Diario di viaggio

Albania

24 aprile – 2 maggio 2009

 

a cura di Angela Mengano

Durazzo

25 aprile
Dopo una placida notte in navigazione, ci aspetta, al porto di Durazzo , Alban Guri, 38enne di Tirana, giornalista, scrittore, poeta, insieme a Daniel, l’ autista del pullman con il quale faremo tutto il viaggio . Ci fermiamo per una breve pausa al City Café sul lungomare, chiacchierando con Alban, che sin dalle prime battute esprime senza remore le sue opinioni e il suo modo di essere: è molto critico verso il regime di Hoxha, che a suo modo di vedere ha oppresso in tutte le forme possibili la nazione albanese; è pieno di ammirazione per l’Italia che, sempre a suo modo di vedere , dimostra nei confronti delle altre nazioni una netta superiorità culturale; fa capire in vari modi di essere un cattolico fervente, mettendo subito in chiaro che la libertà religiosa in Albania è stata completamente soffocata dal passato regime comunista. La visita di Durazzo inizia dalla Torre Veneziana; l’Anfiteatro Romano, incastonato tra mille case abusive, che rivela al suo interno un gioiello, una chiesa paleocristiana con pareti splendidamente ricoperte di mosaici raffiguranti alcuni santi; un enfatico mausoleo dedicato agli eroi della guerra, sulla facciata di una vecchia manifattura di tabacchi; le vecchie strade polverose del centro storico; l’accademia di belle arti che ospita una mostra di pittura di suoi allievi.Si pranza in un albergo sulla spiaggia. I bunker seminascosti in riva al mare, il tiro a segno sulla rena, l’enorme polipo tentacolare che decora la tettoia di un locale: primi segnali, primi indizi che possono forse servirci a comporre il ritratto di un paese?
La visita di Durazzo si completa nel pomeriggio con il bellissimo Museo Archeologico. All’uscita, sul vialetto davanti al Museo, Cesare raccoglie un piccolo garofano dal profumo intenso quant’altri mai.
Riprendiamo il viaggio diretti a Tirana, dove ci sistemiamo nell’hotel International Tirana, nella piazza Skanderbeg, cuore della capitale albanese. Una breve passeggiata attraverso la piazza,lungo il grande Viale dei Martiri della Nazione , ai cui margini, nel grande spiazzo –giardino di Taiwan, c’è il Casinò, dove entriamo, per provare il brivido di una puntata alla roulette.
Dopo cena, andiamo con Alban in un locale del centro, il Jazz Club di Vesa Center, dove ascoltiamo musica jazz (Marta Capponi Jazz Quartet).

26 aprile
Le prime impressioni sonore in terra d’Albania sono fatte delle nenie che il muezzin lancia dall’alto del minareto poco distante e dei fischi laceranti con cui i controllori del traffico tentacolare di piazza Skanderbeg tentano di riportare l’ordine, sortendo l’effetto opposto.
Gita a Kruja. Alban ci parla di una tradizione arcaica albanese, quella delle donne-uomo (burnesh) tipica del Nord dell’Albania, richiamata nel libro di Elvira Dones, “Vergine giurata”. Prima di salire al castello Skanderbeg, sostiamo in un caffè e ci inerpichiamo per le stradine acciottolate del Vecchio Bazar, l’unico di tutta l’Albania in cui vedremo cose graziose e appetibili. Poi proseguiamo la visita della Fortezza , che ospita il Museo, dedicato all’eroe nazionale che riuscì a fermare l’avanzata degli ottomani sul territorio albanese. Qui ci accoglie il Direttore del Museo,che ci accompagna nella visita. All’ingresso, un grande gruppo scultoreo che rappresenta Giorgio Castriota in mezzo a un folto gruppo di guerrieri. Proseguendo si ammira, tra l’altro, l’elmo leggendario di Skanderbeg, ornato da una testa di capra. All’eroe albanese è anche dedicata l’opera “Skanderbeg” di Antonio Vivaldi. L’insieme è molto interessante e ci permette un primo sguardo sulla storia dell’Albania. Sul terrazzo, Alban ci indica, nella lontananza velata dalla foschia, la vecchia città di Kepi Rodonit (Capo di Rodon). Pranziamo al ristorante ALBA, accanto al castello. Ben addobbata, e secondo il costume tradizionale, la tavola; il pranzo si chiude col“cabuni”, (citato anche da Kadarè ne “La commissione delle feste”), una specie di mattonella un po’ gommosa ma misteriosamente speziata.
Dopo la visita al bel Museo Etnografico (che contiene la ricostruzione di ambienti di attività produttive al primo piano e di ambienti di vita e di costume al piano superiore) rientriamo a Tirana. Dopo la visita della moschea ottocentesca di Ethem Bey, sostiamo davanti al Palazzo delle Arti ( chiuso) dove inutilmente chiedo spiegazioni al custode per vedere la residenza degli ex reali; quello,non capendo ciò che dico, mi fa cenno di seguirlo e mi porta sul retro dell’edificio dove sono relegate in un angolo nascosto, come relitto di un passato da dimenticare, due statue raffiguranti i padri sovietici del marxismo-leninismo, Lenin e Stalin: impolverate e ridotte in condizioni penose, quella di Lenin priva di braccia….Poi andiamo alla chiesa cattolica e ascoltiamo la messa . La chiesa è gremita ; riusciamo a capire poco della celebrazione tutta in albanese ma è bello unirsi al canto finale – Shalom – che sa di fratellanza universale. Dopo, sul sagrato, chiacchieriamo con uno dei sacerdoti, milanese in “missione” a Tirana . La passeggiata prosegue lungo le strade di Tirana, con un’attenzione particolare agli automobilisti, spesso refrattari al rispetto dei semafori.

