interno il fastoso altare barocco in marmo policromo (interessanti le formelle raffiguranti la chiesa  e lo sparviero –  in greco ierax – che secondo la leggenda avrebbe guidato i locresi,  inseguiti dai saraceni,  verso la rocca di Gerace, donde il nome dato alla città); infine il sarcofago di Nicola Ruffo di Calabria, opera di  botteghe napoletane di età angioina molto simile ai monumenti napoletani di Tino da Camaino.  Le altre due chiese affacciantesi nella piazza sono al momento chiuse, ma Daniela ci precisa che San Giovannello fu forse in antico una sinagoga, e qui fiorì una colonia ebraica tra le più importanti in terra calabra. Merita una visita approfondita l’antica e maestosa Cattedrale, prima bizantina poi normanna. Dalla cripta (che ospita anche un piccolo museo-reliquiario, con pezzi notevoli, come il  busto settecentesco in argento di Santa Veneranda) e che ha  colonne tutte diverse una dall’altra,  in porfido, o color rosa, o scanalate etc., si passa al livello superiore, con le tre ampie navate divise da due file di colonne, le cappelle, i bassorilievi, i sarcofaghi, la cupola con le trombe d’angolo a pennacchi (secondo un’ antica tradizione armena) , e tra l’altro un’opera ad altorilievo cinquecentesco, della quale Daniela, la nostra guida,  dà una sua lettura personale cogliendo alcune incongruenze che la portano a dubitare dell’ attribuzione ad  Antonello Gagini scultore  proposta da alcuni studiosi. Dopo la sosta pranzo al Caffè della Cattedrale (una piadina vegetariana e una gustosa granita al bergamotto) riprende il nostro giro tra le stradine del borgo, con soste ammirate negli angoli più suggestivi e un incontro con un milanese che si è innamorato di questo luogo decidendo di venirci a vivere.

Scendiamo con il pulmann a rotta di collo verso la statale jonica, per evitare a Daniela di perdere il treno che la riporterà a casa. A Brancaleone Carmine Verduci ci porta alla casa in cui il regime fascista confinò Cesare Pavese nell’agosto del 1935; arriva alla stazione con due carabinieri, condannato a tre anni di confino ma due anni gli vengono condonati. La sua stanzetta è come se l’avesse lasciata poco tempo fa; il cortile, il giardino, al di là la ferrovia, poi il mare, da lui considerato la quarta parete del carcere. “Del mare ho fatto la mia sputacchiera” scrive ad Augusto Monti suo professore al Liceo D’Azeglio. Nelle lettere alla sorella scrive”la gente di questi paesi è di un tatto e di una cortesia che hanno una sola spiegazione: qui una volta la civiltà era greca”; tiene ai giovani lezioni di latino e greco; qui inizia a scrivere il suo diario 1935-1950, Il mestiere di vivere. Nella chiacchierata che conclude la nostra visita scopriamo  che a Brancaleone alcune persone illuminate insieme a Carmine e  ai privati che hanno comprato la casa di Pavese, progettano e producono eventi e  iniziative di valorizzazione (le giornate pavesiane, un parco letterario allo stato embrionale, la biblioteca comunale intitolata a Pavese etc.) mantenendo contatti con la fondazione Cesare Pavese di Santo Stefano Belbo.

Da stasera saremo per due notti all’ Hotel Altalia di Brancaleone. La cena ci riserva un invitante risotto al profumo di bergamotto e ottimo pesce.

Sabato 19 maggio

Noemi Evoli, guida ufficiale del Parco d’Aspromonte, resterà con noi oggi e domani e fino al termine del nostro viaggio nella Calabria greca. Oggi siamo in Bovesia, la Calabria grecanica, e Bova ne è la capitale. Poco lontano da qui, a Bova Marina, il ritrovamento di resti della sinagoga più antica in Occidente, dopo quella di Ostia antica, ha portato a nuove ipotesi sulla presenza ebraica in Calabria. Noemi ci illustra storia, tradizioni e feste popolari, (le Pupazze della Domenica delle Palme a Bova, la Varia a Palmi e tanto altro).  Il giro del paese parte da piazza Roma, su cui si fronteggiano palazzo Nesci e palazzo Marzano, appartenenti a due famiglie rivali (del primo, in pietra di colore rossiccio, si favoleggia fosse stato eretto con malta impastata col vino; il secondo ospita oggigiorno la sede del Municipio). Lungo il percorso ci imbattiamo in un affascinante museo della civiltà contadina a cielo aperto, ideato e realizzato da un imprenditore nativo di Bova, Saverio Micheletta, tornato nel paese d’ origine per promuoverne la valorizzazione. Poco più oltre, sulla soglia della piccola chiesa dello Spirito Santo ci accoglie con vivace comunicativa un diacono, che si definisce birituale latino e greco-bizantino (come a Chevetogne). Padre di nove figli (più tre in affido), discorrendo con noi ci racconta la storia di San Leo, che si fece monaco basiliano, e che nel santuario a lui dedicato è raffigurato con la scure di boscaiolo e con la pece che estraeva dagli alberi e che   miracolosamente si trasformava in pane per i poveri. Pian piano poi si sale al Santuario di San Leo (dall’alto ammiriamo il panorama incantevole), santo venerato sia qui sia ad Africo, che ne fa il suo patrono insieme a Bova e ne condivide le reliquie. Ma Africo – argomenta Noemi – è forse il più abbandonato e isolato paese di Aspromonte (si pensi ai collegamenti tradizionalmente assicurati da mulattiere); isolamento che però, in generale, ha contribuito alla sopravvivenza della cultura greca.  Oggi, grazie a associazionismo e volontariato, le comunità sono riuscite a riprendersi. Un episodio significativo: il preside Minuto sente gli alunni parlottare greco, subito però azzittiscono come se fosse una vergogna da nascondere. La completa latinizzazione, con la fine del rito greco, si fa generalmente risalire al 1571. La Cattedrale, nel punto più alto del paese, e collegata con la punta rocciosa su cui sorgeva l’antico castello, era originariamente di impianto normanno, ma appare  ricostruita in epoca recente, avendo subito  terremoti devastanti.

Al momento di salire sul pulmann, il sindaco, Santo Casile, si congeda da noi così: Fate cose buone e andate in pace. Ma la bellissima Bova ci riserva ancora uno dei piatti forti del nostro viaggio, dedicato alle lingue minoritarie: il museo della lingua greco-calabra Gerhard Rohlfs. Di lui ormai già in età avanzata mi resta un ricordo molto nitido, negli anni precedenti al mio trasferimento da Brindisi a Bari, nei frequenti incontri in cui l’illustre studioso veniva invitato (di qua e di là, molto spesso alla biblioteca De Leo) a conferire sui suoi studi, offrendo all’uditorio gemme di sapienza e di semplice e cordiale umanità. E’ bello ritrovare in questo piccolo ma ricco e documentato museo le tracce del lavoro immenso di questo tedesco che si spinse attraverso lo studio dei dialetti molto più avanti di tanti italiani nell’analisi delle più remote fonti culturali del nostro Meridione. Tanto da intrecciare con la gente di questi luoghi profondi legami di amicizia! Qui ritroviamo tutto il lessico di antichi costumi e tradizioni popolari (immancabili pupazze, musulupa e simili) e per finire le splendide fotografie scattate dallo stesso Rohlfs nei suoi goethiani viaggi in Italia, dove alle figure femminili si sostituiscono   uomini travestiti con l’intento di preservare le donne di famiglia dall’esposizione (peccaminosa!) in pubblico.

Del pranzo grecanico della Cooperativa San Leo, tutto buonissimo e genuino, e condito da un’atmosfera indimenticabile di ospitalità e accoglienza, ricorderò la lestopitta, sorta di frittella fatta con un impasto semplice a base di acqua e farina, che piace a tutti. Ci facciamo dare la ricetta per rifarla a casa ma i risultati, chissà….

Mentre la strada si inerpica verso Pentedattilo, Noemi ci racconta del suo impegno di lotta nel movimento No Carbone per opporsi alla costruzione di una centrale a carbone nel territorio della provincia di Reggio Calabria.  Pentedattilo, appollaiata sulla roccia, è una mano ciclopica dalle cinque dita. Ne scriveva così Edward Lear, in Diario di un viaggio a piedi: La visione è così magica che compensa di ogni fatica sopportata per raggiungerla .. selvagge e aride guglie di pietra lanciate nell’aria in forma di una gigantesca mano contro il cielo…mentre l’oscurità e il terrore gravano su tutto l’abisso circostante. Dal terremoto del 1783 in poi è stata progressivamente abbandonata, ma oggi, riscoperta da giovani e associazioni, Pentedattilo va conoscendo una nuova giovinezza grazie anche al contributo di volontari provenienti da tutta Europa. Non è un caso che per le sue stradine ci imbattiamo ben presto in una simpatica signora francese che qui si è trovata una casa ed è seriamente intenzionata a venirci a vivere. Noemi ci impartisce pillole di storia (importante centro greco-romano in posizione strategica. dominazione bizantina. poi normanna poi le baronie la strage degli Alberti etc..) e noi ci muoviamo tra le piccole botteghe artigiane, che espongono i caratteristici tessuti fatti con la comune ginestra (e non con la ginestra dei carbonai), la chiesetta dei santi Pietro e Paolo, il bar dove ci offrono, senza nulla chiedere in cambio, un goccio di Kephas (digestivo a base di alloro, liquirizia e finocchietto).

Stasera, dopo cena, il programmato incontro con Carmine Verduci e Sebastiano Stranges, studioso di civiltà armena, con proiezione di filmati sul territorio della Calabria greca.

Domenica 20 maggio

Lasciata Brancaleone (che tra le sue attrazioni comprende il centro di recupero e nidificazione delle tartarughe marine), riprendiamo la strada costiera, ripassando sotto il faro di Capo Spartivento, tra un susseguirsi di filari di alberi di bergamotto, per poi inoltrarci nell’interno tra le foreste dell’Aspromonte. C’è un po’ di foschia, sì da intravedere appena il profilo dell’Etna. L’ultima meta in terra calabra è il Cippo Garibaldi a Gambarie, che ricorda l’episodio successivo alla spedizione dei Mille (1862) quando Garibaldi, nell’intento di raggiungere Roma con un manipolo di volontari (al grido di O Roma o Morte), nello scontro con le truppe piemontesi viene ferito in Aspromonte (e sembra che i medici garibaldini con grande perizia gli abbiano salvato la gamba). Oltre che il mausoleo (nel complesso assai poco interessante) osserviamo anche a distanza ravvicinata il pino larice dove l’eroe dei due mondi venne adagiato; albero che si presenta con un profondo incavo, probabilmente fatto per la raccolta della pece anticamente usata come combustibile.

