Diario di viaggioAdirt 2023

Tesori di archeologia e arte nei musei di MONOPOLI

“Egnazia e il mare”nel Museo Archeologico di EGNAZIA

Sabato 4 Marzo 2023

A cura di Angela Mengano

Iniziamo la scoperta delle bellezze storico-artistiche di Monopoli dal Museo Diocesano, attualmente diretto dalla dottoressa Miranda Carrieri, amica illustre della nostra associazione, archeologa che vanta nel suo curriculum la direzione di aree archeologiche tra le più significative della nostra regione come Egnazia e Canne della Battaglia.

Nelle ampie sale del pianterreno e del primo piano sono in mostra oggetti liturgici in argento, antifonari del ‘500 (da notare gli “spartiti” su tetragramma, predecessore del pentagramma);  i sigilli del vescovo Giamporcaro, un cognome presente nella mia giovinezza; opere di Finoglio, Fracanzano e altri nella sala della pittura napoletana; nella sala della pittura veneta, un’opera di Francesco Vecellio,  fratello del più noto Tiziano e il “San Girolamo nello studio e donatore”, capolavoro di Lazzaro Bastiani: alla fine del percorso museale  un piccolo rotolo pergamenato recante notizie sull’opera ci verrà offerto in omaggio da Miranda Carrieri. Infine, la biblioteca settecentesca del vescovo Pedicini che conserva rari volumi stampati tra il ‘500 e l’800  (e qui ho notato, tra gli altri, alcuni volumi con la dicitura Un tesoro di Verità – Dalena, un vescovo antenato della mia amica Mariella). Non abbiamo potuto ammirare, invece,  la preziosa stauroteca in argento dorato e smalti cloisonnè del X secolo,  ancora in prestito al museo Reiss-Engelhorn di  Mannheim per la mostra “I Normanni – una storia di mobilità conquista innovazione” . Oltre alla stauroteca di Monopoli, leggo sul sito della mostra che da Bari, e precisamente dal museo della Basilica di San Nicola, é anche partito un altro prezioso pezzo, la corona votiva di Ruggero II del XII secolo.   

Nell’intervallo tra le due parti della visita (museo diocesano e museo di Romualdo) diamo un’occhiata alla Cattedrale, che molti di noi già conoscono. Vale la pena però di soffermarsi  almeno  nella scenografica Cappella sopraelevata della Madonna della Madia, * trionfo del barocco napoletano (come tutta la chiesa del resto).  Ai due lati dell’icona bizantina della Madonna con Bambino, giunta dal mare a bordo di una zattera di tronchi robusti, stanno le due statue di San Michele e San Giuseppe con Gesù bambino, opera di Michele Sammartino, lo stesso scultore del Cristo velato della cappella Sansevero a Napoli.

Nel Museo di Romualdo, ubicato nel Soccorpo della Cattedrale,  emerge una straordinaria stratificazione di secoli, effetto di scavi più o meno recenti che, al di sotto della chiesa settecentesca, hanno riportato alla luce  la chiesa romanica fatta costruire dal vescovo Romualdo su tombe di epoca altomedievale ellenistica e messapica, risalendo sino all’età del bronzo (cui sono riferibili le buche circolari da palo per reggere le capanne). Qua e là si possono ammirare splendidi reperti, primo fra tutti la stupenda architrave romanica suddivisa in cinque sezioni narranti la vita di Cristo (Profezia Deposizione Resurrezione Anastasi Peccato).  Interessante notare, tra l’altro, i soldati romani vestiti come normanni, un esempio di trasposizione temporale nell’ opera d’ arte, un po’  come oggi spesso si incontra  nelle regie teatrali d’opera.  Nelle teche una sfilata di oggetti sacri pregiati e di grande bellezza;  la collezione privata Brigida con  materiale di scavo dal settimo al secondo secolo a.C.; i manichini da rivestire per le immagini sacre durante le rituali processioni.

In anteprima, grazie alla cortesia di Miranda Carrieri, possiamo anche ammirare un complesso di reliquiari – dalla collezione privata Anselmo Camicia – non ancora catalogati ma già pronti per l’ esposizione al pubblico. Infine la cappella della Confraternita del Santissimo Sacramento,  predisposta quale sepolcreto per ospitare defunti,  ma mai utilizzata  a causa delle leggi napoleoniche.

Dopo il gradevolissimo pranzo  in collina al ristorante “La mia Terra”, il pomeriggio é dedicato al Museo Archeologico di Egnazia, intitolato a Giuseppe Andreassi, e in particolare la nuova sezione Egnazia e il Mare nell’ allestimento del talentuoso milanese Studio Azzurro, che attraverso l’uso dei nuovi linguaggi tecnologici ci dà la sensazione di una immersione totale in ambiente subacqueo. 

La visita é anche occasione per riammirare gli strepitosi reperti custoditi nel museo e molto ben presentati e illustrati. Meritano una menzione speciale tra gli altri l’anello in oro, forse appartenuto a un pellegrino, col castone a forma di tempietto richiamante il Santo Sepolcro di Gerusalemme; un piccolo gruppo scultoreo in terracotta raffigurante la scena di un banchetto, rinvenuto all’esterno di una tomba messapica; la testa di Attis in marmo bianco (II secolo d.C.); un mosaico con le Tre Grazie del IV sec. d.C.  Nelle fondazioni del museo è inoltre inglobata una tomba a camera messapica del IV sec. a.C., la cosiddetta Tomba delle Melagrane, con tracce di pittura policroma che mostrano i beneauguranti frutti del melograno.

madia non vuol dire – come si potrebbe facilmente immaginare – dispensa;  ma sembra derivare dallo spagnolo “almadìa” che vuol dire “insieme di legni,  zattera”.