27 aprile
Stamattina, al tavolo della colazione, chiacchieriamo con un milanese in viaggio d’affari nella terra delle aquile, il quale dice le sue impressioni sull’Albania: da un lato una mancanza assoluta di regole ( un esempio, l’inesistenza sia di un catasto generale, sia di un censimento della popolazione) ; dall’altro la cospicua mole di finanziamenti europei destinati al paese con le connesse difficoltà nello spenderli, anche perché qui manca tutto di tutto.
Gita a Scutari. Lungo la strada, la deviazione proposta da Alban per la fiera (che non c’è) del bestiame di Milot, ci depista su strade secondarie che riservano interessanti scoperte : piccoli frammenti poetici di un paese semifeudale, squarci suggestivi di paesaggio fluviale ( il Madh, poi il Drin). Sulla strada verso Scutari troviamo Lheze, che ha dedicato un mausoleo a Skanderbeg, per ricordare che là nel 1444 si riunirono i feudatari albanesi per fondare la Lega da lui guidata . Più avanti, Alban ci indica un punto lontano e imprecisato, sulla destra, dove sorgeva in tempi andati Sapa, che venne rasa al suolo dagli ottomani, e sullo stesso sito, più tardi, sembra che sorgesse un eremo di clarisse dedite alla fitoterapia Arrivati a Scutari, ecco la magnifica vista della cerchia murale della fortezza di Rozafa poi, via via, i resti di una moschea edificata sulle rovine di una chiesa del XIII secolo, dedicata a S.Stefano, infine un angolo dove volteggiano (malauguratamente protette da una doppia inferriata ) numerose colombe . Alban ci racconta che per essersi da sempre in quel punto viste sostare quelle colombe la voce popolare ha creduto alla presenza immanente nel luogo dello spirito di Rosafa. Nel museo un grande bassorilievo moderno- in pietra- ricorda la leggenda di Rozafa, murata viva per salvare il castello dalle distruzioni che ne minacciavano la costruzione; più in là, statua di Teuta, donna condottiera. Alban ci dice che è vescovo di Scutari attualmente un pugliese, mons. Angelo Massafra. Poi ci ricorda l’avanzata inarrestabile dei turco-ottomani, grandi distruttori: prima Sapa, poi Kosovopolje, poi, alla morte di Skanderbeg, anche Kruje cade nelle loro mani. Nel 1479 occupano Scutari al grido ROMA!ROMA! infine Mirdit (Lehze) arresta la loro avanzata (Alban la definisce “ città cattolica per eccellenza”).
Segue il pranzo al ristorante Legjenda, dove ci hanno raggiunto due vecchi amici della nostra Teresa De Tullio, Miriam e Willy Kamsi, di Scutari, lei vissuta in gioventù a Bari, dove ha frequentato l’Istituto Margherita, e suo fratello, anche lui vissuto a lungo in Italia, illustre studioso, personalità eminente dell’Albania odierna , di cui è stato anche ambasciatore presso il Vaticano. Il locale è delizioso, molto tradizionale ; gradevoli le tovaglie imbandite; piacevole il brodetto di pesce. Dopo, nel bel giardino circostante, il signor Kamsi ci racconta i suoi ricordi tra Italia e Albania lungo un cinquantennio. Salutati gli amici albanesi, andiamo a visitare Scutari, città di artisti e intellettuali, città che ha molto sofferto, come dice Alban e come ci ripeterà, stasera, Nevila Nika. Città dall’aspetto suggestivo ; qui vi sono stati e vi sono ancora atelier di artisti, ed in uno, miracolosamente, riusciamo a penetrare, con la disponibilità di un passante, e grazie alla signorile cortesia di un vecchio pittore 84enne (sua moglie si dichiara di 10 anni più giovane) il quale ci invita a salire le scale che portano dal vecchio cortile pieno di piante a casa loro. Entrando, siamo affascinati dal colpo d’occhio che ci si para dinanzi: le pareti di tutte le stanze, compresa la camera da letto, sono interamente ricoperte dei quadri del pittore: ritratti, autoritratti, scene di vita e di costume. Si chiama Ndoc Z. Gurashi e ricorda, in un italiano seducente e garbato, ricco di aforismi, i suoi legami con l’Italia. Il quartiere dove siamo stati si chiama Gjuhadol e – ci informa Alban – rappresenta “ il cuore linguistico, spirituale, patriottico, dell’intera Albania nei secoli”. Un’ultima sosta in un bel caffè sulla sponda del lago, nei pressi del ponte Mesi, poi il ritorno alla capitale. Lungo la strada, i fotografi del gruppo chiedono lo stop per fotografare i caratteristici “macelli” disseminati lungo la strada, fenomeno che accende la nostra curiosità; dopo la iniziale ritrosia, queste persone si lasciano amabilmente fotografare.
Stasera, in una saletta riservata dell’albergo, l’incontro con Nevila Nika, direttrice dell’Archivio di Stato di Tirana. Lei ci parla tanto e con tanta passione della storia e dell’attualità dell’Albania, e dopo cerca di dare risposta alle tante nostre domande.