E, dulcis in fundo, il pranzo nel ristorante Bucaneve a Gambarie, prima di riprendere la strada del ritorno.

* Vecchia Calabria (Norman Douglas)

* Recherche (docu Calabria presentato a Cannes

* Edward Lear, Diario di un viaggio a piedi

 

Diario di viaggio. Venezia: la biennale e le isole della Laguna

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 Diario di viaggio

VENEZIA: La Biennale e le Isole della Laguna

24-28 ottobre 2017

A cura di Angela Mengano

Martedi 24 ottobre 2017

Partenza alle 7,30 per Castrocaro Terme; siamo 32. Pausa caffè in zona Val di Sangro, pausa snack in zona Piceno, poi lasciamo l’autostrada a Forlì e – prima di raggiungere Castrocaro – sostiamo all’interno di Terra del Sole, la città fortificata voluta da Cosimo I de Medici nella Romagna toscana per la difesa dei confini del Granducato. Nella grande piazza un abitante del borgo dispensa al gruppo un pò di notizie storiche; scopriamo, sui due lati opposti della Piazza d’Armi, la piccola chiesa di Santa Reparata e il bel cortile del Palazzo Pretorio. Ricorderemo però la sosta di Castrocaro perché ci ha dato modo di immergerci nella speciale atmosfera del Grand Hotel Terme che nel pomeriggio abbiamo potuto ammirare in tutta la sua raffinatezza, anche grazie alla visita guidata organizzata per noi dalla direzione, dai saloni al romantico parco, tra alberi secolari, sculture di pietra, fontanelle sgorganti acqua termale, il magnifico Padiglione delle Feste decorato – come molti altri ambienti interni – da Tito Chini nel più puro Art Decò, fino agli altri spazi (piscine, palestre) progettati per il relax e il benessere degli ospiti. Una cena raffinata, con spuma di ricotta ai pistacchi e prosciutto, tortelli integrali in salsa di zucca e guancia di mora romagnola, scottona con spuma di patate viola al vino e porcini, bavarese di cachi.  E dopo, nel bar dell’albergo, ci “scateniamo” nel ballo, facendo corona al musicista di turno che, incoraggiato dalle nostre richieste, spazia in un variegato repertorio senza trascurare le più belle canzoni di ogni parte del globo.

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 Mercoledi 25 ottobre

Il nostro viaggio prosegue verso Mestre e l’Hotel Alexander, lo stesso che ci ospitò qualche anno fa nella tappa di avvicinamento a Cracovia.

Nel primo pomeriggio ci raggiunge Stefania Colecchia, la guida – preziosa e competente – che resterà con noi nei tre giorni che abbiamo programmato per la visita di Venezia, della Biennale di Arte Contemporanea e di alcune isole, scelte con cura tra quelle che ai nostri occhi sembrano avere qualcosa in più da raccontare e sicuramente tra le meno appetite dal turismo di massa. La base di partenza è il Tronchetto, e di là una motobarca privata ci porta fino all’Arsenale, attraverso il Canale della Giudecca, così da cogliere una prima immagine di Venezia. Poi l’immersione nel grande fluire della Biennale d’Arte 2017, titolo scelto “Viva Arte Viva”. Curata dalla francese Christine Macel, ci offre un caleidoscopio di proposte tra creatività e solidarietà. Allarghiamo lo sguardo oltre ogni limite possibile, per incrociare altri sguardi, altre visioni, altri temi, altri luoghi, meditare, e proseguire, perché c’è tanto, e anche le performances, allora è inevitabile selezionare e memorizzare, ciascuno secondo la propria sensibilità, intercettando quanto si trova sulla propria lunghezza d’onda. Qui sono ospitati sette dei nove superpadiglioni (gli altri due li vedremo domattina ai Giardini).  In apertura, nel Padiglione dello Spazio Comune, i libri di Maria Lai; le sculture di stoffa di Franz Erhard Walther, premiato col Leone d’Oro; le scarpe fiorite di Michel Blazy, i gomitoli colorati di Sheila Hicks. Nel Padiglione degli Sciamani ci sdraiamo in meditazione nell’enorme tenda-ragnatela di Ernesto Neto, cullate da musiche ipnotiche. Si prosegue tra lo spaesante labirinto di specchi della polacca Alicja Kwade  e il padiglione argentino con le sculture monumentali di Claudia Fontes (una ragazza che accarezza un cavallo imbizzarrito, un ragazzo accovacciato, mentre dal cielo piovono rocce) (fig.19). Nel  Padiglione Italia (il titolo “ Il mondo magico”, è un chiaro omaggio a Ernesto De Martino), tre allestimenti che suggeriscono una riflessione complessa e multiforme: l’inquietante Imitazione di Cristo, di Roberto Cuoghi, tra ascesi medievale e nuovo materialismo tecnologico; la video installazione The reading – La seduta,  della italo-libica Adelita Husni-Bey, che affronta con un taglio antropologico problemi focali della contemporaneità;  e la straniante Senza titolo (La fine del mondo) di Giorgio Andreotta Calò, tutta giocata sull’ ambiguità spaziale, “illusoria cattedrale” come è stata definita da Alessandra Mammì dell’Espresso.

All’uscita dagli spazi della Biennale, sulla via del ritorno, diamo un’occhiata (solo dall’esterno) alla  Basilica  di San Pietro di Castello, importante per la storia di Venezia, forse fondata nel VII secolo, ma completamente ricostruita; vi si trova, ci fa notare la nostra guida Stefania, la cattedra di San Pietro, ricavata da un’antica stele islamica con  iscrizioni del Corano a caratteri cufici, e che si dice appartenuta allo stesso apostolo quando era vescovo di Antiochia e donata al Doge dell’epoca dall’imperatore d’Oriente. Riprendiamo la strada verso il nostro imbarcadero, attraversando la via Garibaldi, strada veneziana atipicamente lunga e larga, una delle poche a Venezia a chiamarsi via e non calle.

Stasera, dopo cena, non ci possiamo naturalmente far mancare un’accesa e appassionata discussione su tutto quello che abbiamo visto all’Arsenale e che ha suscitato in ognuno di noi diverse emozioni.

 

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Giovedi 26 ottobre

Una provvidenziale distrazione sugli svincoli da imboccare in direzione di Venezia permette alla sapiente Stefania di attirare la nostra attenzione sulla zona industriale di Marghera e sull’avveniristico porto. Al Tronchetto ci imbarchiamo, come ieri, per l’Arsenale. Dal Canale della Giudecca al Canale di San Marco, prendiamo nota: del Ponte dei Pugni, dove anticamente Nicolotti e Arsenalotti  si scontravano a ritmo di pugni; della chiesa di San Sebastiano, dove è sepolto Paolo Veronese; della Pensione Calcina, cara  a  John Ruskin e a Francesco Maria Piave (il librettista prediletto di Verdi) ma anche in tempi più recenti a Ornella Vanoni e Carlo Rubbia; delle Fondamenta degli Incurabili, care a Josip Brodskij,  sepolto a Venezia  nel cimitero di San Michele, insieme a tanti altri illustri (Ezra Pound, Sergei Diaghilev, Igor Stravinskij…); della trattoria Altanella alla Giudecca, frequentata da Hemingway, Guttuso e Luigi Nono; del Londra Palace dove una  lapide  ricorda che Čiajkovskij vi compose la sua struggente quarta Sinfonia. Prendiamo nota, infine, anche di un ricordo personale di Stefania, quando passiamo in vista della casa di una sua carissima zia che le preparava delle frittelle buonissime.

Sbarchiamo all’altezza dell’Arsenale e con una breve passeggiata raggiungiamo i Giardini, per la visita a un altro pezzo della Biennale. Qui  gli ultimi due Superpadiglioni (dei nove  complessivi) dopo i sette visti ieri all’Arsenale: il Padiglione degli artisti e dei libri (Olafur Eliasson e il suo progetto Green Light,  workshop di ecolampade in vendita  con  ricavi da destinare a una serie di ONG che si occupano di accoglienza ai rifugiati in ogni parte del mondo; Edi Rama, artista e politico albanese; Hassan Sharif e il suo Supermarket  ipercolorato-protesta contro la voracità del consumismo espositivo), e il Padiglione  delle gioie e delle paure (tanti artisti, uno/a  fra tutti  Hajra Waheed  con See Change, una serie infinita di immagini,  onde che forse hanno inghiottito dispersi in mare….). Si continua poi con una drastica selezione tra gli 86 padiglioni nazionali. Da segnalare Francia, tutto imperniato sull’esperienza del suono Gran Bretagna, contrassegnato già all’esterno dalle palle di Natale giganti di Phyllida Barlow, figlia del pronipote di Darwin; Russia; Paesi Nordici; USA. Alcuni padiglioni molto belli e scenografici come quello dell’Ungheria; molti d’epoca, e d’autore, come il finlandese progettato da Alvar Aalto.  Finita la visita, pausa ristoro nel bar dei Giardini. Ci aspetta ora una nuova meta, Treasures from the Wreck of the Unbelievable, la molto chiacchierata megamostra di Damien Hirst, preceduta da un martellante battage pubblicitario, evento collaterale alla Biennale, tra Punta della Dogana e Palazzo Grassi, location splendide che già da sole possono decretare il successo interplanetario di una mostra. Si aggiunga poi la fantasia scatenata del suddetto: genio dell’arte o del marketing? ai posteri l’ardua sentenza.  All’uscita il gruppo si spacca in due, tra chi – come me – continua la visita alla mostra di Damien Hirst nella sezione di Palazzo Grassi, (spettacolare il Demon with Bowl, gigantesca statua di altezza – 18 metri- pressochè pari a quella del palazzo) e chi preferisce fare una rilassante sosta al bar della Pensione Calcina.

Prima di imbarcarci per il ritorno alla base, un buonissimo gelato da Nico, in zona Gesuati. Poi il ritorno in albergo per la cena, allietata stasera dalla gradita presenza di Michele e Sandra, carissimiamici di Lucia e adesso anche miei.

