La foglia di Fico. Storie di alberi, donne, uomini. Di Antonio Pascale.

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6 giugno 2023

Antonio Pascale, “La foglia di Fico. Storie di alberi, donne, uomini“, Ed. Einaudi 2021

proposto da Roberta Ruggieri.

di Roberta Ruggieri

Il libro mi è piaciuto, la sua lettura mi ha procurato , come dice Cercas, “piacere e conoscenze”.

Pascali è un agronomo che, dal suo campo di lavoro, fa delle incursioni nella letteratura. Il suo campo è il mondo vegetale, che rispetta e vede in uno stretto rapporto col mondo degli uomini, rapporto che oggi più voci dicono fondamentale.

Il libro è formato da più racconti, ognuno intitolato ad una pianta, molto ben illustrata da Stefano Faravelli e presentata nelle sue caratteristiche fondamentali. Da queste caratteristiche si “ramificano “i temi della vita: l’amore, l’amicizia, il dolore, la gioia, stati d animo visti nell‘infanzia, nell‘adolescenza, nella maturità. L’io narrante è l’Autore stesso, che altri non è che l’uomo contemporaneo che, malgrado le tante conoscenze ed esperienze accumulate, o forse proprio per queste, è sempre più insicuro, dubbioso e senza certezze assolute. Accanto a lui una galleria di personaggi molto ben disegnati, raccontati con humor, registro che è presente in molte pagine e a volte si intreccia alla nostalgia.
La prosa apparentemente semplice e discorsiva, in realtà esprime concetti molto densi, presentati all’ interno di situazioni quotidiane. L’intento divulgativo, dove c’è, è sempre venato di verve campana, in un Autore che ritiene la scienza e le sue ricerche patrimonio di tutti e come tali da conoscere. Molte le citazioni, ironicamente riassunte nella pagina intitolata “officina”; vanno da brani musicali, testi scientifici, capolavori letterari, mentre immagini poetiche si intrecciano a termini botanici e a riflessioni sociologiche. Buona e originale prova di un Autore meridionale che, con altri intellettuali è impegnato in vari livelli, sempre guardando al sud come luogo dell’anima da cui partire, senza stereotipi e con consapevolezza.

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Breve nota a cura di Vanda Morano dopo l’incontro del gruppo di lettura

Martedi 13 giugno ci siamo incontrate presso la sede dell’Adirt per parlare del libro “La foglia di fico. Storie di alberi, donne, uomini” di Antonio Pascale. La discussione si è rivelata molto animata e pertanto stimolante. Alcune ritengono originale l’escamotage di partire da dieci piante per raccontare storie (autofiction le definisce l’autore ) e temi fondamentali della vita. Pascale guarda il mondo vegetale con acuta prossimità e narra, talvolta anche con ironia, se stesso, l’amore, lo sconforto, l’insicurezza, l’amicizia, il rito di passaggio che comporta la morte e la rinascita. Lo stile, è stato detto, è semplice ma denso di significato.

Ad un gradimento entusiastico del libro si è contrapposta una valutazione più tiepida in alcuni interventi e una di rifiuto totale in altri. Si è sottolineata la mancanza di una unità di fondo e la presenza di tecnicismi pedagogicamente trasmessi che, insieme alle numerose citazioni letterarie, psicologiche, sociologiche e tanto altro, rendono l’effetto narrativo poco efficace.

Interessanti richiami alla storia dell’arte, alla Bibbia e alla medicina hanno arricchito la discussione.

Tutte le intervenute hanno sottolineato l’incanto degli acquerelli di Stefano Faravelli che emergono da antichi fogli manoscritti. Meraviglioso il frutto spaccato a metà e poggiato sulla foglia di fico! Meravigliosi tutti i disegni che sono essi stessi ‘racconti’!

L’incontro è terminato con un allegro arrivederci. Ci rivediamo dopo solo una settimana sulla terrazza della Officina degli Esordi in via Francesco Crispi per fare una valutazione complessiva sui libri letti in questo anno

Libri citati durante la discussione:

  • La città distratta” di Antonio Pascale.
  • La manutenzione degli affetti” di Antonio Pascale.
  • Il racconto onesto. 60 scrittori, 60 risposte” di Goffredo Fofi.
  • Un frammento alla volta. Dieci lezioni di archeologia” di Marcella Frangipane.
  • Breve storia dell’ombra. Dalle origini della pittura alla Pop Art di Victor” di I. Stoichita.

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Ancora una breve nota di Luciana Cusmano dopo l’incontro del gruppo di lettura.

Facendo seguito al nostro incontro di lettura di martedì 6 giugno, ho annotato alcuni articoli usciti sui giornali negli ultimissimi giorni, a riprova della larga diffusione data dai media in genere al rapporto natura/uomo, diffusione che rimonta ormai ad almeno un decennio, anche se oggi non potrei più citare (non li avevo appuntati) i nomi di quanti ne sono stati protagonisti:

  • G. Barbera, “La memoria del giardino“, in Domenica del Sole24Ore,11 giugno 2023
  • L. Tortolini, “Ma a cosa servono gli alberi?“, in Robinson del 10 giugno 2023
  • Festival delle culture del paesaggio, S.Severo (FG), giugno 2023

In particolare, l’articolo di Barbera é una recensione del bel libro “Il paesaggio in cammino” (Edifimi 2023) di Oliva di Collobiano, storica paesaggista che, insieme con Ippolito Pizzetti, forse il primo titolare sulle pagine del Sole24ore e dell’Espresso (in anni ormai lontanissimi), di una rubrica settimanale dedicata ai giardini, hanno contribuito a diffondere in Italia l’interesse per la natura – in tutte le sue forme ‘verdi’- nel rapporto con la specie umana. Su quegli stessi giornali il loro posto fu preso da Pia Pera, originale slavista approdata con molto successo alle stesse tematiche. Antonio Pascale, ottimo, ma non altrettanto originale nella scoperta del tema, divulgatore scientifico si è servito anche di note ricerche di stampo antropologico, etnografico, mitologico (v. le molte edizioni recenti delle ‘Metamorfosi ‘di Ovidio).

Fermo restando il mio mancato gradimento per le suggestioni filosofiche sparpagliate nel testo, l’intreccio tra generi diversi (in questo caso letteratura scientifica, autofiction, suggestioni new age)  è stato largamente apprezzato nell’ambito dello stesso Premio Strega in un passato molto recente, allorquando il libro di genere biografico dedicato da Emanuele Trevi ai suoi amici Pia Pera e Rocco Carbone è entrato anch’esso nella famosa cinquina. 

Viaggio sul Gargano. 16-17-18 giugno 2023

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GARGANO

16-17-18 giugno  2023

VENERDI 16  giugno

  • Rignano Garganico     

Museo multimediale Paglicci: reperti originali della Grotta Paglicci, un giacimento risalente al Paleolitico ricco di graffiti, unico nel panorama italiano.

Il  centro storico di Rignano

Pranzo libero

Pomeriggio: Santuario di San Matteo Apostolo sull’antica “Via Sacra Langobardorum “fondato sulle pendici del Monte Celano per accudire i pellegrini che dalla fine del sec. V salivano al Gargano diretti alla Grotta dell’Arcangelo Michele a Monte Sant’Angelo

Cena e pernottamento in hotel

SABATO 17  giugno

Dopo la prima colazione saremo alle Cave di Apricena con lo scultore Francesco Granito

Pranzo libero

Pomeriggio: Convento Santuario Santa Maria di Stignano   

  • San Marco in Lamis

Cena e pernottamento in hotel

DOMENICA 18 giugno

  • Lago di Lesina

in barca per ammirare la bellezza della laguna, un habitat eccezionale per flora e fauna.Il Borgo.

Pranzo.

Nel pomeriggio ritorno a Bari

VISITA al restaurato Mercato del pesce

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15 maggio 2023

A Socie e Soci,

le  associazioni ADIRT e  MAR di LEVANTE hanno ottenuto dal Comune di Bari la possibilità di visitare

SABATO 27 maggio 2023

il restaurato Mercato del pesce in piazza del Ferrarese.

Attualmente l’edificio non è ancora aperto al pubblico quindi l’occasione è davvero imperdibile.

La visita sarà guidata da Giuseppina Caliandro, Maria Franchini e Francesca Radina che, a diverso titolo ed con altri tecnici del Ministero della Cultura e maestranze qualificate, si sono occupate della restituzione del monumento alla città.

La visita solo per i Soci dura circa 45 minuti ed inizierà intorno alle ore 10:00.

Sarà assolutamente gratuita, ma bisognerà prenotarsi perchè in base alle adesioni valuteremo se prevedere più turni di ingresso.

In prossimità della visita poi vi comunicheremo l’ora precisa di ingresso ed il punto di ritrovo.

Potrete prenotarvi rispondendo con un Whatsapp al 339.4029450 oppure alla mia mail luciaaprile@alice.it

A presto.

Lucia

Diario di Viaggio a Monopoli ed Egnazia

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Diario di viaggioAdirt 2023

Tesori di archeologia e arte nei musei di MONOPOLI

“Egnazia e il mare”nel Museo Archeologico di EGNAZIA

Sabato 4 Marzo 2023

A cura di Angela Mengano

Iniziamo la scoperta delle bellezze storico-artistiche di Monopoli dal Museo Diocesano, attualmente diretto dalla dottoressa Miranda Carrieri, amica illustre della nostra associazione, archeologa che vanta nel suo curriculum la direzione di aree archeologiche tra le più significative della nostra regione come Egnazia e Canne della Battaglia.

Nelle ampie sale del pianterreno e del primo piano sono in mostra oggetti liturgici in argento, antifonari del ‘500 (da notare gli “spartiti” su tetragramma, predecessore del pentagramma);  i sigilli del vescovo Giamporcaro, un cognome presente nella mia giovinezza; opere di Finoglio, Fracanzano e altri nella sala della pittura napoletana; nella sala della pittura veneta, un’opera di Francesco Vecellio,  fratello del più noto Tiziano e il “San Girolamo nello studio e donatore”, capolavoro di Lazzaro Bastiani: alla fine del percorso museale  un piccolo rotolo pergamenato recante notizie sull’opera ci verrà offerto in omaggio da Miranda Carrieri. Infine, la biblioteca settecentesca del vescovo Pedicini che conserva rari volumi stampati tra il ‘500 e l’800  (e qui ho notato, tra gli altri, alcuni volumi con la dicitura Un tesoro di Verità – Dalena, un vescovo antenato della mia amica Mariella). Non abbiamo potuto ammirare, invece,  la preziosa stauroteca in argento dorato e smalti cloisonnè del X secolo,  ancora in prestito al museo Reiss-Engelhorn di  Mannheim per la mostra “I Normanni – una storia di mobilità conquista innovazione” . Oltre alla stauroteca di Monopoli, leggo sul sito della mostra che da Bari, e precisamente dal museo della Basilica di San Nicola, é anche partito un altro prezioso pezzo, la corona votiva di Ruggero II del XII secolo.   

Nell’intervallo tra le due parti della visita (museo diocesano e museo di Romualdo) diamo un’occhiata alla Cattedrale, che molti di noi già conoscono. Vale la pena però di soffermarsi  almeno  nella scenografica Cappella sopraelevata della Madonna della Madia, * trionfo del barocco napoletano (come tutta la chiesa del resto).  Ai due lati dell’icona bizantina della Madonna con Bambino, giunta dal mare a bordo di una zattera di tronchi robusti, stanno le due statue di San Michele e San Giuseppe con Gesù bambino, opera di Michele Sammartino, lo stesso scultore del Cristo velato della cappella Sansevero a Napoli.