28 aprile
Partiti da Tirana, visitiamo Berat, con la sua antichissima fortezza illirica (Alban parla di illiri “dessareti”), che custodisce al suo interno straordinari tesori d’arte, come l’iconostasi della chiesa della Vergine Maria, il Codex Purpureus Beratinus, il Museo Onufri con le splendide icone del pittore e della sua scuola, e i notevoli ricami le cui antiche tecniche ci va sapientemente illustrando Mariapia. La guida, una ragazza brava quanto bella, ci racconta tra le altre tante cose che Onufri (1510-1578) operò anche nell’Italia Meridionale. Il suo rosso particolare è conosciuto tra gli addetti ai lavori come “Rosso di Onufri” e costituì il tema di una grande mostra nel 1974 al Petit Palais di Parigi. Pioviggina quando, al termine della visita, ci avviamo al ristorante “Kosma Nova”. Il pranzo è molto tradizionale e gradevole,e anche molto sostanzioso e abbondante, dalla minestra allo sformato di erbe alle polpette all’immancabile dessert. Alban intanto ci racconta che Berat sarebbe l’antica Dodona narrata da Omero nell’Iliade, dove sembra sia nato Tolomeo, fratello di Alessandro il Macedone (anche lui albanese??? così dicono da queste parti); e che qui San Paolo avrebbe scritto la Lettera ai Filippesi. Dopo pranzo visitiamo sotto la pioggia Berat, “la città dalle mille finestre”,due parti altrettanto suggestive separate da un fiume e riunite da un ponte. I nostri ombrelli colorati ravvivano l’atmosfera uggiosa e fanno da sfondo variopinto agli scatti fotografici.
Ma Berat era tappa intermedia verso la meta finale della giornata, Saranda, che viene raggiunta faticosamente dopo diverse ore di viaggio attraverso la regione più a Sud del paese, collegata da una strada praticamente ancora tutta o quasi in costruzione ,che ci fa ballare e beccheggiare come in un mare in tempesta: è il prezzo da pagare per conoscere una terra di bellezza incomparabile, dalla natura incontaminata, (queste montagne! e i pini bandiera!e queste coste strapiombanti con le sagome di Corfù e delle altre isole minori sullo sfondo!) . Una terra che per tanto tempo ci era stata preclusa e sulla quale perciò ancor più ingigantiva la nostra fantasia: insomma, un paese misterioso, così vicino e così lontano al tempo stesso.
Un po’ per passare il tempo e un po’ per esorcizzare questo viaggio che sembra non aver mai fine, Alban ci dà lezione di lingua albanese e noi diligentemente ripetiamo in coro ogni parola. Qualche tappa, il minimo indispensabile: Valona, col suo bel lungomare , poi Himare, infine, come un miraggio, compare Saranda con l’albergo Butrinti. Nella hall trovo un quotidiano locale , il Tirana Time, pubblicato in lingua inglese, e un articolo in prima pagina: rischio elezioni in Albania nel prossimo turno di giugno, perché non si è fatto sinora un censimento corretto della popolazione.
La cena, nel vicino ristorante Agimi, consumata a tarda ora e dopo tante ore di viaggio, ci ripaga di tanta fatica. Ottimo il brodo di pesce; freschissimo, da applauso, il pesce arrosto.