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Venerdi 27 ottobre

 Giornata dedicata alle isole. La prima é San Giorgio, che ospita in questo momento occasioni imperdibili: Michelangelo Pistoletto, al quale ci eravamo avvicinati a Biella nella sua Fondazione, è ora presente qui con “One and one makes three”. Colpisce ed emoziona al centro della Basilica di San Giorgio una installazione circolare, nient’altro che una serie di specchi che ognuno può attraversare intrigato dalla scritta “Amare le differenze” in tutte le lingue, una riflessione sul   conflitto tra religioni, accettazione delle differenze, multiculturalità. Proseguendo nel percorso, la Sala del Capitolo è interamente occupata dall’opera “Il tempo del giudizio”: le quattro religioni, cristiana buddista ebraica ed islamica messe a confronto con i rispettivi simboli – elemento unificante, lo specchio. Fino a una rassegna ricca e ben rappresentata dell’opera intera dell’artista nella sua evoluzione dagli esordi ad oggi (1960-2017). Notevoli tra gli altri i Quadri specchianti dedicati alla società cubana. Usciamo dalla basilica di San Giorgio e, dopo una pausa caffè nel bar contiguo, eccoci pronti ad ammirare la raffinata arte vetraria nella produzione dei vetri di Murano del Novecento, nell’opera di Vittorio Zecchin. La mostra “Vittorio Zecchin. I vetri trasparenti per Cappellini e Venini” organizzata nell’ambito del progetto culturale pluriennale “Le stanze del vetro” avviato dalla Fondazione Cini ci dà modo di conoscere la figura di questo grande protagonista del vetro del Novecento. All’esterno dell’edificio che ospita l’esposizione, l’installazione dell’americana Pae White, Qwalala, muro ricurvo lungo 75 metri, realizzato con mattoni di vetro multicolori.

Seconda isola, San Servolo: prima monastero benedettino, in seguito ospedale militare, fino ad essere, a partire dal 1725, ricovero per malati di mente. Oggi ospita varie istituzioni culturali e universitarie, tra cui la Fondazione Franco e Franca Basaglia. Il Museo della Follia, nato nel 2006 dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici in esecuzione della legge 180 del 1978, racconta la storia della psichiatria attraverso gli strumenti usati per trattare i pazienti, mettendo bene in evidenza la dimensione emarginante e segregante dell’istituzione manicomiale. E’anche documentato che qui è nata la musicoterapia. Molto bella la storica farmacia con una strepitosa collezione di vasi farmaceutici, tutti con il sigillo del Leone di S. Marco.

Dopo l’aperitivo con spritz e patatine in pieno sole, riprendiamo a scorrazzare in laguna. Terza isola, San Lazzaro degli Armeni con il suo Monastero. Qui esattamente trecento anni fa (nel 2015 l’isola é stata sede del padiglione armeno della Biennale, Leone d’Oro in quella edizione) un gruppo di padri armeni capeggiati da Mechitar, trova accoglienza per sfuggire a persecuzioni e all’ invasione ottomana, per graziosa concessione del governo veneziano. Grazie a loro la piccola isola veneziana diventa centro culturale della diaspora armena. Una guida,  molto preparata, ci accompagna alla scoperta dei tesori custoditi nella chiesa, nel museo (dipinti, oggetti preziosi ma anche curiosi, come la Palla di Canton, pezzo unico in avorio che contiene al suo interno 14 sfere concentriche opera di un monaco buddista; una scultura in gesso del Canova raffigurante il figlio del Bonaparte, una mummia egizia con sarcofago, perfettamente conservata, e molto altro) e nella biblioteca, oggi considerata la più importante collezione di manoscritti armeni conservati in Occidente. Una targa nel cortile ricorda che qui Lord Byron ebbe a dedicarsi allo studio della lingua armena. Una segnalazione letteraria ad hoc di Stefania: Sotto un cielo indifferente, di Vasken Berberian (Sperling&Kupfer).

Allo sbarco a Cornoldi, sulla riva degli Schiavoni, resta ancora un po’ di tempo prima del ritorno in albergo, da dedicare: alla mostra di Safet Zec nella chiesa della Pietà sul tema delle migrazioni; alle “Mani” giganti di Lorenzo Quinn, visione emergente dalle acque del Canal Grande; e a uno spritz per salutare Venezia.

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Sabato 28 ottobre

Lasciata Mestre e l’hotel Alexander, ripartiamo con destinazione Bari, sostando a Cervia (l’antica Ficocle).  Collocato all’interno del Magazzino del Sale-Torre, il MUSA, Museo del Sale, nato per volontà del Gruppo Civiltà Salinara, racconta la città di Cervia attraverso il protagonista assoluto della sua storia e della sua economia sin dalla notte dei tempi, il sale. Una guida ci accompagna lungo il percorso museale illustrandoci con ricchezza di particolari il valore storico e culturale delle attività connesse all’estrazione e lavorazione del sale, mostrandoci e commentando argutamente utensili, attrezzi e documenti esposti, fino all’ultima sala occupata al centro dalla grande Burchiella (imbarcazione per trasporto del sale) originale. Il sale era “l’oro bianco” e veniva gelosamente difeso dalle incursioni di pirati e saraceni dall’alto della Torre a suon di colpi di cannone. Prezioso perchè usato – oltrechè per conservare i cibi – come “moneta” (donde “salario” e anche via “Salaria”, così chiamata perchè usata per il trasporto del sale dalle coste adriatiche a Roma). Scopriamo anche che i fenicotteri rosa acquistano il loro colore mangiando un piccolo crostaceo, l’Artemia salina. La comunità di Cervia ha lottato per mantenere ancora in vita la produzione del sale, condannata a decadere a causa del processo di industrializzazione. Oggi nell’antica salina Camillone, ultima salina artigianale ancora attiva, si produce un sale riconosciuto presidio Slow Food, sale “dolce” per una limitata presenza dei sali amari che ne rende gradevole il sapore. Alla fine della visita ci verrà gentilmente fatto omaggio di un campione di questo prezioso sale.

Conclusa la visita del MUSA, gran finale con il pranzo molto apprezzato da tutti noi presso le Officine del Sale, storico edificio di recente recupero: il pesce adagiato su una mattonella di sale di Cervia resterà a lungo impresso nella memoria.

Da Cervia a Bari scacciamo la noia del lungo tragitto con una riflessione collettiva sulla Biennale di Venezia. Riporto, in sintesi e nella speranza di non tradirne il senso, alcune impressioni sull’arte contemporanea: “ sono perplessa perchè per me l’arte é bellezza anche se c’è creatività apprezzabile; ma quello che ho visto non appartiene alle mie categorie estetiche ” (Rachele); “ho trovato non più il bello nel senso arcadico ma condivisione e una forte dimensione di umanità” (Teresa); “occasione di confronto con l’arte contemporanea ma anche momenti raccapriccianti (nel padiglione italiano) e anche cose inspiegabili: quale il significato nel padiglione giapponese di mazza scopa e ragnetto? L’arte a me deve comunicare emozioni, altrimenti non mi va (Elisa).

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Viaggio a Ventotene 8 -11 giugno 2017

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 Diario di viaggio

Ventotene: l’isola di Spinelli ed il sogno europeo.

8-11 giugno 2017

A cura di Angela Mengano

 Giovedi 8 giugno

Verso Ventotene, l’isola di Altiero Spinelli e del sogno europeo. Siamo 38; partiamo tra le 7.30 e le 8:00 da largo Sorrentino e largo 2 Giugno. Arrivati a  Gaeta verso l’una,  scendiamo  all’hotel  Mirasole, collocato tra la baia di Serapo e il promontorio di Monte Orlando.  Scendiamo in paese ; la comitiva si disperde nei vari localini al lungomare;  io, essendomi  già rifocillata a sufficienza durante il viaggio  con focaccia home-made  vado alla ricerca di un bar per il caffè. Mi dicono di provare in via Indipendenza, lunghissima  via  storica che attraversa in lungo la città di Gaeta, ma il caffè Santos è chiuso.

La visita con Lorenzo, guida locale,  parte dal Santuario della Santissima Trinità o della Montagna Spaccata, ai piedi del monte Orlando.  Fondato nell’XI° secolo  dai Benedettini e oggi sede dei missionari del PIME, è meta di pellegrinaggi per l’intreccio di sentimenti devozionali e leggende: le fenditure nella montagna  che si spaccò secondo la leggenda alla  morte di Cristo;  strane  forme della roccia viste come “la mano del turco”, cioè di colui che non volle credere a quell’interpretazione  miracolistica . Il luogo è davvero suggestivo ; grande fu la sua fama, talmente diffusa, anche in Spagna, che perfino Cervantes ne fa cenno nel Don  Chisciotte.  Siamo nella Riviera di Ulisse, che prende nome dall’episodio omerico dell’eroe greco trattenuto da Circe su queste sponde;  magnifici panorami si offrono al nostro sguardo. Alla mia memoria, grazie a Emilia Cafiero, che ha origini napoletane, affiorano ricordi:  era  forse il  Damiani, il lido nei pressi di Pozzuoli,  dove andavo a fare il bagno  ai tempi dell’Università nei primi anni ‘60 ?  Vi  si arrivava appunto attraverso un lungo e stretto tunnel, anche in quel caso il luogo aveva il nome di Montagna Spaccata. Ritorniamo sul lungomare Caboto,  intitolato al grande navigatore,  originario di Gaeta,  scopritore del Canada.

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Il paesaggio  è dominato  dalla  imponente mole del Castello, che fu  prima fortezza militare poi carcere.  Sul lungomare sorge l’antica chiesa dell’ Annunziata , gotica ma con sovrapposizioni barocche, dove possiamo ammirare  l’altare marmoreo  coronato dal  cinquecentesco polittico  di Andrea Sabatini da Salerno con l’Annunciazione, la Dormitio e l’Assunzione;  il coro ligneo; il  sarcofago quattrocentesco di Enrico Caracciolo, notevole esempio di arte gotica e – dulcis in fundo – la Cappella d’Oro, con volte a botte decorate in blu e oro, dove papa Pio IX, in esilio a Gaeta dopo l’instaurazione della Repubblica Romana,  ispirato dal dipinto della Vergine Immacolata opera del  Pulzone, avrebbe formulato le sue teorie sul dogma dell’Immacolata Concezione  (nonché sull’ infallibilità papale).  Visitiamo poi la Cattedrale , molto rimaneggiata ma con un bellissimo campanile in stile siculo- normanno e  bassorilievi provenienti dall’antico pulpito. Non abbiamo molto tempo, ci piacerebbe visitare anche la chiesa di San Francesco, in posizione alta e dominante,  ma Lorenzo  ci dice che l’interno non presenta elementi di interesse.   Decidiamo di tornare a piedi in albergo, dove ci aspetta una succulenta cena con “riminesi” cozze e gamberi, branzino con  patate e bietola e un’ottima panna cotta ai frutti di bosco. Concludiamo la serata con una breve passeggiata sul lungomare di Serapo.