Nel Museo di Romualdo, ubicato nel Soccorpo della Cattedrale,  emerge una straordinaria stratificazione di secoli, effetto di scavi più o meno recenti che, al di sotto della chiesa settecentesca, hanno riportato alla luce  la chiesa romanica fatta costruire dal vescovo Romualdo su tombe di epoca altomedievale ellenistica e messapica, risalendo sino all’età del bronzo (cui sono riferibili le buche circolari da palo per reggere le capanne). Qua e là si possono ammirare splendidi reperti, primo fra tutti la stupenda architrave romanica suddivisa in cinque sezioni narranti la vita di Cristo (Profezia Deposizione Resurrezione Anastasi Peccato).  Interessante notare, tra l’altro, i soldati romani vestiti come normanni, un esempio di trasposizione temporale nell’ opera d’ arte, un po’  come oggi spesso si incontra  nelle regie teatrali d’opera.  Nelle teche una sfilata di oggetti sacri pregiati e di grande bellezza;  la collezione privata Brigida con  materiale di scavo dal settimo al secondo secolo a.C.; i manichini da rivestire per le immagini sacre durante le rituali processioni.

In anteprima, grazie alla cortesia di Miranda Carrieri, possiamo anche ammirare un complesso di reliquiari – dalla collezione privata Anselmo Camicia – non ancora catalogati ma già pronti per l’ esposizione al pubblico. Infine la cappella della Confraternita del Santissimo Sacramento,  predisposta quale sepolcreto per ospitare defunti,  ma mai utilizzata  a causa delle leggi napoleoniche.

Dopo il gradevolissimo pranzo  in collina al ristorante “La mia Terra”, il pomeriggio é dedicato al Museo Archeologico di Egnazia, intitolato a Giuseppe Andreassi, e in particolare la nuova sezione Egnazia e il Mare nell’ allestimento del talentuoso milanese Studio Azzurro, che attraverso l’uso dei nuovi linguaggi tecnologici ci dà la sensazione di una immersione totale in ambiente subacqueo. 

La visita é anche occasione per riammirare gli strepitosi reperti custoditi nel museo e molto ben presentati e illustrati. Meritano una menzione speciale tra gli altri l’anello in oro, forse appartenuto a un pellegrino, col castone a forma di tempietto richiamante il Santo Sepolcro di Gerusalemme; un piccolo gruppo scultoreo in terracotta raffigurante la scena di un banchetto, rinvenuto all’esterno di una tomba messapica; la testa di Attis in marmo bianco (II secolo d.C.); un mosaico con le Tre Grazie del IV sec. d.C.  Nelle fondazioni del museo è inoltre inglobata una tomba a camera messapica del IV sec. a.C., la cosiddetta Tomba delle Melagrane, con tracce di pittura policroma che mostrano i beneauguranti frutti del melograno.

madia non vuol dire – come si potrebbe facilmente immaginare – dispensa;  ma sembra derivare dallo spagnolo “almadìa” che vuol dire “insieme di legni,  zattera”.

Programma Adirt MAGGIO 2023

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Programma Maggio 2023

  • DOMENICA 14 Maggio, ore 10:30

Pinacoteca Metropolitana Corrado Giaquinto, Lungomare N. Sauro, IV piano
Parole Nomadi”, mostra di Agnese Purgatorio.
L’artista, che sarà peraltro la nostra guida, racconta con un linguaggio  contemporaneo e  con grande delicatezza il ruolo delle donne nella società, la marginalità degli ultimi, i conflitti sociali, i migranti e le guerre.

  • VENERDI 19 Maggio, ore 17:30

nella nostra sede, in via Istria n.6
“Richard Wagner. Il genio, il mito, il dramma.”
Con Adele Boghetic, scrittrice, musicologa e germanista.

  • VENERDI 26 Maggioore 17:30

nella nostra sede in via Istria n.6
“Controra”, il libro di Katia Ricci ambientato a Rignano Garganico: una storia personale e collettiva.
Con l’Autrice

Comunicato Adirt del 13 maggio 2023

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L’Adirt organizza

Andare per  Botteghe e Studi d’arte  

nel Quartiere Madonnella

Appuntamento alle ore 10:00 di Sabato 13 Maggio, presso la Sede Adirt, in Via Istria n.6.

Visiteremo:  

  • in via Arcivescovo Vaccaro n. 20, la Bottega di Ino Conserva, matematico e pittore per passione, una passione  fortemente sentita ed esplicitata in special modo nella forma del ritratto.
  • in via Dalmazia n. 31, lo Studio d’arte di  Francesco Granito di Apricena che realizza con la pietra della sua terra sculture che hanno la leggerezza di un velo. Uno scontro-incontro tra forza di gravità della Terra e la forza creativa dell’Arte.

Diario di Viaggio a Napoli

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Diario di viaggio.

NAPOLI

10 – 11 – 12 MARZO 2023

A cura di Angela Mengano

VENERDI 10 marzo 2023

Se finalmente  torniamo a Napoli lo dobbiamo a Lucia che in questi tre anni di stallo, causa Covid 19, non ha mai smesso di dialogare con i partner napoletani (albergo, guide etc) a suo tempo contattati. Il programma é stato ritoccato, alcune mostre nel frattempo sono andate perse, sostituite però  con bellissime stimolanti nuove proposte, e ritroviamo persino cambiato il nome dell’albergo che da Mediterraneo tout court è diventato Renaissance Mediterraneo.       

Il benvenuto ce lo dà la pioggia, ma dura poco: all’ uscita dalla mostra di Artemisia, tornerà il sereno.

Appuntamento in hotel con le due guide, Maria e Antonella, che subito ci dividono in due gruppi. La mostra Artemisia Gentileschi a Napoli” é a palazzo Piacentini a via Toledo, sede delle Gallerie d’Italia ed ex Banco di Napoli. Io sono nel gruppo di Maria: vivace, preparata, napoletana verace;  le sue spiegazioni sono spesso intercalate da colorite espressioni napoletane.

La Gentileschi visse a Napoli tra il il 1630 e il 1654. Per questo giustamente si è voluto dedicare alla pittrice questa grande mostra nella città dove visse a lungo e morì. Alle 21 sue opere  esposte fanno da contraltare le tele degli artisti contemporanei attivi in città (in primo luogo Stanzione, Cavallino e Finoglio) e questo rende bene il contesto artistico partenopeo dell’epoca. Tra loro anche una donna, Annella De Rosa (presente in mostra con Il ratto d’Europa) con cui la Gentileschi entra in contatto nei suoi anni napoletani.

Molti i soggetti femminili ritratti nelle opere in mostra, dalle sante alle eroine dell’Antico Testamento e del mito; notevole la tela del San Gennaro che ammansisce le belve, parte di un ciclo dipinto per la cattedrale di Pozzuoli. Emerge una potente sensibilità femminile che l’epoca in cui visse e le difficoltà affrontate per imporsi fanno ancor più risaltare.  Questa mostra fa emergere in modo molto evidente  la statura artistica di Artemisia, finora forse nota soprattutto per le dolorose vicende della sua vita.

Nella Galleria Umberto, dove ancora  resistono le reminiscenze dei fasti di un vecchio café chantant, il salone Margherita, una targa commemorativa del comune di Napoli rende omaggio alla scrittrice e giornalista Matilde Serao.

Costeggiando il teatro San Carlo, ancora chiuso per restauri,  e dopo una breve sosta allo storico Caffé Gambrinus visitiamo palazzo Zapata, sede del MUSAP (Museo Artistico Politecnico), creato dalla Fondazione Circolo Artistico Politecnico Onlus, testimonianza della vita artistica e letteraria napoletana dall’ Ottocento ad oggi, con sale fastosamente arredate (una di queste dedicata a Matilde Serao) e una ricca collezione di opere d’arte, dipinti e sculture, documenti fotografici, oggetti.

 Tempo libero fino alla cena, servita nel ristorante dell’albergo e accolta con apprezzamento unanime con menzione speciale per il branzino all’acqua pazza.

SABATO 11 marzo 2023

Prima colazione sulla terrazza panoramica, tra casatielli, sfogliatelle e l’imperdibile spettacolo del Golfo ai nostri piedi. Alla fine  mi metto al pianoforte e strimpello due canzoni rigorosamente napoletane, Santa Lucia luntana e Reginella, le prime che mi vengono in mente.  Puntuali, le due giovani guide vengono a prenderci in albergo. Il giro di oggi parte da via Foria, davanti a Porta San Gennaro, affrescata da Mattia Preti, partenza naturale per la visita al Rione Sanità, posta com’è di fronte al borgo delle Vergini. E qui ci viene svelata l’origine della denominazione “Sanità”, apparentata con “santità”, evocazione di salubrità dell’aria per la vicinanza alla collina di Capodimonte e luogo di sepoltura con presenza di catacombe. Finalmente alla Sanità,  mitico quartiere dove ai tempi dei miei studi universitari ma anche fino a non molto tempo fa non si osava entrare. Oggi, con il progetto San Gennaro Extramoenia e con il restauro di importanti monumenti come le catacombe di San Gennaro, San Gaudioso e San Severo e con il contributo determinante di persone come don Antonio Loffredo, parroco  della Basilica di Santa Maria alla  Sanità, si é messo in moto un circuito virtuoso che ha coinvolto i giovani del quartiere creando occasioni lavorative e di riscatto sociale.  Il quartiere accoglie con la sua vivacità travolgente e lascia un’impronta indimenticabile in chi lo visita: il mercato dei Vergini con i limoni che fecero innamorare Goethe e i pesciolini che guizzano nelle vasche; la lava dei Vergini che invase le strade di pietre e fango; il palazzo dello Spagnolo,

set di tanti film,  con il progetto di un museo dedicato a Totò, nato nel quartiere;  il palazzo Sanfelice, reso popolare  dalla fiction di RAI Uno Mina Settembre…finchè siamo nel cuore del rione Sanità, nella piazza dove  si fronteggiano da un lato la chiesa di Santa Maria alla Sanità (anche detta San Vincenzo alla Sanità) e dall’altro i murales  di Tono Cruz (Luce, Totò e Peppino dalla scena de La Banda degli Onesti).  Li ammiriamo,  mentre aspettiamo di poter entrare in chiesa dopo l’uscita di un  funerale.  Ci attendono, per la visita guidata, i ragazzi della Cooperativa La Paranza: ci ringraziano perchè con la nostra visita abbiamo loro consentito un incremento dei soci.  La cooperativa gestisce, oltre alla visita delle catacombe, una serie di altre attività tra cui una casa editrice (tra le ultime uscite “Vico esclamativo” di Chiara Nocchetti, edizioni San Gennaro, che racconta 24 storie di cambiamento) e un B&B, “La casa del Monacone” in via Sanità 124, restaurata da Riccardo Dalisi, figura chiave dell’arte dell’architettura del design, recentemente scomparso. Ma nel rione é stata anche creata un’orchestra giovanile, Sanitansamble, sul modello didattico del progetto Abreu nato in Venezuela da un’idea di Claudio Abbado. All’interno della chiesa cinquecentesca  é inglobata la chiesa paleocristiana, scendiamo  nei sotterranei per visitare le catacombe di san Gaudioso (santo africano e patrono del rione Sanità) che  rispecchiano il particolare rapporto della gente di Napoli con il mondo dell’aldilà.  Nella “galleria” degli “scheletri” ci viene indicato quello che si dice abbia dato a Totò ispirazione per comporre ‘A Livella”

(..Cca’ dinto, ‘o vuuo capì ca simmo eguale?…)

Completiamo la visita in sacrestia con  il monumentale bel “Presepe Favoloso”, opera della bottega La Scarabattola dei fratelli Scuotto, definiti dal maestro De Simone “dioscuri in jeans”: ci giriamo intorno perchè attorno alla Natività ospita in tutti i quattro lati una miriade di pupi e pastori anche ispirati all’attualità.

