9 gennaio 2013

Nicolò Ammaniti, Io e te, Einaudi, 2010

di Amalia Mancini

“Io e te” non è un libro sull’amicizia, come “L’amico ritrovato” di F. Uhlman o “Le braci” di S. Marai, dove le vicende vedono implicate persone che si incontrano, condividono sentimenti ed esperienze, si ritrovano valutando i cambiamenti avvenuti nel tempo e le trasformazioni dei loro rapporti.
Io e te è invece un grido disperato di un adolescente che non riesce a stabilire legami normali con i suoi coetanei.
E’ una storia che trasuda malinconia, tristezza, ma la dice lunga sulla nostra società del benessere e sui disagi di chi cerca delle connessioni interpersonali che non siano legati al web.
Lorenzo, il protagonista di questo romanzo breve di Ammaniti, soffre dell’incapacità di essere come gli altri, di unirsi a quella chiassosa compagnia che sono i suoi coetanei.
La storia si svolge in una polverosa cantina dove si rifugia per una settimana per rendere verosimile una sua bugia. Qui Lorenzo si troverà di fronte a se stesso e ai suoi problemi, ma, poi, miracolosamente non sarà più solo.
La sua solitudine si unirà a quella della sorellastra, che conduce una vita bordeline, con un mare di problemi esistenziali irrisolti e irrisolvibili.
Fra loro nascerà una forte e intensa intesa, anche se dopo numerosi scontri e malintesi. Qualcosa che risulta parente stretta dell’amicizia.
Scopriranno che quella distanza, apparentemente insormontabile tra loro, sarà colmata dalla condivisione del loro dolore, del disagio di cui entrambi soffrono.
Così Lorenzo capirà quanto sia inutile nascondersi dietro le bugie, e quanto anche una polverosa cantina possa diventare il luogo ideale per riallacciare sentimenti, affetti, che, anche se per poco, ci fanno sentire meno soli.
Un’esperienza che lo aiuterà a maturare, a crescere, ad affrontare la vita e i silenzi che la accompagnano.
E’ per questo che “Io e te”, pur non essendo un libro sull’amicizia, è per l’amicizia, sul bisogno di essa, come confessa Lorenzo: ”… A me non mi avevano invitato …non ho amici… E volevo essere uno di loro”.