Venerdi 9 giugno

Prima colazione: piccolo equivoco tra caffè lungo (da me erroneamente ordinato) e americano (quello che in effetti  volevo). La giornata è dedicata a Ventotene, ci accompagna la guida da noi contattata, Linda Contreras,  molto preparata e molto in gamba . Dobbiamo raggiungere  Formia per imbarcarci a bordo del traghetto SNAV  che in due ore ci porterà a destinazione.  Siamo “confinati “ in coperta, ma riusciamo a seguire le fasi dell’avvicinamento all’isola  attraverso uno schermo posto davanti a noi al centro del salone-ponte. Allo sbarco  nel porto  alziamo lo sguardo verso l’ammasso tufaceo di Punta Eolo,  dove sono ben visibili i segni dell’area archeologica su cui sorgeva, in età romana, la villa imperiale  (Villa Giulia)  destinata al “confino”  di esponenti della famiglia imperiale, a partire da Giulia figlia di Augusto,  relegata a Ventotene per violazione della lex iulia sulla moralizzazione pubblica, emanata da Augusto nel 18 a.C. . Luogo di confino rimase Ventotene sino ai nostri giorni. Ma il confino serve anche a creare il distacco, il silenzio, il pensiero: qui è nata l’idea di Europa, con Ernesto Rossi , Eugenio Colorni , e Altiero Spinelli, che nel piccolo cimitero di Ventotene volle essere sepolto . Da una  scenografica settecentesca  rampa a zig zag raggiungiamo una delle due piazze principali dell’isola, in cui si trova la chiesa di Santa Candida, la patrona di Ventotene che il 20 settembre è festeggiata con processioni, fuochi d’artificio  e mongolfiere multicolori  librate nell’aria, il tutto immortalato da Paolo Virzì nel film “Ferie d’ agosto”.  Poi l’atteso  e pregustato incontro con Fabio Masi , che ci accoglie nella  bella libreria posta al centro della piazza principale, dominata dal Castello oggi sede municipale.

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Creatore di una casa editrice – con sede a Genova –  che pubblica solo testi riguardanti le due isole di Ponza e Ventotene e a cui ha dato il nome di “L’ultima spiaggia”, lo stesso della libreria, ci racconta la sua esperienza, e il Manifesto scritto da Altiero Spinelli tra il ’41 e il ’44 è al centro del suo dire.  Lo salutiamo con la promessa di ritornare, e andiamo nella poco lontana Terrazza da Mimì , affacciata a strapiombo sulla spiaggia. Carpacci  di pesce, saporite verdurine, e non manca  un assaggio delle gustose lenticchie isolane; il tutto innaffiato da un vivace prosecco.  Lo scenario è di incomparabile bellezza: in lontananza, il profilo dell’isolotto di Santo Stefano incombe con il suo carico di cupe reminiscenze. Colonia penale destinata agli ergastolani, durante il fascismo diventa luogo di confino per gli oppositori del regime;  là aveva finito  la sua vita Gaetano Bresci, l’anarchico che assassinò re Umberto I; e tra gli altri là aveva scontato la  pena  il brigante Carmine Crocco. Coraggiosamente, sotto il sole del primo pomeriggio affrontiamo la dorsale di via Olivi, che ci permette di avere un’idea dell’isola dall’alto, costeggiando ville alternate a orti  coltivati a lenticchie e scoprendo a poco a poco magnifici panorami. Qui, per poter coltivare  a dispetto del vento – ci spiega Linda – si fanno le “difese incannucciate”( ne parla anche Columella nel suo De re rustica)  E nella stradina che ci riporta alla piazza le targhe sulle case ricordano  i luoghi  un tempo frequentati dai confinati.

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Finiamo in bellezza con il giro in barca organizzato in quattro e quattr’otto dalla nostra bravissima guida, che prenota per noi due capaci imbarcazioni. Ed è così che, fatto il periplo di Ventotene, ci accostiamo al profilo del carcere di Santo Stefano, cogliendo il senso inquietante di questa forma architettonica a ferro di cavallo [panopticon] che – ideata verso la fine del secolo XVIII dal filosofo e giurista Jeremy Bentham  – permetteva al potere (con poche guardie) di controllare tutti i  reclusi senza che se ne rendessero conto. Tranquillo ritorno in traghetto sino a Formia, cena con le  gustosissime tielle locali (pizze rustiche ripiene di pesce) seguita dalle rituali quattro chiacchiere al fresco

Sabato 10 giugno

Stamattina percorriamo la via Flacca, la costiera che da Gaeta a Sperlonga è disseminata di torri ( sistema di fortificazioni – circa trecento – voluto da don Pietro da Toledo per la difesa delle coste del vicereame) in un susseguirsi di belle spiagge incastonate tra mare e montagna. La nostra prima meta – imperdibile – è il Museo Archeologico, nato dall’eccezionale ritrovamento che negli anni ‘50, durante la costruzione della strada litoranea, portò alla scoperta della sontuosa dimora e delle opere di straordinaria qualità artistica, quelle sculture  che dovevano ornare per volere di Tiberio l’immensa grotta annessa alla villa. Ridotte in mille frammenti forse per fanatismo religioso in sfregio a testimonianze di civiltà pagana, vennero poi ricomposte per formare l’attuale nucleo del museo, voluto dalla passione dei cittadini di Sperlonga scesi in piazza per  impedirne il trasporto nella capitale.   Sul gruppo scultoreo detto di Scilla si è trovata un’iscrizione che risale a certo Pasquino, ricco proprietario terracinese e poeta dilettante amico di Marziale; detta iscrizione fa attribuire l’opera, di squisita fattura, ai tre artisti, Agesandro, Atanodoro e Polidoro, autori anche, secondo Plinio il Vecchio, del Laocoonte conservato ai Musei Capitolini.  Luciana ci offre le sue riflessioni di studiosa sui rapporti tra scultura di  età  classica e moderna. E proseguiamo, in un crescendo di emozioni, davanti al gruppo dell’Accecamento di Polifemo, quasi interamente ricostruito ma ugualmente strabiliante; poi la Testa di Ulisse, nota al grande pubblico perché usata dal popolare programma televisivo di Alberto Angela  come immagine di apertura; Ganimede rapito dall’aquila; Diomede che porta via da Troia il Palladio… e così via. Attraverso un piccolo sentiero immerso nella vegetazione mediterranea scendiamo al sito della villa di Tiberio e alla Grotta con la piscina e la peschiera. Dopo il crollo delle rocce, nel 26 d.C., Tiberio non vi mette più piede e riprende a frequentare Villa Iovis a Capri. Lasciato il Museo, superata sulla destra la magnifica costruzione in pietra, casa di vacanze di Raf Vallone e della sua famiglia, (ma qui venivano d’estate anche, tra gli altri,  Rosetta Loy e Natalia Ginzburg)  proseguiamo per Sperlonga, bellissimo borgo a picco sul mare, ricco di angoli suggestivi: tra gli altri ci colpisce una parete affrescata  a mo’ di fumetto,  ispirata alla storia  romanzesca del tentato rapimento da parte del corsaro Khayr al-Din detto il Barbarossa ai danni della bellissima Giulia Gonzaga.

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Dopo la sosta a un caffè della piazzetta, decidiamo di tornare a Gaeta, in modo che ognuno di noi possa organizzarsi il pomeriggio liberamente e come meglio crede. Il gruppo si divide tra Museo Diocesano, via Indipendenza e passeggiata al monte Orlando; io scelgo la terza alternativa e in sette (con Elisa, Franca, Clara, Patrizia, Emanuella e Nicola) raggiungiamo attraverso sentieri ombrosi il punto più alto, coronato dal Mausoleo di Lucio Munazio Planco. Anche stasera la cena dell’albergo merita applausi: paccheri al  ragù di pesce,  fritto di alici e calamari, dolce al cacao amaro.  Conclusione elettrizzante con il nostro assalto collettivo al trenino turistico che in un crepitio di urla di entusiasmo e risate ci porta sferragliando nel cuore della movida del sabato sera.

Domenica 11 giugno

Siamo arrivati al giorno della partenza e anche stavolta vogliamo inserire nel viaggio di trasferimento qualcosa che valga la pena di conoscere. A Ventaroli, frazione di Carinola, facciamo, grazie alla preziosa e colta  guida dell’architetto Valente, una scoperta entusiasmante, la chiesa di Santa Maria in Foro Claudio,   basilica paleocristiana edificata  nel V-VI secolo sui resti di un tempio romano , poi chiesa romanica a tre navate, a lungo  sede episcopale sino al trasferimento a Carinola nel 1099. Funzionò come chiesa fino al XVIII secolo, poi venduta, e adibita a stalla….Gli affreschi, realizzati dal X al XVI secolo,  sono veramente notevoli: quelli dell’abside  fortemente bizantineggianti, ma con una vena popolaresca; al centro campeggia la Madonna e non Cristo Pantocratore, elemento questo che la distingue insieme alla vicina S. Angelo in Formis

La Madonna è raffigurata più volte nelle pareti (la più antica è quella nella navata sinistra); poi santi, santi a profusione, San Bernardo, San Nicola, San Leonardo e San Bartolomeo, curiosamente col coltello in mano. Un’altra scoperta degna di nota: sotto gli affreschi del catino absidale,  una sorta di tappezzeria decorativa di sconcertante modernità, affrescata  con elefantini che sostengono torri (potere episcopale – culto mariano), che  studiosi locali  fanno risalire  al ‘200.

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Alla fine, desta stupore e ammirazione la parete destra, affrescata con il Giudizio Universale e con le arti e mestieri, documento storico delle corporazioni medievali degli artigiani, illustrate con tanto di denominazione e di particolari curiosi (diavoletto sulle spalle, monito al mercante dell’esistenza di un giudizio finale).  E qui un’annotazione della nostra  guida:  Carinola,  città carceraria per vocazione, registra la presenza di 500-600 detenuti nel locale carcere, a lungo classificato anche come carcere di massima sicurezza.

Ritornati in paese, visitiamo Carinola, con begli edifici, come Palazzo Marzano, esempio di arte catalana, palazzo Petrucci Novelli, e la Cattedrale. Ma Carinola è anche il paese natale di Matilde Serao (nella nostra passeggiata ne costeggiamo la casa natale, purtroppo in condizioni di deplorevole abbandono) e di padre Michele Piccirillo, figura luminosa di francescano e archeologo, a cui si devono importanti ritrovamenti, tra  cui quelli sul  monte Nebo in Giordania (lo ricordo, anni addietro, in un indimenticabile incontro nell’Ateneo barese).