Dopo la pausa pranzo, rimanendo nel centro storico andiamo a visitare il complesso di Donnaregina Nuova e Vecchia, con le due chiese gotica e barocca. Il gotico di Donnaregina è tra i primi esempi dell’epoca: splendido il sepolcro di Maria d’Ungheria di Tino da Camaino con la sfilata di piccole statue dei figli della regina; il coro delle Clarisse e la cappella Loffredo con affreschi trecenteschi attribuiti alla scuola di Giotto e del Cavallini; la chiesa barocca, sconsacrata, ospita il Museo Diocesano con una galleria di magnifiche opere d’arte tra cui il San Zosimo di Antonello da Messina, in prestito da Siracusa. 

Relax in albergo, tranne per chi  non rinunzia a fare un ultimo giro per Napoli.

La cena del sabato sera, molto affollata, alla trattoria Medina, poco distante dall’albergo, ci offre una buona varietà di cibi sfiziosi di verace napoletanità. L’atmosfera é chiassosa e vivace; forse riflette l’euforia di una città che, rivivendo il mito di Maradona, santo protettore della città con San Gennaro, pregusta la conquista dello scudetto per la squadra del cuore.

DOMENICA 12 marzo 2023

Una scoperta straordinaria  e non programmata, per la necessità di modificare il programma delle giornate napoletane a causa dello spostamento della mostra di Capodimonte sui pittori spagnoli a Napoli: l’ex Ospedale di Santa Maria della Pace, con cui completiamo la visita di qualche anno fa  alla  Farmacia Storica degli Incurabili, entrambi parte integrante del Museo delle Arti Sanitarie.

Scendiamo dal  pullman  nei pressi di porta Capuana e di là, a breve distanza, saliamo lo scalone del  palazzo nobiliare donato dalla regina Giovanna al suo amante Sergianni Caracciolo, tramutato poi in ospedale dall’ordine ospedaliero spagnolo-portoghese di San Giovanni di Dio. La fortuna ci offre  una guida di eccezione per la visita  della sala del Lazzaretto, riaperta da poco al pubblico, il professor Gennaro Rispoli, chirurgo, ispiratore e direttore del Museo delle Arti Sanitarie. Con l’aiuto della  sua illustrazione colta e illuminante scopriamo il percorso espositivo della mostra “Pianeta Pandemia. Storie virali di contagi e rimedi “ (per augurare salute ai visitatori con lo spirito napoletano, sottolinea il prof. Rispoli). Pannelli, ricostruzione di ambienti (anche case di tolleranza con dovizia di particolari), oggetti e tanto altro, il tutto diviso in due sezioni (Storie di Epidemie e Storie di Vaccini). Un viaggio interessante nella storia della medicina e della ricerca scientifica. Straordinario é il contenitore, una sala immensa lunga quasi ottanta metri, con volta affrescata e raffigurazioni di Vergine e Santi; notevoli il ballatoio che corre lungo le pareti laterali e  che consentiva al personale di somministrare agli infettivi viveri e medicine tenendosene a debita distanza; la maschera dal lungo becco adunco che veniva indossata dai medici curanti, e che che conteneva erbe curative che si pensava filtrassero aria infetta; il presepe con pastori malati e medici in costumi  settecenteschi, e tanto altro. E qui Maria, la nostra guida, ci affascina con la sua bella voce impostata cantandoci un classico napoletano, “Era di maggio”. La visita prosegue, si arriva al Covid 19, che tanto brutalmente ha inciso nelle nostre vite: emerge, dalle parole del prof. Rispoli, una considerazione che non si può che condividere, sulla difficoltà costante, nel tempo, di gestire  le emergenze  attraverso la difficile e complessa cooperazione tra scienza medica e  autorità politica.

Nel nostro gruppo ci sono anche dei medici che intervengono scambiando col prof. Rispoli commenti e notizie sui comuni colleghi. Il direttore dell’Hotel-Dieu di Parigi, uno degli ospedali storici più antichi al mondo, tuttora in attività, è venuto a visitare la Sala del Lazzaretto rimanendone fortemente affascinato. In questo luogo così particolare é stata girata, per suggerimento del prof. Rispoli, la fiction “L’amore che guarisce” (protagonista Giuseppe Fiorello) dedicato alla vita di Giuseppe Moscati, il medico dei poveri proclamato santo. 

Dall’ex Ospedale della Pace a Santa Caterina a Formiello, ultima nostra meta partenopea. 

E’ un complesso ben articolato, con la chiesa rinascimental-barocca, l’antico lanificio ormai dismesso, unico esempio di archeologia industriale borbonica nella città rispetto a San Leucio, il chiostro rivitalizzato dalla fondazione Made in Cloister con mostre di arte contemporanea, ora con la mostra Composing Bioethical Choices dell’ucraino Aljoscha , una denuncia della guerra, realizzata nei primi mesi di conflitto con gli studenti delle scuole di Kiev.

Nel viaggio di ritorno sostiamo a Vallesaccarda, dove il grande  Minicuccio ha apparecchiato per noi la tavola del pranzo, ricca, varia e gustosa  come  sempre.    

L’Adirt incontra Anna D’Elia

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Venerdì  5 maggio 2023

ore 17.30 in via Istria 6

l’Adirt  incontra Anna D’Elia

che con il suo Saggio “Arte per il Pianeta“ (editore Meltemi 2023) prosegue la trilogia sulla cura iniziata con “Fotografia come Terapia” (2018) e  “Vederscorrere, l’arte che salva” (2021).
L’arte impegnata sul fronte della sostenibilità ambientale ripensa i corpi e le soggettività, i tempi, gli spazi, le connessioni tra specie vegetali e animali per affrontare le attuali criticità. 

Lo spettatore è sollecitato a vivere le opere come esperienze necessarie per sopravvivere nelle mutate condizioni planetarie.

Monteferraro: Un Bosco di Comunità tra Turi e Conversano.

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Venerdì  28 aprile 2023

ore 17.30

nella sede dell ‘Adirt in Via Istria n.6

“Monteferraro: un Bosco di Comunità

tra Turi e Conversano”

Gianni Signorile, esperto di etnobotanica  e profondo conoscitore di questi luoghi, racconterà il fragno, i peri selvatici, le orchidee e le essenze rare e, soprattutto, racconterà dell’acquisto del bosco condiviso, che ha visto coinvolte 350 persone di tutta Italia, alcune dall’India, dall’Egitto e dalla Francia.

Qualcosa su i Lehman, di Stefano Massini

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28 marzo 2023

Stefano Massini “Qualcosa su i Lehman”, Mondadori, 2018

proposto da Tonia Lamanna

di Tonia Lamanna

Che “Qualcosa su i Lehman” sia un’opera sorprendentemente originale, fuori dagli schemi letterari, si coglie fin dal frontespizio: “romanzo/ballata” è la presentazione …  e già questo intriga! La dedica “alla memoria di Luca Ronconi”, uomo di teatro, ne è poi un altro qualificante indizio. Leggere la successiva  epigrafe dai toni aulici e declamati incuriosisce ulteriormente, ma quando continuiamo a sfogliare le  803 pagine del  voluminoso tomo, restiamo letteralmente stupiti nello scoprire, con il tipico allineamento grafico tutto a bandiera sinistra, una scrittura completamente concepita in “versi” raccolti in “strofe” (dal metro, ritmo e schema liberissimi), distribuite in “capitoli” (dai molteplici titoli poliglotti ebraici, yiddish, inglesi, italiani che il prezioso glossario annesso ci aiuta a decifrare), riuniti nei  tre “Libri”, (precisamente venti  capitoli  nel primo), I TRE FRATELLI,  (ventisette nel secondo), PADRI E FIGLI,  (ventisette nel terzo) L’IMMORTALE, a mo’ di poema  epico classico, con tanto di epiteti e formule verbali ripetute a scopo mnemotecnico tipici dell’epos di aedi e rapsodi antichi.

Con cautela ci accostiamo allora all’impresa di una lettura apparentemente impegnativa, ma bastano  i primi righi per essere immediatamente risucchiati dal magnetismo visivo dell’impaginazione verticale della parola stampata  e contemporaneamente uditivo dello stile  orale e scenico del linguaggio utilizzato: semplice e ricercato allo stesso tempo, fluido,  vivido e dinamico, ora più veloce asciutto e descrittivo, ora più lento ridondante e suggestivo, in un corto-circuito tra poesia, teatro e letteratura, classico e modernissimo insieme.  Ad aumentare la qualità multimediale del materiale linguistico usato, vera cifra post-moderna di quest’opera monumentale, emerge poi man mano  il pluralismo dei molteplici codici comunicativi e sistemi simbolico-culturali presenti nel romanzo: religioso, storico, politico, matematico, informatico, della grafic novel,  pubblicitario, sportivo, musicale, tipografico e, uber alles, senza scadere nel tecnicismo, quelli dell’economia e della finanza. Un lavoro “compositivo” amplissimo,  dispiegato ingegnosamente dall’autore Stefano Massini  tra  il 2009 e il 2016 (anno di pubblicazione) per tessere un romanzo storico contemporaneo ispirato alla saga familiare ed ascesa sociale dei Lehman iniziata nella metà dell’800 dal capostipite Heyum Lehmann, ebreo tedesco immigrato giunto nel 1847 a New York per restarvi  ”giusto qualche anno, quanto basta per farsi ricco e poi tornare” e  tener  fede al suo impegno di sposare Bertha Singer – la smunta ma ricca fidanzata del  suo paese. Rispettoso inizialmente delle rigorose disposizioni patriarcali dell’anziano e coriaceo genitore,  mercante  di bestiame bavarese che lo attende nel suo villaggio natale di Rimpar, in Germania,  ne prenderà progressivamente le distanze.

Ma “il carillon chiamato America”, in cui con decisione e intraprendenza s’introduce per primo, cambia in Henry Lehman non solo il nome del  giovane fondatore della dinastia  – poi designato  “la Testa –  ma l’intero destino suo, dei due fratelli  Emanuel (“il Braccio”) e Mayer (“la Patata”) che lo raggiungono dopo qualche anno, e della loro nutrita progenie di figli e nipoti tra cui gli ambiziosi, freddi calcolatori  e rampanti Philip, Arthur, Harold e Allan, e altri (Sigmund, Peter, Robert/Bobbie) profondamente e tragicamente tormentati, invece, dalla sofferta investitura ai ruoli dirigenziali nell’impero economico-finanziario  imposta loro, più o meno implicitamente, dalla famiglia. Impero cresciuto intanto a dismisura nell’arco di 120 anni di sfrenato sviluppo:  Bobbie  sarà l’ultimo rappresentante della famiglia Lehman  a guidare la Società Lehman Brothers Holdings Inc., morirà nel 1969. Lo sregolato sviluppo sarà stato tanto più vincente quanto più ispirato ai valori cinici del comando, della concorrenza spietata, del più feroce  e astuto  individualismo (anche all’insegna della menzogna e dell’inganno), e dell’illimitato e onnivoro trasformismo imprenditoriale.