29 aprile
Gita a Butrinto. Si svelano ai nostri occhi nuovi eccezionali panorami in questo lembo meridionale di Albania. All’arrivo, una piccola chiatta attira la nostra curiosità: funge da passerella per poche auto alla volta attraverso il Canale, oltre il quale notiamo il Forte di Alì Pasha. La visita del sito,villeggiatura prediletta degli imperatori romani, portato alla luce dal 1928 da una spedizione archeologica italiana parte dal Teatro, poi il Foro, il Battistero (il bellissimo mosaico protetto dalla ghiaia non si può purtroppo ammirare!), la Basilica, la stupenda Porta dei Leoni, il piccolo Museo. La pioggia libera dalle tante piante ed essenze effluvi soavi, quasi a sottolineare la magia del luogo. Il pranzo è al ristorante “Paradiso” di Saranda , sul mare, e dopo è votata a furor di popolo la pausa caffè sul terrazzo, per crogiolarci al sole e chiacchierare, prima di riprendere il pullman. Questa volta la nostra meta è Gjirokaster. Lungo la strada, però, ci sono diversivi attraenti. Primo, non riusciamo a ottenere da Alban e Daniel la deviazione a Delvina (l’antica Chaonia , nell’Epiro) per la chiesa di Mesopotam intitolata a San Nicola ( di cui si era parlato a Bari durante un convegno dal titolo “Albania e Adriatico meridionale”) : la sfioriamo guardandola da lontano. Secondo, il sito naturalistico di Syri i Kalter (Occhio Azzurro) , acque trasparenti verdi e blu che prorompono dal sottosuolo creando straordinari effetti . Per raggiungere Gjirokaster sfioriamo il confine con la Grecia: lungo un’amoia vallata incontriamo villaggi, per lo più ortodossi, tranne uno musulmano, Lazarat, dove Alban ci parla di coltivazioni di canapa indiana.
Gjirokaster è la città che ha dato i natali a Enver Hoxha e a Ismail Kadarè. In gruppo, accompagnati da Alban, veniamo accolti nella ospitale casa della famiglia Kalemi che ha recuperato il vecchio stabile per adibirlo ad albergo ; qui visitiamo gli ambienti e ci viene offerta una tazza di buon thè.
Al ritorno a Saranda, la cena – nello stesso ristorante di ieri sera – è occasione per festeggiare i 35 anni del nostro autista, Daniel, a cui vediamo comparire i lucciconi davanti all’inaspettato rituale torta-candeline preparato da Alban con la complicità di tutto il gruppo. Segue l’immancabile brindisi a base di raki in un’atmosfera di generale allegria. La serata si conclude con l’ascolto di Alban, che ci legge brani di poesia tratti dal suo libro , che tratta di sentimenti ma anche di politica e di religione.

30 aprile
Gita a Korce. Lungo strade impervie incrociamo rari altri automezzi, tra monti abitati solo dai bunker e dalla vegetazione( ma ci fa impressione la foresta di pini devastati per chilometri e chilometri dalla processionaria ).
Sosta nei pressi di Tepelene, per gustare l’acqua di montagna e far provvista di miele e foglie di thè di montagna. Alban ci dice che da queste parti la gente anche quando parla normalmente sembra che stia litigando!
Ci fermiamo per il pranzo a Permet, graziosa cittadina dove sciamano frotte di studenti in gita, in posa per la foto di gruppo davanti al monumento dedicato ai valorosi del luogo. Il ristorante Familjari ci riserva un menu tradizionale albanese il cui piatto forte è l’agnello allo spiedo di straordinaria bontà. Dulcis in fundo, è il caso di dire, ci viene servita una golosità rara, una specie di “noce candita” , mescolata ai frutti di stagione.
Altra sosta a Erseke, la città natale di Daniel, per un caffè e quattro passi. Per strada uomini in fanno crocchio giocando a domino. Ci dice Alban che gli abitanti di questa zona si distinguono per il buon carattere..
A Korce fa freddo perché siamo a 853 metri ai piedi di una montagna. La città è molto animata e piena di negozi; notiamo nel primo tratto vicino all’albergo una grande quantità di laboratori di fotografia .Facciamo un giro attraverso i boulevard (qui li chiamano proprio così) e sino alla grande chiesa ortodossa che domina la piazza principale, insieme alla Prefettura; poi, il palazzo della Moda, scintillante di luci e, sulla via del ritorno, la prima scuola edificata in Albania (nel 1887).
La cena ci viene servita nella sala da pranzo dell’albergo, allestita con grande eleganza un po’ Belle Epoque. Il rituale rendez-vous nella hall conclude piacevolmente la serata.