Teano è la tappa finale.  Da Ventotene a Teano. Tra questi due luoghi toccati dalla storia si è mosso il nostro viaggio.   A Teano, in attesa di visitare il Museo Archeologico, andiamo a pranzo nel Bistrot 26: ambiente arredato con tocchi originali, proposte gastronomiche del territorio,  molto curate, accoglienza di grande cortesia  e amabilità.

Dopo pranzo, la scoperta del Museo Archeologico. Molto interessante, ricavato all’interno del complesso monumentale tardo-gotico detto del Loggione e Cavallerizza, conserva i reperti, notevolissimi, del territorio dell’antica Teanum Sidicinum, abitata dagli Osci e dagli Ausoni, la cui presenza pare attestata dai vasi in bucchero rosso; le epigrafi preromane in lingua osca e  quelle in lingua latina (a Silla la nostra guida attribuisce la distruzione della cultura italica preromana); il mosaico del 4° secolo d.C. , trovato nel mausoleo della Gens Geminia in località S. Amasio, e  considerato come la più antica raffigurazione musiva dell’Epifania conosciuta al mondo. E, per finire,  la sezione dedicata al Teatro Romano, sembra,  identico a quello di Leptis Magna in Libia.

La Ferrara d’autore: con Ludovico Ariosto e Giorgio Bassani

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Diario di viaggio d’autunno

La Ferrara d’autore: con Ludovico Ariosto e Giorgio Bassani

14-17 ottobre 2016

a cura di Angela Mengano

Venerdì 14

Siamo una piccola brigata stavolta, con un pullman da 50 posti messo a disposizione dalla ditta Petruzzelli per 22 partecipanti: Lucia, io, Elisa, Imma, Adriana Pepe, Luciana Cusmano, Laura Carenza, Marta Attolini, Isa e Giorgio, Marisa Selvaggi, Mariangela Sportelli, Lalla e Tina Traini, Milena Cisternino, Adriana Lancieri, Clara Loiacono, Giovanna Bruno, Ersilia Marra, Franca Botrugno, Mariolina Passaro, Rachele Tateo; in serata, a Ferrara, si uniranno a noi Gisella Romanazzi e suo marito Renato. Prima pausa caffè a Chieuti. Lucia ci introduce al viaggio con letture scelte sull’opera di Ludovico Ariosto e sulla mostra allestita nel Palazzo dei Diamanti di Ferrara per i 500 anni dell’Orlando furioso e centrata sull’immaginario visivo dell’autore. In pullman ci scambiamo commenti sulle principali notizie del giorno, la morte di Dario Fo, il Nobel per la letteratura a Bob Dylan che ha fatto tanto discutere. Dopo la sosta pranzo al grill di Falconara Marittima proseguiamo per Bologna, accompagnati da pioggia scrosciante fino all’entrata nel MAMBO. La mostra “David Bowie is” è un viaggio affascinante -da percorrere con le cuffie- per immergersi nel mondo di un artista geniale a 360 gradi che lascia un segno indelebile del suo passaggio, mi verrebbe da definirlo “rinascimentale” se non fosse che uno come lui sfugge a qualsiasi tipo di catalogazione.

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Pensando a Nino Lavermicocca. Quando Taranto era Taras e Sibari Σύβαρις

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Diario di viaggio

Taranto – Sibari 

27 e 28 febbraio 2016

 “Pensando a Nino Lavermicocca . Quando Taranto era Taras e Sibari Σύβαρις”

La nostra escursione di due giorni nella Magna Grecia, nell’ultimo weekend di febbraio.

 

a cura di Angela Mengano e Isa Bergamini

Sabato 27 febbraio

Nel Chiostro medievale del convento di San Domenico Maggiore, nel cuore della città vecchia,

chiostro

ci attende, a Taranto, l’archeologa Gemma Russo per la visita alla mostra “Sulla strada 6500 anni fa. Ritratto di una società della Preistoria”. Curata dalle archeologhe Francesca Radina e Armanda Zingariello, la mostra propone una ricca documentazione degli scavi condotti sulla necropoli neolitica di Galliano venuta alla luce nel territorio di Palagiano durante i lavori dell’ANAS per l’ammodernamento della statale 106.

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Archeologia industriale nel Salento

Diari di viaggio, Itinerari viaggi 15-16 Nessun Commento »

Diario di viaggio

Archeologia industriale nel Salento

28-29 novembre 2015

a cura di Angela Mengano

Sabato 28 novembre

Una fredda seppur soleggiata mattina di fine novembre per conoscere alcuni segni significativi del patrimonio industriale nel territorio salentino. Antonio Monte, architetto e ricercatore, attento studioso della materia, ci aspetta a San Cesario di Lecce, in via Ferrovia, davanti all’ex distilleria De Giorgi, per introdurci negli ambienti ove prosperò (attiva fino al 1999) una industria che era un fiore all’occhiello per l’intera regione. I suoi liquori andavano in giro per il mondo: basti pensare alla scena di Casablanca in cui l’inconfondibile profilo della bottiglia di Anisetta De Giorgi è ben visibile sul bancone del bar a cui è appoggiato Humphrey Bogart!

Anisetta foto

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Nel Mugello con Don Milani, con Dino Campana

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Diario di Viaggio

Viaggio nel Mugello

24-28 ottobre 2015

a cura di Angela Mengano

Sabato 24

All’appuntamento in largo Due Giugno, sul pullmino da 30 posti (autista Piero), siamo insolitamente pochi, solo quindici. Una sosta per il caffè a Vallata; una per lo spuntino ad Anagni, e siamo a Sarteano, piccolo borgo ai limiti delle terre senesi dove Luca, nostra guida,ci porta alla necropoli delle Pianacce, in aperta campagna, a visitare una tomba etrusca, la Quadriga infernale: affreschi strepitosi a colori vivaci, che raffigurano un Caronte etrusco traghettatore di anime nell’Aldilà.

Caronte

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Diario del viaggio nei luoghi della Grande Guerra

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Diario di Viaggio

Nei luoghi della Grande Guerra – la Transumanza della Pace

7 – 12 marzo 2015

a cura di Angela Mengano e Imma Silletti

7-12 marzo 2015
Partiamo in 18 stavolta (con un pulmino da 30 posti, autista Piero). Durante il lungo viaggio in autostrada, spezzato soltanto da un paio di pause “tecniche”, Lucia ci aiuta a entrare nello spirito del viaggio condividendo con noi letture e riflessioni (tra l’altro le lettere scritte alla madre da un mio zio, fratello di mio padre, caduto sul Montello proprio negli ultimi giorni della Grande Guerra.)
Il gruppo è così formato:
Lucia, Gigi, Luisa V., Laura Q., Margherita, io, Elisa, Imma, Renata P. (con cui dividerò la stanza), Mariella e Vittorio P., Giovanna V., Carla F., Milena C., Adriana L., Marta A., Mariolina P. e Rachele T.
Prima tappa a Nonantola, che a causa del terremoto avevamo dovuto cancellare dall’itinerario del nostro viaggio verso le fabbriche Zegna e Olivetti nel maggio del 2012.

L_Grande_Guerra_marzo_2015_001 Prosegui la lettura…

Week end di silenzio, diario di viaggio – Napoli 7/8 febbraio 2015

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Diario di viaggio

Week end di silenzio

NAPOLI 7 – 8 Febbraio 2015

a cura di Angela Mengano

Partiamo in 37 più Piero (l’autista di Petruzzelli); ci raggiungeranno a Napoli Laura Carenza e sua figlia Marta.
Superate le ansie da maltempo incombente (e preannunzio di fenomeni nevosi sul tratto appenninico) imbocchiamo l’Autostrada per Napoli. Durante il percorso Lucia ci comunica che l’idea dell’itinerario di viaggio è nata in lei dalla lettura di un articolo di Beppe Sebaste pubblicato dall’Unità nel 2009 (“La parola è silenzio”), e dal desiderio di coltivare il progetto sul silenzio, presente da qualche anno nei temi dell’Adirt e iniziato – vorrei ricordare – con il viaggio d’Autunno del 2011 tra Anghiari e Pieve Santo Stefano. Prosegui la lettura…

Le tragedie greche nel teatro di Siracusa 12-18 maggio 2014

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Diario di Viaggio

Le tragedie greche nel teatro di Siracusa

12-18 maggio 2014

a cura di Imma Silletti

Lunedì 12 maggio 2014
Si parte alle ore 7
Subito dopo la sosta in autostrada Mara e Gaetano ci parlano di tragedia greca. Mara citando Nietzsche ci dice che l’arte greca non è serena e secondo Aristotele aveva funzione di catarsi nel pubblico che vi partecipava.
Alle 13 arriviamo a Palmi alla Casa della Cultura intitolata a Leonida Rèpaci, scrittore e fondatore del Premio Viareggio. La struttura accoglie: la Biblioteca Comunale, il Museo Civico di Etnografia e Folklore “Raffaele Corso” (reperti della vita della pastorizia, della agricoltura e del mare, folklore, costumi popolari). A questo proposito molto interessante è la documentazione della manifestazione della Varia che si svolge in agosto (carro scenico piramidale alto 16 m. di 20 tonnellate in onore dell’Assunta che poggia su stanghe dove prendono posto le corporazioni o mestieri che la trasportano per le strade del paese,rappresentante una grande nuvola con angeli sole e luna che fanno corona al Padre Eterno e sulla cui cima è collocata l’Animella, una bambina di 10-11 anni scelta per selezione popolare).