Il cambiamento trans-culturale, oltre che di status, che tale trapianto dei Lehman nel nuovo continente genera, è anche segnato dal passaggio da una religiosità  ebraica  tradizionale e conservatrice -incarnata ancora nella staticità dei valori etici del padre – ad un ebraismo riformato di cui l’abolizione della divisione tra uomini e donne nel Tempio (non più Sinagoga) e l’istituzione delle “panche di famiglia”,tanto simbolicamente citate  a partire dal  Capitolo quinto del Libro Secondo: Familie-Lehmann, ne sarà esempio emblematico. Dell’antica ritualità permane in particolare la celebrazione ricorrente e comunitaria del lutto, i sette giorni della Shivà, gli unici momenti di pausa pensosa sull’esperienza umana del  “limite”, della “fine”  che i rappresentanti  maschi  “selezionati”  della famiglia si concedono nella girandola adrenalinica dell’affermazione affaristica di sé e dell’”Impresa”. Nell’ultima e definitiva scena finale dell’Epilogo i 14 Lehman protagonisti, raccolti in un surreale Consiglio d’Amministrazione conclusivo e tombale, prendono  atto della caduta e fallimento  del loro impero e ne recitano il funereo Qaddish.

“E’ il Capitalismo bellezza !” verrebbe da dire, parafrasando una celebre frase cinematografica, ma non vi è mai, da parte dell’Autore, un giudizio morale o ideologico sui protagonisti, fermo restando il timbro satirico che sottotraccia colora costantemente la narrazione (per mantenere la metafora musicale di questo commento),  eco piuttosto del tipico umorismo corrosivo che pervade, per tradizione, la cultura yiddish assorbita dall’autore durante la frequentazione  acuta e intelligente di amici ebrei  e delle loro famiglie, nell’età della formazione fiorentina. Il suo richiamo continuo a personaggi e vicende bibliche è il bordone che sostiene e accende  l’immaginario onirico e simbolico sia dei protagonisti che del lettore. Le “gesta” delle tre generazioni di Lehman  impegnano i rispettivi tre Libri costitutivi del romanzo/ballata e s’intrecciano sempre più strettamente con le vicende storiche e socio-politiche delle città e i territori abitati dai tre fratelli i quali manifestano subito un notevole talento per gli affari e una precoce  capacità  di penetrazione del continente (e ben oltre!) quasi profetizzata o piuttosto ispirata dal rabbino Kassowitz  in un memorabile iniziale incontro oracolare col primogenito. Dalla  fredda New York al sole caldo di Montgomery in Alabama, Henry  “si fa” (self made man, secondo la logica del liberismo americano più pionieristico) piccolo venditore di tessuti e abiti:  il negozio è suo, comprato con debiti e cambiali, gestito con senso del  sacrificio e tenacia, e ben presto inizia a farsi pagare dai clienti coltivatori di cotone nelle piantagioni degli Stati del  Sud con la preziosa materia prima, che commercializzerà a buon prezzo negli Stati del Nord. Il motto diventerà : “Comprare e rivendere. /Comprare e rivendere. /Comprare e rivendere

E’ l’inizio della fortuna della Società “Lehman Brothers” costituita dai tre fratelli nel 1850 che, nonostante la morte prematura di Henry, ben presto si fanno “mediatori” commerciali tra i produttori non più solo di cotone ma anche di zucchero e poi di caffè e ancora di tabacco, una escalation che porterà  il fratello Emanuel ad aprire una nuova sede nella più dinamica New York “dove il cotone diventa banconote” ovvero dove inizia il processo di  smaterializzazione della ricchezza famigliare con il passaggio dalla concretezza della merce e della fatica del lavoro necessario a produrla all’astrattezza  del suo valore di scambio, ovvero il denaro che investito per se stesso servirà a produrre altro denaro: la Società diventa una Banca prima commerciale e poi d’Investimenti  con un ruolo già attivo nella ricostruzione degli Stati della Confederazione sudista dopo la vittoria del Nord nella Guerra di Successione del 1865. L’esito della Guerra muta la  prospettiva catastrofica di un disastro economico per i Lehman in un’ulteriore occasione di profitti.

Il Secondo Libro PADRI E FIGLI “canta” l’apoteosi  di una incredibile accelerazione dell’espansione economica della famiglia Lehman ed anche sociale, grazie ad un’oculata strategia di matrimoni: il quartier generale della Società è spostato tutto nella sede di Liberty Street a Manhattan nel cuore di New York. Qui la transizione alla cultura urbana e borghese nord-americana dei figli di Emanuel è completata e l’integrazione si perfeziona, oltre che con lo studio multiplo delle lingue, perfino con lo studio del violino, strumento più “leggiadro, agile e moderno… esalta la silhouette, si suona in piedi……” – Philip figlio di Emanuel  a sei anni lo suona perfettamente – ”non ingombra mastodontico come i pianoforti nelle verande del Sud” suonati invece dalle cugine figlie di Mayer a Montgomery in Alabama, tipici di quella cultura meridionale più salottiera, più lenta, più assonnata e zuccherosa, tutta… “Kish Kish” … tutta da superare al più presto.

A New York “tutti impazziscono a fare fare fare /costruire costruire costruire/inventare inventare inventare”, è la città dove “tutto quanto è in movimento/tutto quanto è azione/ tutto quanto è energia” ed allora i capitali della Banca Lehman nelle ultime decadi dell’800 andranno all’estrazione del carbone, del petrolio, all’industria del ferro, della mobilità ferroviaria,  al cui “progresso”  la Società partecipa entrando nel mercato sempre più smaterializzato delle “obbligazioni”. I profitti bancari si moltiplicheranno esponenzialmente  grazie agl’investimenti degli “azionisti” che, affidandosi fiduciosi alla consulenza finanziaria dei Lehman,  si orientano verso l’industria automobilistica, elettrica, trasporti nautici, costruzione di  ponti, strade e canali giganteschi (come quello di Panama) e tutto quanto è quotato in Borsa.  Anche il paffuto Sigmund ha imparato la lezione delle 120 regole del perfetto e duro uomo d’affari in stile Lehman che i cugini gli hanno impartito: “ha perso l’aria da tenero coniglietto” e si è allineato applicandosi  spregiudicatamente  al commercio  di frutta esotica con i Paesi dell’America Centrale entrati intanto nella sfera d’influenza statunitense. Ma è Philip il golden boy della scalata, freddo e metodico anche nella vita privata, dal fiuto ineguagliabile, è capace di scaltre alleanze vincenti con le altre grandi famiglie ebree della finanza newyorkese o di uso furbesco della stampa contro le stesse associate pur di battere tutti i primati del sistema  finanziario nazionale. Non arretra neanche nel sostenere economicamente l’impegno militare statunitense per aiutare il  Presidente Wilson a schierare gli USA  a fianco della Gran Bretagna  nella Prima Guerra mondiale.  Anzi lo promuove nella prospettiva di  allargare l’impero familiare verso il Vecchio Continente con l’apertura di nuove agenzie  europee – una sorta di distorto ritorno alle origini – entrando così in rotta di collisione col cugino Herbert,  fin da giovanissimo  critico e rivendicativo verso la logica del mercato iperliberista senza scrupoli del cugino e del fratello Arthur.  Sarà il silenziosissimo Dreidel, figlio di Henry, in un profluvio di parole (A lot of words) non pronunciate per decenni,  a chiosare il pericoloso crinale sul quale la banca Lehman è ormai avviata, con un discorso memorabile che chiude l’ultimo capitolo del Libro Secondo.

Il Libro Terzo L’IMMORTALE si apre sui Ruggenti Anni Venti del Proibizionismo, della Radio, della diffusione della Musica Jazz, del volo aereo e dell’industria aeronautica:  i Lehman  sono ora una Corporation ovvero una Multinazionale, si occupano di Fondi Comuni d’Investimento “Investire soldi solo per fare soldi”, la politica americana generosamente non interviene sul libero mercato. “Nessun controllo sui gruppi finanziari. /Imposte sui capitali ridotte al minimo. /Tassi d’interesse pressoché a zero. /Che cos’è questa se non una pacchia”. L’arida logica calcolatrice del cugino Arthur è alle stelle : i guadagni  sono altissimi, illimitati, inarrestabili … e d’improvviso ….il crack di Wall Street del 1929, il crollo del sistema bancario americano che trascina con sé l’economia dell’intera nazione con suicidi degli agenti di borsa, licenziamenti nelle fabbriche, miseria, fame, rabbia e furore popolare, disperazione generale. Un diluvio universale che travolge e stravolge le logiche del mercato, nulla sarà più come prima. Sono gli anni della Grande Depressione durante la quale diversi  Lehman si troveranno su fronti diversi  a proporre formule salvifiche : il cugino Irving eletto Giudice Capo della Corte di New York;  ancora più schierato il cugino Herbert, datosi alla politica, eletto nel Partito Democratico Governatore dello Stato di New York. Al cugino Bobbie figlio del dorato  Philip, tocca la responsabilità di far galleggiare la Banca di famiglia come una novella arca di cui lui è il nuovo Noach (Noè il Patriarca) nonostante l’ostilità della moglie Ruth e dei procugini Arthur, Arold e Allan. Nulla sarà come prima, ma “tutto cambia perché nulla cambi”: l’America che emerge dal diluvio è quella di Franklin Delano Roosevelt, l’America del New Deal: più diritti ai lavoratori, ferie e malattia pagate, divieto di licenziamento, più lavoro alle donne… più tasse sui profitti.

Per la Banca internazionale dei Lehman è giunto il tempo di dare più spazio ai membri esterni nel Consiglio dei Partners, una grande rivoluzione per l’impresa non più esclusivamente familiare che resta comunque la  stessa macchina per produrre milioni:“ Vuoi il futuro sicuro ? FONDI PENSIONE LEHMAN BROTHERS/Vuoi sorridere ad ogni evenienza? COMPAGNIE D’ASSICURAZIONE LEHMAN BROTHERS /E ancora : Polizze Malattia, Copertura Famiglia…” La Previdenza Sociale  privata diviene dunque il nuovo affare;  per garantire l’Ottimismo strategica ci sarà  l’industria cinematografica dei Sogni e della Risata; per restituire Fiducia alla lower class? Ottima  la cultura pop dei Supereroi del Fumetto; per la serenità  familiare piccolo borghese ecco l’industria degli elettrodomestici tra cui la televisione (col suo ipnotizzante “Saturday Game Show”);  per l’immediato benessere materiale sbandierato dalla pubblicità? Pronto il consumismo prossimale della rete dei Superstores, Megastores … e  tutto questo grazie a investimenti targati Lehman. Il modello ormai ha travalicato l’Oceano, dopo la Seconda Guerra Mondiale è divenuto stile di vita “Occidentale, ha assorbito l’Europa, e siccome  il “Nemico Sovietico” post -bellico non è più solo alla frontiera orientale dell’Impero ma anche al suo interno, il Senatore McCarthy  ha già dato inizio in patria alla caccia alle streghe. Finito il Maccartismo, perfino la paura della bomba atomica è superata  negli anni Sessanta: siamo tutti uguali /uomini e donne, /bianchi e neri /perché abbiamo tutti il portafoglio, /perché abbiamo tutti un conto in banca. La linea del nuovo Marketing è vincente su tutto il pianeta “recitare/recitare sì,/fare finta che chiunque può comprare tutto/ …..dire a tutti chi compra ci guadagna/ chi vende sta perdendo/…….vinci se compri/ se compri trionfi/se compri mi batti/ se compri sei il primo…Il nostro obiettivo è un pianeta Terra/ in cui non si compri più nulla per bisogno/ ma si compri per istinto./ O se volete, per identità./ Solo allora le banche/ e con loro Lehman Brothers / diventeranno immortali”:  dall’Artico all’Antartico dal Perù a Singapore sugli affari Lehman Brothers non tramonta mai il sole.  Ora la parola d’ordine è “COMUNICARE People! C OMUNICARE”  e investire milioni di dollari nelle Multinazionali dei Telefoni, nei milioni di cavi che avvolgono la Terra, e poi nell’incredibile invenzione fantascientifica dei Computers e della conquista dello Spazio.