1° maggio
Korce è una città dove si sente l’influenza francese, vi fu infatti a cavallo del 19° e 20° secolo un protettorato francese; e non è un caso che nella hall dell’albergo, stamattina, io ascolti alcune persone che conversano in francese .
Prima di lasciare Korce, una veloce visita a piedi alla moschea Mirahori, molto bella (1487), poi ci immergiamo nel Gran Bazar. Le merci varie sono le solite di tutti i bazar del mondo e non particolarmente interessanti ,ma qui c’è persino un modernissimo centro commerciale, immediatamente snobbato dalla maggior parte di noi. Molto interessante, invece, il mercato coperto dei generi alimentari e ortofrutticoli, dove troneggiano parate interminabili di formaggi, gialli ammassi di burro che sembrano fortini nel deserto , ortaggi coloratissimi, peperoni crudi preconfezionati ripieni di crema di formaggio, pronti per la cottura, e tante altre delikatessen. Dopo aver dato un ultimo veloce sguardo alla città di Korce, e alle sue belle ville d’epoca, ci spostiamo sul lago di Ocrida, a Pogradec, dove ci troviamo immersi nella festosa atmosfera del 1° maggio. Nel parco in riva al lago, frotte di gente di tutte le età, bimbi coloratissimi giocano, si rincorrono, fidanzatini passeggiano mano nella mano, gruppetti chiacchierano, ridono, altri fanno il pic nic stendendo le tovaglie sull’erba, con grande profusione di cibo. Il nostro ultimo pranzo albanese è nel ristorante “Vila Art” e qui possiamo gustare la trota esclusiva di questo lago: pare che sia una prelibatezza e si chiama “koran”.
E il saluto finale di Lucia ai nostri due accompagnatori è pieno di parole toccanti che tutti condividiamo in pieno perché interpretano alla grande la gratitudine generale per la loro valida opera – Alban preparato, disponibile, premuroso verso ognuno di noi, Daniel guidatore dalla perizia e freddezza eccezionali su queste strade da brivido. E così, alla fine, il nostro altoparlante, che Alban aveva tanto volentieri utilizzato durante tutto il nostro viaggio , resta in Albania a suggello della nostra amicizia.
Prima di risalire in pullman , ci congediamo dal lago di Ocrida accennando qualche passo di danza sulle sue sponde . La strada che facciamo per raggiungere Durazzo taglia l’Albania da Est a Ovest, seguendo il tracciato dell’antica via Egnatia, ed è la stessa che in entrambi i due sensi hanno fatto in passato mercanti ed eserciti armati .
Una veloce sosta “tecnica” in una stazione di servizio intitolata al “Cacciatore”, nelle vicinanze di Elbasan, ci fa scoprire, oltre che un mini-zoo dotato di un pavone, di rapaci, e perfino di uno sciacallo, una curiosità: la toilette “ a due piazze” dove coesistono, affiancati, il water e il gabinetto alla turca.
Quando arriviamo a Durazzo, abbiamo ancora il tempo di una sosta in un bar del Lungomare e di una passeggiata : tra la Moschea, dove assistiamo, appollaiate nella zona-apartheid riservata alle donne, a una parte della funzione serale, e l’ultimo scampolo di corso animato dal passeggio dove ci aspetta ancora una sorpresa: un caffè d’arte, o per meglio dire caffè-libreria , dove una gentile signora ci aiuta nella ricerca di libri interessanti.
Siamo nel porto di Durazzo e, prima di imbarcarci, ci congediamo da Alban e Daniel salutando questa terra d’Albania che per un po’ di giorni ci ha accolto con tanta disponibilità e amicizia.