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Diario del viaggio d’autunno: Fabriano e Assisi 13-16 novembre 2014

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Diario del viaggio d’autunno

Fabriano e Assisi

13-16 novembre 2014

a cura di Angela Mengano

Siamo partiti da Bari alle sette, destinazione Fabriano, in 35, oltre a Piero, il nostro ottimo autista. Pausa caffè fulminea, già a Cerignola. In pullman, Lucia comincia a introdurci pian piano nell’atmosfera del viaggio, parlandoci di Gentile da Fabriano, che ci accingiamo a riscoprire nella mostra a lui dedicata nella sua città natale, e del Vangelo di Pasolini – di cui ricorre il 50°- ma anche e soprattutto della Cittadella di Assisi, che ci ospiterà nella giornata di sabato, grazie alla paziente opera di tessitura di Lucia e di Ester Bonsante insieme a Emanuele, suo consorte. Senza fare tante soste in autostrada, tra le due e le tre siamo già in albergo, a Fabriano, all’hotel Gentile.
Il pomeriggio è dedicato a due musei, uno più carino dell’altro, entrambi alloggiati in ambienti storici sapientemente recuperati:
– Il Museo della Carta, doveroso omaggio alla storica tradizione di Fabriano, affermatasi nei secoli leader nella produzione della carta, come ci racconta Michele, perfetto affabulatore che dall’inizio alla fine del percorso di visita ci dà dimostrazione pratica di come si fa la carta a partire dagli stracci raccontandoci – attraverso la storia – tanti gustosi aneddoti, mostrandoci macchinari e congegni d’epoca, pergamene, monete cartacee filigranate, il tutto nella entusiastica convinzione che la carta non soccomberà di fronte alla rivoluzione tecnologica (ma al nostro ingresso aveva esordito con un “Grazie per essere venuti al capezzale della carta”).

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Un paese azzurro: Casamassima / Una mostra a Conversano 19 ottobre 2014

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Diario di Viaggio

Un paese azzurro: Casamassima / Una mostra a Conversano

19 ottobre 2014

a cura di Angela Mengano

In una splendida giornata di sole andiamo alla scoperta di un paese a due passi da casa nostra, che per noi è stato, sinora, quasi soltanto uno svincolo stradale per Auchan.
Con le guide della Pro Loco che ci attendono al nostro arrivo, la giovanissima Luna, insieme a sua madre, architetto, napoletana d’origine, animatrice di appassionate battaglie per la riscoperta del territorio – e a Giovanni De Tommaso, studioso di storia locale, facciamo la prima inaspettata scoperta: una piccola chiesa romanica, in parte ricostruita, intitolata a Santa Lucia, oltre che alla Madonna del Soccorso (stranamente raffigurata, nella tradizione iconografica ad essa dedicata, con un randello in mano!).

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Viaggio in Sicilia

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Diario di Viaggio

Viaggio in Sicilia

Maggio 2014

di Matteo Bonsante

In pullman con tanti nuovi amici, in una limpida giornata di questa primavera, si corre lieti e pensosi verso la Storia, la Natura, il Mito. La Bellezza.

Giornate ampie, colme di sensazioni e di risorgenti ricordi si prospettano.

E subito il passaggio dello stretto, con Ulisse che ancora sembra aleggiare, tra Scilla e Cariddi, in ogni alitare di vento. E poi la maestosità dell’Etna e le sue larghe balze disseminate di palpitanti betulle. E i brontolii, gli sbuffi di zolfo e i vasti prati costellati di fiori, come tante gemme plasmate dal sole. Prosegui la lettura…

In Lucania 1- 2 marzo 2014 – Diario di viaggio

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Diario di viaggio

In Lucania

1- 2 marzo 2014

di Angela Mengano

Preceduto e preparato dall’incontro in sede con Antonio Scardaccione e con il suo “ Il barbiere delle anime”, libro di racconti ambientati ad Aliano, suo paese natale, il viaggio in Lucania si snoda attraverso le innumerevoli suggestioni di questa terra orgogliosa e solo all’apparenza immobile ed è stato – appunto – un viaggio dell’anima, balsamo per le nostre esistenze turbate dalle tensioni quotidiane … Prosegui la lettura…

Nelle terre di Lorenzo Lotto: diario di viaggio

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Viaggio d’autunno 2013

Nelle terre di Lorenzo Lotto

31 Ottobre – 2 Novembre 2013

di Angela Mengano

Giovedì 31 ottobre
Un affollato pullman (siamo 43 stavolta) è ai blocchi di partenza, già di buon’ora, la mattina del 31 ottobre. Nostra meta per questo weekend d’autunno sono le Marche con il fascino arcano delle opere di Lorenzo Lotto, concentrate in un fazzoletto di chilometri tra il maceratese e l’anconetano. Avremo due guide, una per ciascuno dei due territori.
Giunti a Recanati, lasciamo i nostri bagagli all’hotel Gallery, (Quattro Stelle), molto accogliente e panoramico, e con il vantaggio dell’ubicazione ai margini del centro storico. L’ampio spazio d’ingresso è reso gradevole da una galleria di giovani volti sorridenti alla Andy Warhol che, ci verrà poi rivelato, appartengono allo staff dell’albergo.

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Diario del viaggio in Epiro. 1- 9 maggio 2013

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Diario di viaggio

l’Epiro 

1 – 9 maggio 2013

di Elisa Cataldi

Antiche terre d’Acheronte

1° maggio: la partenza
Pullman da Bari alle 16,00 per arrivare a Brindisi in tempo per l’imbarco alle 19,00. Il pullman è molto grande (per noi, 28 partecipanti) e molto moderno, verde pisello, viene da Policoro ed è guidato da Renzo, giovane ed aitante lucano.
Arriviamo puntuali a Brindisi sul molo di Costa Morena e, espletate le formalità d’imbarco, alle 18,45 siamo sulla mtn. Catania della Grimaldi.
L’uscita dal porto di Brindisi è quanto mai emozionante: il tramonto, il castello Aragonese visto da tutti i punti di vista possibili e… perfino un gruppo di delfini che saltando di quando in quando in superficie, accompagnano la nostra uscita dal porto!!!

Brindisi – Uscita dal porto

La cabina è molto confortevole, ha l’oblò, il bagno etc. ma… magra soddisfazione perché la sveglia è alle 02,00 e lo sbarco a Igoumenitza alle 03,00!!! Il fuso orario qui comporta 1 ora meno che in Italia. Prosegui la lettura…

Viaggio nell’Alto Lazio 8 -12 febbraio 2013

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Diario di Viaggio

l’Alto Lazio

8 -12 febbraio 2013

a cura di Angela Mengano

venerdì 8 febbraio 2013
Il nostro viaggio invernale, che coincide stavolta con la fine del Carnevale (che in questi giorni ci verrà ricordato solo da qualche coriandolo sparso sul nostro cammino) nasce “nel segno del Giglio”, che la dinastia dei Farnese ha impresso al territorio del Viterbese lasciando forte memoria di sé.
Come al solito, doppia partenza da Largo Sorrentino e Due Giugno, con il bus della Petruzzelli, autista Piero; siamo 37. Miracolosamente in anticipo, arriviamo nella ciociara Castro dei Volsci, luogo natale di Nino Manfredi. La nostra guida per la visita all’area archeologica di Madonna del Piano (villa romana del I sec. a.C., mosaici pavimentali a motivi geometrici e floreali, resti di villa di età imperiale e necropoli del VI-VII sec. d.C.) e al Museo archeologico annesso é Lucia Rossi.

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Diario del viaggio d’autunno 31 0ttobre – 4 novembre 2012

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Diario del viaggio d’autunno 2012

Tivoli – Prato – Pistoia

31 0ttobre – 4 novembre 2012

a cura di Angela Mengano

Il tema del nostro viaggio d’autunno è racchiuso tra due poli, la Tivoli dell’Adriano di Marguerite Yourcenar, letto, riletto e rimeditato in uno dei recenti appuntamenti di “Leggermente”, e la Pàvana di Francesco Guccini. Nel mezzo ci sarà tanto altro, da Pontormo a Giovanni Pisano e via dicendo.
Nel viaggio ci accompagna la lettura di pagine scelte della Yourcenar, fino all’arrivo a Tivoli dove ci attende la piccola ma interessante mostra “Antinoo. Il fascino della bellezza”, ospitata nell’Antiquarium di Villa Adriana, da noi raggiunto dopo aver attraversato in tutta la sua ampiezza – e sotto una fitta pioggia – l’intero parco archeologico. Prosegui la lettura…

Diario di viaggio: Con Bona Sforza da Bari a Cracovia 30 giugno / 11 luglio 2012

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Diario di viaggio

Con Bona Sforza da Bari a Cracovia

30 giugno – 11 luglio 2012

a cura di Angela Mengano

Sabato 30
Viaggio di trasferimento da Bari a Mestre con il pullman, prima di affrontare il viaggio verso Cracovia ripercorrendo più o meno fedelmente le tappe di Bona Sforza sposa di Sigismondo re di Polonia. Ritroviamo con piacere Ivan, l’autista che già ci aveva accompagnato nella Francia del Sud-Ovest.
Dopo la programmata sosta in autostrada per il pranzo, nei pressi di Ancona, riprendiamo la strada verso Mestre. Qui, sistemati i bagagli nell’hotel Alexander, vorremmo fare una passeggiata a Venezia, ma ci rendiamo conto che i tempi sono un po’ stretti e – prima di cena – ripieghiamo su una puntatina nel piccolo centro storico di Mestre.

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Né padroni né operai: quando la fratellanza non è stata utopia. I luoghi e le fabbriche di Ermenegildo Zegna – Adriano Olivetti 26-31 maggio 2012

Diari di viaggio, Itinerari viaggi 11-12 Nessun Commento »

Diario di Viaggio

I luoghi e le fabbriche di Ermenegildo Zegna – Adriano Olivetti…

…né padroni, né operai: quando la fratellanza non è tata utopia.

26-31 maggio 2012

a cura di Angela Mengano

Sabato 26 2012

La levataccia è necessaria per rispettare la tabella di marcia, che ci vede in Emilia nelle prime ore del pomeriggio con un cambiamento di programma: oggi saremo a Vignola e non più a Nonantola a causa del terremoto che ha purtroppo colpito buona parte del modenese. Qui ci attende, con tutto il calore della terra romagnola, Cristina, che ci porta a visitare il centro storico, partendo dalla piazza dei Contrari, che prende il nome dalla signoria locale che sotto il dominio estense diede lustro alla città. Entriamo nel palazzo Boncompagni, che fu prima dei Contrari, poi dei Boncompagni-Ludovisi; progettato da Jacopo Barozzi, detto il Vignola, con la “scala a chiocciola” che ci incanta per la sua straordinaria leggerezza.

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Canosa: tra ipogei e palazzi

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Diario di viaggio

Canosa: tra ipogei e palazzi

29 aprile 2012

a cura di Angela Mengano

In una bella domenica di primavera andiamo con l’ADIRT a Canosa. La visita servirà ad offrirci uno sguardo sulla città al passato, al presente e perché no anche al futuro, dal patrimonio archeologico, accortamente valorizzato dalla comunità locale, alle aziende “virtuose”, fiore all’occhiello del territorio canosino, raccontate da Michele Vinci nel tragitto in pullman.