L’idolatria finale del dio denaro (“Egel ha Zahav-Il Vitello d’oro”) di Lehman Brothers, giovanilistica, iper -instabile e frenetica fino al parossismo,  sarà celebrata  dalla Division Trading diretta dal  rude immigrato ungherese, trader d’assalto,  Lew Glucksman, che fa il lavoro sporco  col suo pupillo Dick Fuld  e la sua squadra nevrotica  all’attacco: compra e vende azioni  contemporaneamente, turbinosamente, in 10 Borse di tutto il mondo, bleffando spesso con i compratori sull’inaffidabilità dei titoli ma triplicando gli utili in un mese: i Partners anziani sono preoccupati  da quel mercato drogato ma Bobbie Lehman è morto e nessun Lehman è più alla Direzione dell’impero. Si affidano al nuovo Presidente della Banca, lo scaltro Pete Peterson dall’ambigua  origine greca/svedese, già collaboratore e negoziatore in Cina con Nixon, lui sì che conosce le buone maniere. E’ lo scontro finale: Glucksman contro Peterson, lo Squash contro il Ping-Pong  (l’ennesima sensazionale metafora sortita dalla mente geniale dell’autore), la Borsa contro la Banca, vince la Borsa ma è un successo suicida che provoca  il tracollo della gestione Glucksman e la vendita dell’immortale marchio. “Dove fallì il ping-pong/fece boom lo squash”  è il  lapidario stigma di Massini nel 27° capitolo del Terzo Libro. La cronaca ci informa che dopo ulteriori trasformazioni societarie, nel 2008 arriva il crollo disastroso della Lehman Brothers, in assoluto la più imponente bancarotta  nella storia americana ovvero mondiale: a 158 anni dalla sua fondazione.  A seguire il lugubre Epilogo.

L’opera ha suscitato un grandissimo  interesse di pubblico nella sua versione teatrale con il titolo “Capitoli del crollo” fin dalla sua apparizione nel 2010 in Italia e in Francia poi,  con il titolo  “Lehman Trilogy”, messa in scena dai più importanti teatri e registi americani ed europei  fino a vincere  nel 2022 a New York 5 Tony Awards. E’ l’ ultima opera diretta da Luca Ronconi, già mentore di Stefano Massini che ne è stato assistente volontario dal 2001 e  poi sostituto alla sua morte come consulente artistico del Piccolo Teatro di Milano.  Nel 2015 è stata  trasmessa dalla televisione italiana dove dal 2020 Massini interviene anche come attore, autore di vibranti e appassionate orazioni nella trasmissione “Piazza pulita” di  Corrado Formigli, scrive sul quotidiano “ Repubblica”.  Nel 2017 il romanzo pubblicato da Mondadori  ha vinto in Italia i premi Mondello , Campiello , De Sica , Giusti e Fiesole. In Francia, l’edizione pubblicata nel 2018, ha ricevuto il Premio Medici e quello del Miglior Libro Straniero.

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Breve nota a cura di Teresa Santostasi dopo l’incontro del gruppo di lettura:

Una sfida “lodevole”, la lettura di questa storia/ballata che ha trovato la piena approvazione del gruppo di lettura. Per alcune una scoperta, Stefano Massini, questo Autore/Attore/Drammaturgo, Narratore dal vivo (interviene nei programmi “Piazza pulita” su La7, Rai3 “Ricomincio da tre”…), acclarato personaggio mediatico la cui firma è una garanzia (su la Repubblica “Parole in corso”, dallo spettacolo di Formigli “Racconti di vita”), vincitore, nel 2022, del premio Tony Awards per la migliore opera teatrale con il lavoro “Lehman Trilogy”, debuttato a Saint-Etienne nel 2013 e nel gennaio 2015, al Piccolo teatro di Milano, ultimo progetto di Luca Ronconi.

In “Qualcosa sui Lehman” Massini mescola letteratura e fumetto in una fantastica caricatura POP. Scrive in forma di ritmo di ballata, trasportandoci dentro una storia che ci riguarda e che non appartiene solo alla famiglia Lehman. Lo stile narrativo è stato definito “originale, geniale, giocoso, ritmico, a volte telegrafico”, utilizzando i linguaggi più disparati, elenchi, dialoghi, in un “meticciato” della attuale cultura ed una grafica che aiuta a leggere le oltre 800 pagine del testo. Affrontando un tema pesante (l’economia), con eleganza e leggerezza, ne abbiamo apprezzato la musicalità del testo che a volte risulta divertente (“sorridevo anche nella tragicità dell’argomento”). Si è detto che, come Carrère, Massini attinge dalla realtà la conoscenza ed il piacere del racconto.  E ’la storia di una banca, dal 1844 nei 160 anni del nostro tempo, ma anche di esseri umani diversi tra loro, di fratelli ebrei ashkenaziti che dalla Baviera emigrano in America e che, a partire dal nulla, diventano il terzo colosso finanziario a livello mondiale. La sua caduta, nel 2008, provocherà una crisi finanziaria internazionale. E ’la storia di una famiglia che ha evocato l’Odissea, dove già dalle prime pagine si respira odore di poema omerico, pur mancandone la metrica; una storia che inizia sul molo di un porto americano, con un giovane immigrato ebreo tedesco che respira l’entusiasmo dello sbarco; è il seme da cui nascerà il grande albero di una saga familiare ed economica capace di cambiare il mondo. Acuto e razionale, Henry Lehman si trasferisce nel Sud degli Stati Uniti, dove apre un negozio di stoffe. Ma il cotone degli schiavi è solo il primo banco di prova per l’astuzia commerciale targata Lehman Brothers (perché nel frattempo Henry si è fatto raggiungere dai fratelli Emanuel e Mayer). Con il tempo, al cotone si sostituiscono il caffè, lo zucchero, il carbone, e soprattutto la nuova frontiera di un’industria ferroviaria tutta da finanziare; ai padri subentrano i figli ed i nipoti, in un mosaico di umanità diverse, assortite, contraddittorie. E’ stato evidenziato il “gap” generazionale tra Abramo il capostipite, i nipoti e i figli dei nipoti. La storia è un percorso antropologico della nostra società, il racconto dell’abbandono di una religione (l’ebraica integralista), per abbracciarne un’altra (il capitalismo) dove l’etica religiosa viene applicata all’etica della finanza. Massini ci fa riflettere su ciò che è la nostra vita e come siamo arrivati ad essere ciò che siamo.

Ha sorpreso, chiarendone le ragioni, la profonda conoscenza del mondo giudaico dell’Autore che bene interpreta l’animo ebraico con il suo tipico umorismo, pur essendo un gentile. Si è inoltre sottolineata la marginalità delle figure femminili nel mondo dei Lehman, quasi ad amplificare il silenzio delle donne nella Bibbia che qui restano pressochè mute!  Infatti, l’albero genealogico che apre il racconto esclude del tutto la presenza delle mogli, mamme, figlie, cugine…

E’ stato evidenziato che Massini trova ispirazione dalla maschera tragica di Buster Keaton, il comico dal viso serio; veri “colpi di teatro” sono il gioco degli equivoci tra Bobbie ed i banchieri, la scena decisamente teatrale dei banchieri che portano i figli al tempio per farli circoncidere e battezzarli nel mondo dei grandi; la riunione del funerale della banca ha ricordato “Lezioni di tango” di Elsa Osorio, dove i personaggi vivi incontrano i personaggi defunti tornando tutti in scena verso una dimensione metafisica.

Massini non condanna né giudica, né emerge alcun giudizio sul capitalismo; Massini osserva, racconta di come la parabola del capitalismo non è solo responsabilità della finanza e degli speculatori; molte colpe provengono da comportamenti individuali, dove ognuno di noi corre il rischio di cadere nella stessa trappola di Pinocchio che dà i suoi soldi al gatto e alla volpe, affinchè, senza lavorare e senza sudore, la mattina dopo possa trovare il doppio dei soldi nel campo dei miracoli (vedi intervista a Massini, incontro presso il Chiostro del piccolo teatro a Milano 31.03.2014)

Si è suggerito che “Qualcosa sui Lehman” possa essere letto e discusso nelle scuole, perché rappresenta una vera lezione di economia e di vita, riuscendo a distinguere sfruttatori e sfruttati.

Il titolo del racconto suggerisce “qualcosa”, ma in realtà, c’è tutto!!

Baruch Ha Shem!

Nel corso dell’incontro sono stati ricordati:

  • Pastorale Americana di Philip Roth
  • Lezioni di tango di Elsa Osorio
  • Oltre il giardino film di Hal Ashby (1979)
  • L’Avversario di Emmanuel Carrère
  • L’Odissea di Omero
  • Woody Allen
  • Buster Keaton
  • Charlie Chaplin
  • Interviste a Stefano Massini: Corrado Augias nel programma di Rai 3 “Quante storie” stagione 2016/2017, reperibile su RaiPlay 01.12.2016
  • Piccolo Teatro a Milano presso il Chiostro 31.03.2014
  • Piccolo Teatro Grassi a Milano dal 29.01.2015 al 15.03. 2015 con Luca Ronconi

Tino Sorino e Pierfranco Moliterni raccontano Nino Rota – Adirt 21 aprile 2023

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Venerdi 21 aprile,

alle ore 17.00, sede Adirt in via Istria n. 6

Nino Rota e Bari, attraverso il Racconto di Tino Sorino e Pierfranco Moliterni.
Tino Sorino nei suoi testi “In seicento o a spasso con Nino Rota” e “ Nell’intimità di Nino Rota. Curiosando ancora tra le carte di Prudenzina Giannelli” (NeP edizioni 2022), traccia una biografia intima di Nino Rota e dei suoi amici di Puglia.

Pierfranco Moliterni con il suo  “Nino Rota. L’ingenuo candore di un musicista” (Edizioni Radici Future  2020),  si sofferma sul musicista e sul suo stile “inattuale” rispetto alle avanguardie e ai novecentismi della musica contemporanea oltre che sul Direttore del Liceo Musicale e del Conservatorio di Bari.

Comunicato Adirt del 29 marzo 2023

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MARTEDI 4 aprile 2023, ore 17:30 

nella sede dell’Adirt, in via Istria n. 6, incontro con Fabio Galeandro, direttore del Museo e del Parco archeologico di Egnazia, su:

Antichi popoli di Puglia. L’archeologia racconta”,

un viaggio nel tempo lungo 900 anni, attraverso reperti archeologici mai esposti.

seguirà

GIOVEDI 6 aprile 2023

la visita guidata della “Mostra sugli antichi Popoli di Pugliapresso il Castello Svevo.

Appuntamento ore 09:45 presso la Biglietteria del Castello.

Per organizzare al meglio il tutto è importante conoscere il numero dei partecipanti alla visita guidata.

info: 339.4029450 – 338.6092628

Lucia Aprile

DanteDì all’Adirt

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Sabato 25 Marzo 2023

ore 17:30

Via Istria n. 6 Bari

Il 25 marzo è il DanteDì, la Giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri.
La data è quella che gli studiosi riconoscono come inizio del viaggio nell’aldilà della Divina Commedia ed è l’occasione per ricordare in tutta Italia e nel mondo il genio di Dante con tante iniziative, anche on line, organizzate dalle scuole, dagli studenti e dalle istituzioni culturali.

Per il “DanteDí“, l’ADIRT invita Soci ed Amici, Sabato 25 marzo, presso la nuova sede in via Istria n.6, a condividere ad alta voce brevi letture, di Dante e su Dante, portate dai Partecipanti.

Sarà una bella occasione per riprendere i libri della Commedia da qualche mensola poco frequentata della libreria, per ricordare e scegliere i versi da leggere insieme nell’incontro di sabato, facendo rivivere alcuni versi nella lettura ad alta voce.

Antonio Pofi. Una Lettera da Gimma

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MARTEDI 21 Marzo, ore 17:30

Sede ADIRT, Via Istria, n. 6

Martedì 21 marzo alle ore 17:30,  l’Adirt nella nuova sede in Via Istria n. 6, presenta Una lettera da Gimma di Antonio Pofi. A cura di Gianni Pofi.

Un racconto autobiografico narrato con sincerità e semplicità. La storia di una vita travagliata e coinvolgente, da cui traspare il carattere tenace, la ricerca di realizzazione professionale, la volontà di riconoscimento sociale che ha sempre sostenuto l’Autore.

Ma nella narrazione si specchiano anche i grandi rivolgimenti politici, sociali e di costume avvenuti in Italia nel XX secolo, dalle miserie dell’arcaica società contadina del meridione alle illusioni del ventennio fascista e del colonialismo italiano, dalle resistenze alla modernità dei grandi latifondisti agli entusiasmi della ricostruzione post-bellica degli anni ’50 – ‘60

Risalta nel racconto una preziosa testimonianza su drammatici quanto quasi sconosciuti episodi di atroce violenza avvenuti tra prigionieri italiani in Kenya nel 1943-1944.

Michele Cecere dialogherà con Gianni Pofi. Letture di Lucia Aprile.

info.  339.4029450 – 338.6092628 

l’ADIRT a Napoli

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10 – 11 – 12 MARZO 2023

Il 9 marzo 2020 iniziava il lockdown. Ci siamo ritrovati chiusi in casa, la nostra vita “normale” spazzata via, i nostri viaggi di conoscenza svaniti nel nulla.

Ora, dopo tre anni, ci riproviamo partendo proprio da quell’ultimo viaggio a Napoli, rimasto quasi sospeso in una dimensione irreale.

A Napoli il mito non è mai distante dal reale. Italo Calvino diceva che le città non sono solo un labirinto di strade, ma anche un paesaggio dell’anima.

Ecco dove avrebbe voluto trovare casa, perche lì la Sanità sa come da nessun’altra parte di ventre materno, primogenitura, principio di un lunghissimo passato mai passato, silenzio e tumulto di un fuoco che continua a covare sotto la cenere.” Ermanno Rea, Nostalgia

IL VIAGGIO

VENERDI 10 marzo 2023, partenza.

Arrivo a Napoli intorno alle 12.00 

Percorso a piedi per raggiungere Gallerie d’Italia dove visiteremo la Mostra “Artemisia Gentileschi a Napoli” 

A seguire passeggiata a Toledo sulla tematica relativa ai Luoghi legati a Matilde Serao (Angiporto Galleria/Piazzetta Matilde Serao, Galleria Umberto).

Visita al MUSAP – Museo Artistico Politecnico di Napoli a Palazzo Zapata, la storia di Napoli in un viaggio immaginifico dalla Belle Epoque all’arte contemporanea. “Immergersi nelle preziose sale di MUSAP è come tuffarsi in un luogo fuori dal tempo

SABATO 11 marzo 2023

Transfer in bus al Rione Sanità – La Basilica di Santa Maria della Sanità un autentico museo della pittura napoletana del XVII secolo, con preziosi quadri, tra gli altri, di Luca Giordano e Andrea Vaccaro, e la prima rappresentazione napoletana della Madonna con Bambino

Catacombe di San Gaudioso, una delle antiche aree cimiteriali di epoca paleocristiana, IV-Vsec. Le Catacombe di Napoli sono gestite da Padre Loffredo e dai 39 ragazzi della Cooperativa La Paranza che hanno creato un circolo virtuoso che ha fatto conoscere e valorizzare anche tutte le altre bellezze dello storico quartiere cittadino riconosciuto dall’Unesco patrimonio dell’umanità

Visita al Complesso Monumentale Donnaregina, un percorso storico-artistico di oltre tre secoli, all’interno di una vita conventuale e monastica di grande interesse.

DOMENICA 12 marzo 2023

La Sala del Lazzaretto dell’ex Ospedale della Pace dove è allestita una mostra permanente sulla storia della grande tradizione medica napoletana.

Chiesa di Santa Caterina a Formiello e Fondazione per l’arte contemporanea Made in Cloister che ha recuperato e restaurato in parte il chiostro di Santa Caterina, consentendo, attraverso un complesso progetto, lo sviluppo di attività artistico-artigianali all’interno del chiostro stesso e dove è visitabile la mostra site specific Composing Bioethical Choices dell’artista ucraino-russo Aljoscha

Partenza per Vallesaccarda (AV) e rientro a Bari

Berta Isla, di Javier Marìas

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21 Febbraio 2023

Javier Marías, “Berta Isla”, traduzione di Maria Nicola, Einaudi, 2018

proposto da Adriana Pepe

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Breve nota a cura di Elisa Cataldi dopo l’incontro del gruppo di lettura:

Lettura da tempo rinviata, finalmente quest’anno, forse catalizzatore il sopravvenire della morte dell’autore, proposta da Adriana, è stata accettata con entusiasmo. Globalmente gradito a quasi tutte le partecipanti, con sfumature diverse, ne è stato sottolineato lo spessore letterario, l’intensità, la molteplicità dei temi affrontati. Storia sentimentale e Spy Story si fondono in una narrazione emozionante, coinvolgente, ricca di colpi di scena. Un thriller che si trasforma in romanzo psicologico: l’identità personale, l’attesa (Berta, una moderna Penelope, così acutamente definita da M. Concetta Tringali), il sentirsi costretti in una vita non scelta, il tempo che passa veloce mentre la vita “accade”, la morte, in una trama che alcune hanno trovato troppo indaginosa e come tale poco credibile. L’Autore mette sotto la lente d’ingrandimento un rapporto di coppia molto imperfetto, alle prese con gli imprevisti della vita, una relazione che si ritrova a viaggiare sull’orlo del baratro, della rottura e che invece, nonostante tutto, si rivela un legame fortissimo ed imprescindibile per entrambi.

Un libro malinconico, è stato detto, perché parla di silenzi, di incomunicabilità, dell’impossibilità di conoscere a fondo chi amiamo. Da ogni avvenimento scaturiscono riflessioni profonde, meditazioni infinite, frequenti ripetizioni che alcune di noi hanno trovato prolisse, eccessive. La digressione, però, vera cifra dell’Autore, non sospende la trama, ma la arricchisce e contribuisce alla comprensione dell’opera nel suo complesso.

Innumerevoli i riferimenti storici (il Franchismo in Spagna, la guerra delle Falkland, la questione dell’Irlanda del Nord, l’Europa dell’Est fino alla caduta del muro di Berlino), e soprattutto i riferimenti letterari: da T.S. Elliot che accompagna tutta la narrazione, a H. de Balzac, a Melville, a Janet Lewis. Per non parlare di Shakespeare, del quale vengono riprese intere scene dell’Enrico V per parlare del conflitto fra la Ragion di Stato e la responsabilità individuale (così come “Domani nella battaglia pensa a me”, titolo del suo precedente bellissimo romanzo, è un verso del Macbeth di Shakespeare)

Nel corso della discussione sono stati citati:

Wakefield, in Tutti i racconti, Nathaniel Hawthorne, Feltrinelli, 2013

Il ritorno di Martin Guerre. Un caso di doppia identità nella Francia del ‘500,  di Natalie Zemon Davis, prefazione di Carlo Ginzburg, Officina Libraria, 2022

Il ritorno di Martin Guerre, film di Daniel Vigne (1983) con G. Depardieu

La moglie di Martin Guerre, Janet Lewis, Ed. Racconti, 2022

Tesori di Archeologia e arte nei Musei di Monopoli/Visita Museo Archeologico di Egnazia

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Sabato 4 Marzo 2023

Tesori di Archeologia, Arte nei Musei di Monopoli

“Egnazia e il mare”, Museo Archeologico di Egnazia

Ore 8:30 Partenza con autobus da Largo Sorrentino / Ore 8:45 da Largo 2 Giugno 

Ore 10:00 MONOPOLI.

Il Museo Diocesano.
Sala della Pittura Napoletana: opere di Paolo Finoglio, Giambattista Lama, Andrea Miglionico, Alessandro Fracanzano, a testimoniare i consolidati rapporti di Monopoli con la capitale del Regno, le sue botteghe ed i suoi artisti.

Sala della Pittura Veneta: sono esposte opere di Palma il Giovane, Francesco Vecellio, Paolo Veronese, Costantino da Monopoli.

Al piano terra preziosi oggetti in argento utilizzati per la liturgia, gli antifonari cinquecenteschi con le melodie legate alle celebrazioni.

Suggestiva poi la storica Biblioteca Mons. Pedicini  con volumi rari stampati tra il 1500 e il 1800, rimasta inalterata per due secoli. 

– Il Museo di Romualdo è allestito nel soccorpo della Concattedrale barocca dove- ,  grazie alle ricerche archeologiche svolte durante gli interventi di restauro, sono state riportate in luce :

un  abitato di capanne  dell’età del bronzo (XV sec. a. C.) e  una piccola area con  livelli di frequentazione dell’età del ferro (XI-VIII sec. a. C.).
Ubicate nei vari ambienti vi sono tombe del V e del III secolo a. C. ed anche resti del sepolcreto altomedievale da riferire alla prima chiesa sorta in quest’area.

Il particolare allestimento consente di visionare i reperti nello stesso luogo nel quale sono stati rinvenuti e di ripercorrere a ritroso la storia della città.

  • Pranzo o sul mare o in campagna

POMERIGGIO  

Museo Archeologico Nazionale di Egnazia dove visiteremo la nuova sezione
«Egnazia e il mare» al piano interrato che amplia e approfondisce il rapporto della città con il mare, che nel museo era solo accennato..
Ed è proprio l’idea di immersione totale quella da cui parte l’allestimento delle sale, di fatto la ricostruzione di un paesaggio sottomarino tra i riverberi del soffitto ondulato e la proiezione interattiva di uno specchio d’acqua in movimento, teche con reperti recuperati e ancora avvolti nelle reti, in uno scenario dagli effetti multimediali curati da Studio Azzurro,  gruppo fondato a Milano nel 1982   “bottega d’arte contemporanea” che si esprime con i linguaggi delle nuove tecnologie.