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Con l’Adirt nel Salento di don Tonino Bello

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Diario di viaggio

Con l’Adirt nel Salento di don Tonino Bello

25-26 febbraio 2012

a cura di Angela Mengano

Da Bari ad Alessano. Ormai vicini alla meta, sulla Maglie – Leuca e quindi dal cuore della penisola salentina, increduli riconosciamo in lontananza il profilo dei monti dell’Albania bianchi di neve!!!

I monti innevati dell’Albania

All’arrivo ad Alessano ci accoglie la nostra guida, Barbara Bello (è un cognome ricorrente qui). Si avvicina pure, per un breve saluto, Marcello, uno dei fratelli di don Tonino. Prosegui la lettura…

Diario del viaggio in Calabria

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Diario di viaggio

Tra Valdesi e Bruzi di Calabria

21-22 gennaio 2012

a cura di Angela Mengano

Sabato 21- ore 7.15 (largo Sorrentino) – 7.30 (largo 2 giugno) Si parte da Bari, in una gelida (ma non troppo) mattina d’inverno, verso i territori “valdesi” della Calabria del versante tirrenico.
Sosta strategica (per spezzare il viaggio) a Pisticci, dove ci attende Maria Antonietta, per la visita guidata all’Abbazia Santa Maria del Casale, gentilmente aperta per noi da don Leonardo Selvaggi, che con grande senso di ospitalità ci accoglie. Con orgoglio, come se si trattasse di una sua creatura, e con un frasario colorito ed espressivo, ci illustra la storia dell’abbazia (costruita nel 1087, dunque coeva della Basilica di S. Nicola) e la ricostruzione – con fondi europei – dell’intero complesso: non ci lascerà ripartire senza farci dono di pubblicazioni e persino di un CD con canti sacri da lui stesso composti! Prosegui la lettura…

Diario del Viaggio d’autunno

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Diario di viaggio

Viaggio d’autunno nelle terre del silenzio

29 ottobre – 2 novembre 2011

a cura di Angela Mengano

Sabato 29
Siamo in trentadue a partire stamattina (oltre al nostro Luigi Ciccimarra) da Bari: ci attende ad Anghiari, nella sede comunale, Stefania, che ci racconta della Libera Università dell’Autobiografia e del suo collegamento con l’Archivio Diaristico di Pieve Santo Stefano, in una sorta di ideale “vallata della memoria”. Qui vengono offerti percorsi per chi vuole praticare la scrittura autobiografica, attraverso l’organizzazione di seminari, progetti, corsi di formazione. Prosegui la lettura…

Diario di viaggio nella Francia del Sud-Ovest

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Diario di viaggio

Francia Sud-Ovest

Le sfide all’ortodossia: un viaggio nelle terre dei Catari degli Ugonotti e dei Valdesi

10 – 23 settembre 2011

a cura di Angela Mengano

Alla partenza siamo in 28: Lucia e Gaetano, Ninni e Lia, Giorgio e Vittoria, Cesare e Silvia, Irene, Brunella,  Ginevra, Maria, Anna, Elisa, Pina, Franca e Laura, Margherita, Gabriella, Patrizia, Silvia, Mariolina, Elke, Clara e Camilla, Lalla ed io. Ci accompagna Graziella Belloli, docente universitaria dotata di una profonda conoscenza della cultura e dell’arte, oltre che della lingua francese. Il nostro autista – bravissimo – è Ivan e viene da Giovinazzo. Molto discreto, è sempre disponibile e pronto a darsi da fare per noi. Il lungo viaggio attraverso la Francia del Sud, dalla Provenza all’Atlantico, inizia per noi sabato mattina presto, con una tappa di avvicinamento alla frontiera italo-francese. Nel percorso, un’anteprima del viaggio con i pensieri e le letture di Lucia e le prime anticipazioni di Graziella ( un frammento: Van Gogh che fissa sulla sua tela“il suo sole di coriandoli colorati”).
All’arrivo a Viareggio, guidati da Gabriella, una simpatica guida del posto, facciamo una passeggiata sul Lungomare, ammirando i bagni ottocenteschi e gli alberghi Belle Époque.

Poi, al Grand Hotel Continental di Tirrenia. Dopo la cena, facciamo due passi sul lungomare, affollato e rumoroso nel caldo afoso del sabato sera. Prosegui la lettura…

13 marzo 2011: Escursione a Oppido Lucano

Diari di viaggio, Itinerari viaggi 10-11 Nessun Commento »

Diario di viaggio

Escursione a Oppido Lucano

13 marzo 2011

a cura di Angela Mengano

L’ADIRT, nell’ambito del programma di attività dell’anno sociale in corso, ha raggiunto la scorsa domenica la città di Oppido Lucano, calorosamente accolta dal sig. Michele Lioi, assessore alla Cultura, e dal prof. Cervellino, appassionato studioso di storia locale. Prosegui la lettura…

Roma millenaria – diario di bordo

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Diario di viaggio

Roma millenaria

17-20 febbraio 2011

a cura di Angela Mengano

Giovedì 17 febbraio

Siamo partiti alle sette, per essere a Roma intorno all’ora di pranzo; dopo una sosta ristoratrice all’ hotel Colombo, in viale Cristoforo Colombo , siamo pronti per iniziare il nostro viaggio alla scoperta della città eterna nell’intreccio tra arte antica e contemporanea, accompagnati da una guida d’eccezione, Massimiliano Di Leva, il giovane studioso ( laureato in filosofia ma anche specializzato in arte contemporanea, tant’è che ha scritto un libro sul “post-moderno”) che avevamo conosciuto e apprezzato a Napoli nel corso di una visita in quella città.

Già durante il tragitto da Bari a Roma Lucia ci ha letto tra l’altro le riflessioni di Stefano Bartezzaghi di “Repubblica” sui “nuovi musei” tra la cultura dell’antico e le sperimentazioni del contemporaneo. Prosegui la lettura…

Viaggio di pace in Bosnia-Erzegovina e Serbia

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Diario di viaggio

Viaggio di pace in Bosnia-Erzegovina e Serbia

2 – 12 giugno 2010

 

a cura di Angela Mengano

mercoledì 2 giugno
Siamo in 19 [Gigi, Lucia e Gaetano, Pina, Lia e Ninni, Francesca, Laura, Elke, Ginevra, Angela, Mariella e Vittorio, Gabriella, Maria Cristina, Imma, Rachele, le sorelle Lalla e Tina] alla partenza dal porto di Bari, sulla M/n Marko Polo della Jadrolinija. Ci attende una notte in navigazione sul mar Adriatico, per fortuna molto calmo, nonostante le previsioni avverse. Prosegui la lettura…

Muro Lucano: percorso storico-ambientale guidato da Gianni Pofi

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Diario di viaggio

Muro Lucano: percorso storico-ambientale, guidato da Gianni Pofi

11 aprile 2010

 

a cura di Roberta Ruggiero

Il territorio
Subito dopo Gravina lasciamo le Murge e entriamo nel territorio delle argille lucane, nate nella fossa bradanica invasa dalle acque, soggette a fenomeni di erosione che danno luogo a frane e smottamenti che sconvolgono la zona. Le argille sono di vario colore, anche azzurre, molto instabili, soprattutto per l’incuria degli uomini. Prosegui la lettura…

Ruvo Domenica 7 febbraio 2010

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Diario di viaggio

RUVO: i Soci dell’Adirt visitano la città di Domenico Cantatore. Con la guida di Carmelo Cipriani

7 febbraio 2010

 

a cura di Irma Silletti

Siamo appena arrivati, fa molto freddo e Maria Berardi ci accompagna alla Pasticceria Berardi (ma è solo una omonimia) dove ci riscaldiamo con una cioccolata calda, gustiamo il “Mandorlaccio” e le praline dai gusti più disparati (perfino al tabacco) e quindi raggiungiamo il Palazzo Municipale dove incontriamo Carmelo Cipriani, profondo conoscitore di Domenico Cantatore e del territorio, che ci guiderà per tutto il percorso. Prosegui la lettura…

Napoli: ritorno al Barocco – 9/10 gennaio 2010

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Diario di viaggio

Napoli: ritorno al Barocco

9-10 gennaio 2010

a cura di Angela Mengano ed Elisa Cataldi

Sabato 9 Gennaio 
Si parte come al solito alle 7 col pullman Ciccimarra: questa volta non c’è Luigi, ma Nicola (e la differenza si sentirà…).
Alle 10,30 siamo già a Napoli Capodimonte, dove ci attende la Mostra “Ritorno al Barocco. Da Caravaggio a Vanvitelli” che ci offre mille spunti per capire questo periodo dell’arte di cui Napoli fu protagonista, dalla stupenda Flagellazione di Caravaggio, a de Ribera, Battistello Caracciolo, Salvator Rosa, Luca Giordano, per nominarne solo alcuni fra i tanti.

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L’Atene di Calabria e la Riviera dei cedri – 5/8 dicembre 2009

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Diario di viaggio

L’Atene di Calabria e la Riviera dei cedri

5 – 8 dicembre 2009

 

a cura di Angela Mengano

Sabato 5 dicembre
Partiamo di buon’ora, alle sette , in modo da essere a Cosenza alle tredici, senza trascurare di far tappa nel bel museo archeologico della Siritide, a Policoro, recentemente rinnovato e ampliato, dedicato ai siti di Herakleia e Siris e che ospita, tra l’altro, tracce di una civiltà autoctona, quella degli Enotri, preesistente a quella romana.

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Strepitosi, tra gli altri, i ritrovamenti di una tomba femminile, con vasi del pittore di Policoro, e gli straordinari gioielli e ornamenti che occupano una intera ala del museo. Prosegui la lettura…

Siria e Giordania – Diario di viaggio di Elisa ed Imma

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Diario di viaggio

Siria e Giordania

31 ottobre – 13 novembre 2009

a cura di Elisa Cataldi ed Imma Silletti

Sabato 31 ottobre
Roma – Aleppo

Partiamo in pullman alle 06.00 per arrivare a Roma Fiumicino in tempo per l’aereo della Royal Jordan Airlines che, alle 15,00 ci porterà ad Aleppo, via Amman.
Arriviamo ad Aleppo intorno alle 22.00. In aeroporto ci aspetta la guida siriana: si chiama Imad, un uomo magro magro, dal baffetto levantino, più o meno cinquantenne, molto vivace che con grande sollecitudine e molto sollievo da parte nostra si occupa di tutto ciò che serve per il nostro ingresso in Siria.
All’uscita dall’aeroporto siamo presi d’assalto da ragazzini che pur di accaparrarsi un euro, litigano fra loro per caricare il nostro bagaglio sul pullman.
Mentre il pullman ci porta in albergo, Imad ci spiega che ci conviene ignorare questi ragazzini che troveremo insistenti lungo tutto il nostro viaggio, per non esserne importunati ed anche perché…. per loro è diseducativo!
La nostra guida ci presenta l’autista che guiderà il pullman per tutta la Siria: un altro Imad!!! Rivelatosi nei giorni successivi, persona silenziosa, attenta, professionale, ma sempre sorridente e molto disponibile.