Ritorno a Bari

Lucia

Inaugurazione nuova sede ADIRT

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L’Adirt ritorna ad avere una Sede.

Il quartiere è il Madonnella, la via è Istria, il numero è il 6.


La inaugureremo

MARTEDI 14 febbraio 2023 alle ore 18:00.

In tale occasione racconteremo anche il nostro progetto di questo 2023.
L’Adirt ha compiuto 40 anni che vogliamo ricordare tornando indietro nel tempo non per nostalgia ma per verificare che cosa è accaduto di tutti quei luoghi oggetto della nostra attenzione e del nostro impegno :
gli Insediamenti rupestri di Via Omodeo e di Santa Candida, le Lame e le Gravine, il Fortino aperto alla città, la Muraglia chiusa al traffico,  le chiese chiuse di Bari vecchia, il Museo archeologico, il Murattiano, l’Archeologia industriale , le Ville di Corso Benedetto Croce, le Periferie, Loseto, il rapporto di Bari e il suo mare …
Vi aspettiamo.

Lucia Aprile

Pedro Paramo, di Juan Rulfo

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17 gennaio 2023

Juan Rulfo, “Pedro Paramo“, traduzione di Paolo Collo, Einaudi 2014.

proposto da Adriana Pepe

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Breve nota a cura di Roberta Ruggiero dopo l’incontro del gruppo di lettura.

Eravamo tutte contente di aver approfondito la letteratura latino americana, anche se consapevoli della difficoltà di far rientrare molti autori in questa etichetta, vista la complessità e anche la diversità di quei territori. Condotte da Adriana, che ha proposto il libro, e da Monica, conoscitrice di quella realtà, abbiamo meglio esplorato il Messico, uno dei paesi più vari nel periodo precoloniale, che ha più riflettuto sulla colonizzazione e sulla decolonizzazione, e che ha nella rivoluzione sovietica un forte punto di riferimento. Grande guida per capire tutto ciò è stata segnalata, da Monica, Il labirinto della solitudine di Octavio Paz. Gli anni ‘20 e ‘30 vedono in Messico molte presenze importanti, europee e non, letterarie, artistiche, politiche e Rulfo ne è un testimone importante. Punto di riferimento per tutta la letteratura successiva, testimonia questa ricchezza d’incontri, direttamente e indirettamente, in vari campi, compreso quello della fotografia. Abbiamo sfogliato un libro di sue fotografie, portato da Adriana. Pedro Parano è piaciuto a tutte, con varie sfumature, pur essendo non facile nei contenuti e nello stile, ha rappresentato una sfida a cui non ci siamo sottratte. Lo abbiamo riconosciuto come significativo esempio di quel clima che verrà definito “realismo magico”, che Adriana ha allargato al metafisico. I vari piani temporali ed esistenziali del libro si intrecciano, ma mantengono ognuno la propria identità, fornendo una traccia che solo forzandola rivela un tempo diacronico. Lo stile, che abbiamo ripetuto tutte, non facile, ha una sua concretezza e uno spessore quasi materico, che ben si adatta ai temi trattati. Tra questi abbiamo ricordato: il potere oppressivo, le donne, l’amore, il dolore, la morte.

Ferito a morte, di Raffaele La Capria

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Raffaele La Capria, “Ferito a morte“, Mondadori, 2021

Proposto da Luciana Cusmano

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di Amalia Mancini

Le ferite più difficili da rimarginarsi sono quelle che ti porti dentro e non basterà una vita per liberarti da quell’infelicità. E si sa ognuno è infelice a proprio modo…

E ’il caso di Raffaele La Capria in Ferito a morte, libro cult degli anni sessanta, vincitore nel ’61 del prestigioso premio Strega.

Un libro che ho molto apprezzato dal punto di vista estetico, con una scrittura impeccabile, ma che non è riuscito a piacermi pienamente, e mi ha costretto a interrogarmi a lungo su questo: quali sono i motivi che mi spingono a non essere convinta che sia un bel libro. Perché? Partiamo dai toni del libro, dalla melanconia per un tempo perduto, che non è più, che attraversa tutto il romanzo. Un momento, possiamo parlare di un romanzo? Oppure potremmo definirlo diario, annotazioni d’autore su un mondo ormai scomparso, su una Napoli ormai esistente solo nella nebbia dei ricordi, di come eravamo, anzi erano, quei giovani borghesi napoletani che trascorrevano le loro ore migliori tra Posillipo, Capri, Sorrento e Positano, tra una immersione subacquea, una passeggiata in motoscafo e una partita al circolo, dove ognuno di loro interpretava un ruolo, una parte: il giocatore, il nuotatore, l’adescatore di fanciulle e via dicendo, in una Napoli tra gli anni ‘50 e ‘60, in cui imperversava la ricostruzione/devastazione di una città semidistrutta dalla guerra, dove la speculazione edilizia faceva da padrone.

La denuncia dell’autore è forte e diretta contro chi ha deturpato il territorio in maniera irreversibile. La Napoli a cui La Capria si riferisce è la città dei borghesi benestanti, che vivono a Posillipo e che probabilmente poco conoscono dei quartieri popolari, dove vive la plebe e la piccola borghesia, non troveremo i bassi dove Filumena Marturano per fame è costretta a prostituirsi, né le varie donne Amalia che per tirare a campare devono inventarsi mille mestieri, oppure la disperazione di chi è obbligato ad arrangiarsi, come ci narra Eduardo. Le donne, secondo la visione del tempo, sono prede, come la spigola che silenziosa nuota sott’acqua, pronte ad essere carpite. Non è neanche la Napoli di Nanni Loy di Scugnizzi o Mi manda Picone e neanche sicuramente quella di Sorrentino. E’ un mondo lontano, sconosciuto a me, quello di La Capria, amato e odiato dallo stesso autore, morto, finito come la sua giovinezza, il suo sogno, ma pure vivo grazie alla sua scrittura, criticato fortemente dalla Ortese, che ne intravedeva la decadenza e uno strano compiacimento in questa decadenza, senza speranza e senza forza di combattere.

Sembra di ritrovarsi di fronte a una battaglia perduta o mai combattuta, una sconfitta che lacera le carni, le fa sanguinare, probabilmente sanguineranno a lungo, una ferita che uccide la parte più combattiva dell’autore, che lo costringe a partire per salvarsi, ma da cui probabilmente non guarirà mai. E’ proprio questa mancanza di speranza, questo lasciare che tutto vada senza una lotta, fluisca senza voglia di cambiamenti quello che mi inquieta di questo libro, proprio come diceva Pino Daniele… Napoli è ‘na carta sporca e nessuno se ne importa… Forse se …

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Breve nota a cura di Isa Bergamini dopo l’incontro del gruppo di lettura.

Con diverse riflessioni e tante note interessanti si è detto che il libro di La Capria è uno dei libri italiani più importanti del novecento, adottando temi e tecniche narrative che lo avvicinano a J. Joyce, M. Proust, V. Woolf e W. Benjamin. La tessitura narrativa è complessa, non c’è trama, ma le pagine scorrono con monologhi e dialoghi serrati, che conducono il lettore in un fiume di visioni, riflessioni e argomenti che la tecnica del monologo interiore svela e illumina. Sono stati evidenziati alcuni dei tanti temi che nel libro si rivelano nella luce unica e abbagliante di Napoli, il luogo della giovinezza, della bella giornata, dell’occasione perduta, del mare, ma la città che “…ti ferisce a morte o t’addormenta, o tutt’e due le cose insieme”, è il luogo mitico da cui è quasi impossibile separarsi anche se si cerca di fuggire, sempre però nella consapevolezza dell’inesorabilità del tempo, tanto che è stato detto che il tema ricorrente di questo libro è la morte.

Palazzo Donn’Anna, mappa del romanzo, rappresentazione della bellezza e della complessità di Napoli, significante Natura e Storia, è il luogo della nostalgia e anche dell’impotenza. La Capria denuncia il sacco della città che si stava realizzando proprio negli anni in cui scriveva e che ci ha fatto pensare a La speculazione edilizia di I. Calvino, entrambi scrivevano proprio negli anni cinquanta. Si è ricordato che La Capria ha sceneggiato con il suo amico Francesco Rosi il bellissimo film “Le mani sulla città”.

L’inerzia e il grande ozio sociale della classe digerente del mezzogiorno, sono denunciati in pagine magistrali quando viene raccontato il tempo che si consuma al Circolo, epicentro delle giornate della borghesia, dove la Storia del Mondo non è mai passata e dove valori e giudizio sono sospesi. Citando i bellissimi incipit di alcuni capitoli molto si è detto sulla bellissima e ricca scrittura di questo libro, dove una lingua viva e vivace non ha affatto perso efficacia nel tempo, essendo il risultato di un profondo lavoro di costruzione.

La citazione dei versi di V.H. Auden, sia nell’esergo che nel testo testimoniano la formazione culturale del giovane La Capria, in particolare aperta alla letteratura americana e inglese. Sono stati ricordati durante l’incontro anche altri autori Anna Maria Ortese, Francesco Rosi, Giuseppe Patroni Griffi, Paolo Volponi, Alberto Moravia, oltre all’interessante episodio dedicato a Raffaele La Capria del programma Rai, “Sciarada. Il circolo delle parole, stagione 21/22 ep.19”, reperibile su Raiplay.

LeggerMente. I nostri libri

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I NOSTRI LIBRI

  • Antonio Pascale, “La foglia di Fico. Storie di alberi, donne, uomini”, Ed. Einaudi 2021
  • Guadalupe Nettel, “La figlia unica“, traduzione di Federica Niola, Ed. La Nuova Frontiera, 2020
  • Stefano Massini, “Qualcosa su i Lehman“, Mondadori, 2018.
  • Javier Marías, “Berta Isla”, traduzione di Maria Nicola, Einaudi, 2018. 
  • Juan Rulfo, “Pedro Paramo“, traduzione di Paolo Collo, Einaudi 2014.
  • Raffaele La Capria, “Ferito a morte”, Mondadori, 2022
  • Georges Simenon, “Le sorelle Lacroix”, traduzione di Federica e Lorenza Di Lella, Adelphi, 2022

  • Beppe Fenoglio, “Una questione privata“, Einaudi, 2022

  • Pedro Lemebel, “Ho paura torero”, traduzione di M.L. Cordaldo e G. Mainolfi, Marcos y Marcos, 2004 e 2021
  • Alejo Carpentier, “L’arpa e l’ombra”, traduzione di Linda Verna, Sellerio, 2020
  • Roberto Bolaño, “Notturno cileno“, traduzione di Ilide Carmignani, Adelphi, 2016
  • Elsa Osorio, “Lezione di Tango”, traduzione di Roberta Bovaia,TEA, 2006. Titolo originario, “Cielo de Tango”.
  • Jorge Amado, “Cacao”, traduzione di Daniela Ferioli, Einaudi, 2015.  
  • Elena Ferrante, “La vita bugiarda degli adulti”, edizioni e/o, 2019
  • Flannery O’Connor, “Un brav’uomo è difficile da trovare“, traduzione di Gaja Cenciarelli, Minimum fax, 2021.
  • Marco Balzano, “Quando tornerò”, Einaudi, 2021.
  • Manuel Puig, “Il bacio della donna ragno”, traduzione di Angelo Morino, SUR, 2017.
  • Laura Forti, “L’acrobata”, Giuntina, 2019.

  • Gianluca Nicoletti, “Io, figlio di mio figlio”, Mondadori, 2018.

  • Philip Roth,Nemesi”, traduzione di Norman Gobetti, Einaudi, 2011.
  • Amos Oz, “Una storia di Amore e di Tenebra”, traduzione di Elena Loewenthal, Feltrinelli, 2002.
  • Simone de Beauvoir, “Memorie d’una ragazza perbene”, traduzione di B. Fonzi, Einaudi, 2014.
  • Franco Cassano, “Il pensiero meridiano”, Laterza, 1976.
  • Pajtim Statovci, “Le transizioni”, traduzione di Nicola Rainò, Sellerio, 2020.
  • Mario Benedetti, “Impalcature. Il romanzo del ritorno”, traduzione di Maria Nicola, Nottetempo, 2019
  • Domenico Starnone, “Scherzetto”, Einaudi, 2016.
  • Gesualdo Bufalino, “Le menzogne della notte”, Bompiani, 2019.
  • Isaac Bashevis Singer, “Il mago di Lublino”, traduzione di Katia Bagnoli, Adelphi, 2020.
  • J. Machado de Assis, “Don Casmurro”, traduzione di G. Manzi, Fazi, 2014.
  • Virginia Woolf, “Al Faro”, traduzione di Nadia Fusini, Feltrinelli, 14^ ed. 2014.
  • Ernesto Ferrero, “I migliori anni della nostra vita”, Feltrinelli, 2005.
  • Bernhard Schlink, “Il Lettore”, traduzione di Chiara Ujka, Neri Pozza Editore, 2018.
  • Toni Morrison, “Il dono”, traduzione di S. Fornasiero, Sperling&Kupfer, 2018.
  • Italo Calvino, “Gli amori difficili”, Oscar Arnaldo Mondadori Editore, 1993.
  • Ala Al-Aswani, “Palazzo Yacubian”traduzione di B. Longhi, Feltrinelli, 2012.
  • Italo Calvino, “La Speculazione Edilizia”, libri di I. Calvino, n. 1, Mondadori, 1991.
  • Michail Bulgakov, “Maestro e Margherita”, traduzione di Maria Serena Prina, Mondadori, 2017.
  • Fedor Michajlov Dostoevskij, “Le notti bianche”, traduzione di Serena Prina, Feltrinelli, 2015.
  • Magda Szabò, “L’altra Eszter”, traduzione di Bruno Ventavoli, Einaudi, 2007.
  • Philip Roth, “Patrimonio. Una storia vera”, traduzione diVincenzo Mantovani, Einaudi, 2007.
  • Romain Gary, “La vita davanti a sé”,  traduzione di Giovanni Bogliolo, Neri Pozza, 2014.
  • Javier Cércas, “Il sovrano delle ombre”, traduz.ione diBruno Arpaia, Guanda, 2017.
  • José Saramago, “La Caverna”, traduz. Rita Desti, Feltrinelli, 2016.
  • Fernando Aramburu, “Patria”, traduzione di Bruno Arpaia, Guanda, 2017.
  • William Faulkner, “Luce d’agosto”, traduzione di M. Materassi, Adelphi, 2013.
  • Alice Munro, “Il sogno di mia madre”, Einaudi, 2014.
  • Jorge L. Borges, “Finzioni”, Einaudi, 2015.
  • Franz Kafka, “La Tana”, in “Tutti i Racconti”, Mondadori, 1998.
  • Friedrick Dùrrenmatt, “La morte della Pizia”, Adelphi, 1988.
  • Annie Ernaux, “Gli anni”, l’Orma, 2015.
  • Omar Di Monopoli, “Nella perfida terra di Dio”, Adelphi, 2017.
  • Teresa Ciabatti, “La più amata”,  Mondadori, 2017.
  • Antonella Lattanzi, “Una storia nera”, Mondadori, 2017.
  • Nizar Qarbani, “Le mie poesie più belle”, Ed. Jouvence, 2016.
  • John Steinbeck, “Furore”, Bompiani, 2013.
  • Kent Haruf, “Canto della pianura”, NN Editore, 2015.
  • Abraham B. Yehoshua, “La comparsa”, Einaudi, 2017.
  • Romano Luperini, “La rancura”, Mondadori, 2015.
  • Henry James, “Ritratto di signora”, Newton Compont, 2015.
  • Domenico Dara, “Appunti di meccanica celeste”, Nutrimentrgei, 2016.
  • Melania Mazzucco, “Io sono con te”, Einaudi, 2016.
  • Alessandro Piperno, “Dove la storia finisce”, Mondadori, 2016.
  • Daniele Aristarco, “Shakespeare in shorts”, Feltrinelli, 2016.
  • Massimo Governi, “La casa blu”, edizioni e/o, 2016.
  • Stefano Valenti,” Rosso nella notte bianca”, Feltrinelli, 2016.
  • Simona Baldelli, “La vita a rovescio”, Giunti, 2016.
  • Edoardo Albinati, “La scuola cattolica”, Rizzoli, 2016.
  • Simona Vinci, “La prima verità”, Einaudi, 2016.
  • Filippo Tuena, “Memoriale sul caso Schumann”, Il Saggiatore, 2015.
  • Igort, “Quaderni giapponesi”, Coconino Press, 2015.
  • Eraldo Affinati, “L’uomo del futuro”, Mondadori, 2016.
  • Viola Di Grado, “Bambini di ferro”, La nave di Teseo, 2016.
  • Amalia Mancini, “Verranno i giorni della pace”, Gelsorosso, 2016.
  • Winfried Georg Sebald, “Gli anelli di Saturno”, Adelphi, 2010.
  • Elif Shafak, “Le quaranta porte”, BUR, 2014.
  • Oliver Sacks, “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello”, Adephi, 1986.
  • Joseph Conrad, “La linea d’ombra”, Einaudi, 1993.
  • Joseph Conrad, “Cuore di tenebra”, Feltrinelli, 2013.
  • Emmanuel Carrère, “Limonov”, Adelphi, 2012.
  • Emmanuel Carrère, “L’Avversario”, Adelphi, 2013.
  • Alberto Méndez, “I girasoli ciechi”, Guanda, 2006.
  • Georges Simenon, “Il grande male”, Adelphi, 2015.
  • Erich Maria Remarque, “La notte di Lisbona”, Neri Pozza, 2015.
  • Murakami, “Norwegian Wood”, Einaudi Super ET, 2013.
  • Philip Roth, “Pastorale americana”, Einaudi, 1998.
  • Gary Shteyngart, “Mi chiamavano piccolo fallimento”, Guanda, 2014.
  • Antonella Ossorio, “La mammana”, Einaudi, 2014.
  • Azar Nafisi, “Leggere Lolita a Teheran”, Adelphi, 2004.
  • Thomas Mann, “L’inganno”, Oscar Mondadori, 1994.
  • Benedetta Tobagi, “Come mi batte forte il tuo cuore”, Einaudi, 2009.
  • Silvia Avallone, “Acciaio”, Rizzoli, 2010.
  • Ryszard Kapuściński, “L’altro”, Saggi Feltrinelli, 2007.
  • Clara Usón, “La figlia”, ed. Sellerio, 2013.
  • Alessio Viola, “Dove comincia la notte”ed. Rizzoli, 2013.
  • Marguerite Yourcenar, “L’Opera al nero”, Feltrinelli, 1969.
  • Marco Presta, “Un calcio in bocca fa miracoli”, Einaudi, 2012.
  • Arthur Schnitzler, “La signorina Else”, in Opere, Mondadori, 2001.
  • Giacomo Annibaldis, “La colpa del coltello”, Edizioni di pagina, 2013.
  • Edda Fabbri, “Oblivion”, Ed. Oèdipus Salerno, 2012.
  • Orhan Pamuk, “Il mio nome è rosso”, Einaudi, 2001.
  • John Maxwell Coetzee, “Vergogna”, Einaudi, 2003.
  • Stefan Zweig, “Paura”, Adelphi, 2011.
  • Stefan Zweig, “Bruciante segreto”, Adelphi, 2010.
  • Mario Vargas Llosa, “La zia Julia e lo scribacchino”, Einaudi, 1994.
  • Jonathan Franzen, “Libertà”, Ed. Einaudi, Numeri Primi, 2011.
  • Italo Calvino, “Se una notte d’inverno un viaggiatore”, Oscar Mondadori, 2001.
  • Margherite Yourcenar,  “Memorie di Adriano”, traduzione di Lidia Storoni Mazzolani, ed. Einaudi, 1963.
  • Lev Nicolaevic Tolstoj,  “Sonata a Kreutzer”, 1891.
  • Vladimir Nabokov, “Lolita”, traduzione di G. Arborio Mella, Adelphi, 1993.
  • Georges Simenon, “Lettera a mia madre”, Adelphi, 1991.
  • Georges Simenon, “Il Treno”, Adelphi, 2007.
  • Irène Némirovsky, “Due”, Adelphi, 2011.
  • Erri De Luca, “Il peso della farfalla”, Feltrinelli, 2011.
  • Erri De Luca, “I pesci non chiudono gli occhi”, Feltrinelli, 2011.

Sul tema dell’amicizia:

  • Luis Sepúlveda, “Storia del gatto e del topo che diventò suo amico”, Guanda, 2012.
  • Sandor Marais, “Le Braci”, Adelphi,1998.
  • Marguerite Yourcenar, “Il colpo di grazia”, UEF, 1990.
  • Thomas Bernhard, “Il soccombente”, Gli Adelphi, 1999.
  • Andrea De Carlo, “Due di Due”, Bompiani, 2009.
  • Franz Kafka, “La condanna”, da “Racconti”, Oscar Mondadori, 2006.
  • André Aciman, “Chiamami col tuo nome”, Guanda, 2008.
  • Fred Uhlman, “L’amico ritrovato”, Feltrinelli, 2012.
  • Nicolò Ammaniti, “Io e te”, Einaudi, 2010.
  • Virgilio, “Eurialo e Niso”, Eneide, Libri V e VI.
  • Magda Szabò, “La porta”, Einaudi, 2007.
  • Mary Mc Carty, “Il gruppo”, Einaudi, 2005.
  • Michela Murgia, “L’incontro”, Einaudi, 2012.
  • Cicerone, “De Amicitia”, Mondadori, 1997.

Sul tema del giardino:

  • Ruth Ammann, “Il giardino come spazio interiore”, Bollati Boringhieri, 2006.
  • Enzo Bianchi, “Ogni cosa alla sua stagione”, Einaudi, 2010.
  • Thomas A. Harris, “Io sono ok, tu sei ok”, B.U.R., 1995.
  • Frances E. Hodgson Burnett, “Il giardino segreto”, Giunti Junior, 2011.
  • Serena Dandini, “Dai diamanti non nasce niente, storie di vita e di giardini”, Rizzoli, 2011.
  • Jacques Brosse, “Mitologia degli alberi, dal giardino dell’Eden al legno della croce”, B.U.R., 2010.
  • Hermann Hesse, “In giardino”, Guanda, 2015.
  • Marina Tartara, “Giardini di felicità, sentieri letterari dal duemila al duemila”, Biblioteca del Vascello, 1993.
  • Jorge Luis Borges, “Il giardino dei sentieri che si biforcano”, da Finzioni, Einaudi, 1995.

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