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Albania: diario di viaggio

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Diario di viaggio

Albania

24 aprile – 2 maggio 2009

 

a cura di Angela Mengano

Durazzo

25 aprile
Dopo una placida notte in navigazione, ci aspetta, al porto di Durazzo , Alban Guri, 38enne di Tirana, giornalista, scrittore, poeta, insieme a Daniel, l’ autista del pullman con il quale faremo tutto il viaggio . Ci fermiamo per una breve pausa al City Café sul lungomare, chiacchierando con Alban, che sin dalle prime battute esprime senza remore le sue opinioni e il suo modo di essere: è molto critico verso il regime di Hoxha, che a suo modo di vedere ha oppresso in tutte le forme possibili la nazione albanese; è pieno di ammirazione per l’Italia che, sempre a suo modo di vedere , dimostra nei confronti delle altre nazioni una netta superiorità culturale; fa capire in vari modi di essere un cattolico fervente, mettendo subito in chiaro che la libertà religiosa in Albania è stata completamente soffocata dal passato regime comunista. La visita di Durazzo inizia dalla Torre Veneziana; l’Anfiteatro Romano, incastonato tra mille case abusive, che rivela al suo interno un gioiello, una chiesa paleocristiana con pareti splendidamente ricoperte di mosaici raffiguranti alcuni santi; un enfatico mausoleo dedicato agli eroi della guerra, sulla facciata di una vecchia manifattura di tabacchi; le vecchie strade polverose del centro storico; l’accademia di belle arti che ospita una mostra di pittura di suoi allievi. Prosegui la lettura…

Con gli amici dell’Adirt a “Foggia e i Borghi di Fondazione”

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Diario di viaggio

Foggia e i Borghi di Fondazione

14 – 15 marzo 2009

a cura di Isa Bergamini

Che ci faccio qui?” è un verso di A. Rimbaud prima di essere un libro di B. Chatwin ed è proprio questo che ci siamo detti con Virginia e Sandro, che ci facciamo noi qui a visitare le città del fascismo?
Conoscere, sapere, aprire una finestra su quel tempo e scoprire un’altra testimonianza della storia sulla nostra terra. Prosegui la lettura…

Viaggio nella Terra delle Aquile

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Diario di viaggio

La Terra delle Aquile

24 aprile – 2 maggio 2009

 

24/4/09

Raduno alle ore 21.00 alla Stazione Marittima del Porto di Bari Box AGESTEA/TIRRENIA. Formalità d’imbarco e partenza alle ore 23.00 con i traghetti “AURELIA” o “FLAMINIA”:sistemazione a bordo in cabine doppie con servizi privati di 1° classe. Pernottamento in navigazione.

25/4/09

Ore 08.00, arrivo a DURAZZO e sbarco. Incontro con la guida parlante italiano ed il pullman Gran Turismo che saranno a disposizione durante tutto il tour in Albania. Visita della città di Durazzo: è la seconda città ed il più grande porto albanesi. La sua storia inizia nel 627 a.C., con l’arrivo di una piccola colonia di Corinzi e Corfioti. Il suo primo nome fu “Epidamnos”, che in seguito divenne “Dyrrachium”. Si visiteranno la Torre Veneziana, il Museo Archeologico, l’Anfiteatro romano, dove parte degli scavi sono stati effettuati da un gruppo di studenti archeologi dell’Università di Parma. Pranzo in ristorante. Nel pomeriggio, partenza in pullman per Tirana. Sistemazione nelle camere riservate all’Hotel Mondial, di cat. 4 stelle. Cena in albergo. Pernottamento.

26/4/09

Prima colazione a buffet in albergo. Mattinata dedicata alla visita guidata di TIRANA: è la capitale e la più grande città dell’Albania; fu fondata nel 1614 e divenne capitale nel 1920. Tra le attrazioni storiche principali: la Moschea Etem Bey, la cui costruzione venne iniziata da Molla Bey nel 1789 e terminata nel 1821 dal figlio Haxhi Ethem Bey, bisnipote di Sulejman Pasha. Quindi in piazza Skandenberg, la torre dell’orologio(Kulla e Sahatit), costruita nel 1830, il simbolo di Tirana. Nel 2001 venne terminata la più grande chiesa di Tirana, la Chiesa Cattolica di San Paolo. Si potranno inoltre notare i variopinti palazzi “dipinti” dal pittore Sindaco di Tirana Edi Rama. Pranzo in ristorante . Cena e pernottamento in albergo.

27/4/09

Prima colazione a buffet in albergo. Ore 09.00, partenza in pullman Gran Turismo e guida parlante italiano alla volta di SHKODRA(Scutari): situata sul Lago omonimo, il più grande dei Balcani, è una delle più antiche città dell’Albania. Fu fondata nel IV° Sec.a.C. ed alla fine dei III° Sec.a.C. Skhodra era la capitale del Regno degli Illiri. La città non è soltanto un centro storico, ma è anche un centro culturale, educativo e di affari ed è un esempio di tolleranza tra le diverse religioni. Si visiteranno il Museo Archeologico, il Ponte Mesi ed il Castello Rosafa, posto al culmine di una collina. Pranzo in ristorante. Al termine, partenza in pullman per la visita di KRUJA: graziosa cittadina costruita sulla montagna, posta a 32 km. da Tirana, dalla quale si gode una vista meravigliosa della montagna e del mare.
Si visiteranno il vecchio Bazar, la Fortezza ed il Museo di Skandenberg, l’eroe nazionale che nel 1400 ha resistito per circa 25 anni agli attacchi dei turchi-ottomani, impedendo ai barbari di oltrepassare l’Adriatico. Al termine, rientro a Tirana. Cena e pernottamento in albergo.

28/4/09

Prima colazione a buffet in albergo. Ore 09.00, partenza in pullman GT e guida alla volta di BERAT: nata 3000 anni fa, classificata dall’UNESCO città-museo, viene denominata “città dalle mille finestre”. Si visiteranno il Castello, il Museo d’Onufri, che contiene oggetti iconografici e affreschi del più grande pittore albanese del XVI° Secolo e la città vecchia. Pranzo in ristorante. Al termine, partenza alla volta di Butrinto. Visita panoramica di VLORA: situato nella zona sud-ovest dell’Albania, è stata la prima capitale all’indomani dell’indipendenza della nazione nel 1912. Al termine, partenza per Butrinto. Sistemazione nelle camere riservate all’Hotel Porta Eda di cat. 4 stelle. Cena e pernottamento.

29/4/09

Prima colazione a buffet in albergo. Ore 09.00, partenza in pullman e guida per la visita di BUTRINTO: la “piccola Troia”, citata da Virgilio nell’Eneide, è patrimonio mondiale protetto dall’UNESCO. Abitata fin dai tempi della preistoria, è stata nei secoli una città epirota, una colonia romana ed un vescovato. I resti archeologici più antichi datano tra il X° e VIII° Secolo a.C.. L’insediamento originario probabilmente mercanteggiava con Corfù ed aveva una fortezza ed un santuario. La sua era una posizione strategica, a causa dell’accesso allo stretto di Corfù. Gli scavi archeologici iniziarono nel 1928 quando il governo fascista di Mussolini inviò una spedizione verso Butrinto.Vennero riportate alla luce la città romana e la città ellenistica, comprese la “porta dei leoni” e “le porte scee”, chiamate cosi’ in ricorso delle famose porte di Troia, nominate nell’Iliade di Omero. Ma fu con la spedizione inglese del 1993 che vennero alla luce: il Triconch Palace, l’area capitolina e forense, una torre tardoantica riusata nel periodo altomedievale come residenza, numerosi cimiteri urbani tra cui quello presso il pozzo di Junia Rufina, assieme a numerose altre strutture. Le indagini presso la pianura di Vrina, hanno dimostrato l’esistenza di una colonia romana databile ad età augustea, attraversata da un imponente acquedotto, che riforniva la città. Pranzo in ristorante. Nel pomeriggio, escursione a GIJROKASTRA: detta la “città museo”, diede i natali ad Enver Hoxha, la guida del Paese per oltre 40 anni. Si visiterà il centro storico, con le sue bellissime case ottocentesche ed il castello con il museo delle armi. Al termine, rientro in albergo a Butrinto. Cena e pernottamento.

30/4/09

Prima colazione a buffet in albergo. Ore 09.00, partenza in pullman GT e guida parlante italiano alla volta di KORCE:sistemazione nelle camere riservate al Grand Hotel di Korce, di cat. 4 Stelle. La città di Korce è situata a 853 metri s.l.m., ai piedi del Monte Morava, che è stato un antico insediamento di coloni Illiri. Significativi monumenti quali 9 Chiese, il bazar e la moschea Mirahori, costruita nel 1418. E’ un importante centro per la fabbricazione di tappeti. Pranzo in ristorante. Nel pomeriggio, continuazione della visita guidata di Korce. Al termine, rientro in albergo. Cena e pernottamento.

1/5/09

Prima colazione in albergo. Ore 09.00, partenza in pullman Gran Turismo alla volta del Lago di OHRID. E’ uno dei maggiori laghi della penisola balcanica ed è considerato uno dei più antichi della terra. Il lago è situato ad una altitudine di 695 m. s.l.m., ha una superficie di 349 kmq. (il lago di Garda è di 370 kmq.) e la massima profondità raggiunge i 289 mt. La parte principale del lago fa parte della Repubblica di Macedonia ed una parte minore appartiene all’Albania, il cui centro più importante è POGRADEC: visita guidata e pranzo in ristorante sul lago a base di pesce. Nel pomeriggio, partenza in pullman alla volta di Durazzo. Presentazione al porto alle ore 21.00. Partenza alle ore 23.00 con la M/n.”AURELIA” o “FLAMINIA” della Tirrenia di Navigazione. Sistemazione in cabine interne con servizi di 1° classe. Pernottamento in navigazione.

2/5/09

Arrivo a Bari alle ore 08.00.

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