Diario di viaggio d’autunno

La Ferrara d’autore: con Ludovico Ariosto e Giorgio Bassani

14-17 ottobre 2016

a cura di Angela Mengano

Venerdì 14

Siamo una piccola brigata stavolta, con un pullman da 50 posti messo a disposizione dalla ditta Petruzzelli per 22 partecipanti: Lucia, io, Elisa, Imma, Adriana Pepe, Luciana Cusmano, Laura Carenza, Marta Attolini, Isa e Giorgio, Marisa Selvaggi, Mariangela Sportelli, Lalla e Tina Traini, Milena Cisternino, Adriana Lancieri, Clara Loiacono, Giovanna Bruno, Ersilia Marra, Franca Botrugno, Mariolina Passaro, Rachele Tateo; in serata, a Ferrara, si uniranno a noi Gisella Romanazzi e suo marito Renato. Prima pausa caffè a Chieuti. Lucia ci introduce al viaggio con letture scelte sull’opera di Ludovico Ariosto e sulla mostra allestita nel Palazzo dei Diamanti di Ferrara per i 500 anni dell’Orlando furioso e centrata sull’immaginario visivo dell’autore. In pullman ci scambiamo commenti sulle principali notizie del giorno, la morte di Dario Fo, il Nobel per la letteratura a Bob Dylan che ha fatto tanto discutere. Dopo la sosta pranzo al grill di Falconara Marittima proseguiamo per Bologna, accompagnati da pioggia scrosciante fino all’entrata nel MAMBO. La mostra “David Bowie is” è un viaggio affascinante -da percorrere con le cuffie- per immergersi nel mondo di un artista geniale a 360 gradi che lascia un segno indelebile del suo passaggio, mi verrebbe da definirlo “rinascimentale” se non fosse che uno come lui sfugge a qualsiasi tipo di catalogazione.

bowie

Al ritorno a Bari Renata Pepe, che già per conto dell’Associazione Italo Britannica ci aveva raccontato la mostra al suo primo apparire a Londra, replicherà la sua conversazione per i soci che non sono potuti venire con noi al MAMBO. A Ferrara alloggiamo nell’hotel Orologio, che dà sulla Darsena, non lontano dal centro, molto confortevole e accogliente. Dopo la cena con i cappellacci di zucca tipici del territorio e con una dolce conclusione -la Tenerina, specialità ferrarese- il nostro consueto e piacevole rendez-vous per scambiarci le impressioni della giornata, prima di crollare in un profondo sonno ristoratore!

Sabato 15

Ci raggiunge la guida, Lucia, che starà con noi per l’intera giornata. La visita della mostra di Palazzo dei Diamanti “Orlando Furioso 500 anni: cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi” è la prima tappa. Una mostra importante per riavvicinarsi a un capolavoro che pochi di noi hanno continuato a frequentare dopo gli anni di scuola. L’esplorazione dell’immaginario ariostesco tra l’arme e gli amori, i desideri e gli incantesimi, inizia attraverso una porta in forma di gigantesco libro e si snoda in un percorso incantato che ci porta davanti alle opere che forse −almeno alcune di esse− l’Ariosto vide: il magnifico ritratto del Gattamelata del Giorgione…

gattamelata

Minerva che scaccia i vizi dal giardino delle virtù di Andrea Mantegna… il Baccanale degli Andrii che Tiziano eseguì per i camerini di Alfonso d’Este, ritornato eccezionalmente a Ferrara dal Prado…  un raffinato disegno di Leonardo da Vinci raffigurante una Scena di battaglia etc… Un discorso a parte per San Giorgio e il drago di Paolo Uccello: non mi par vero di trovarmelo davanti: tanti anni fa, a Parigi, non riuscii ad andare al museo Jacquemart-Andrée dove è conservato …e ora viene prestato alla mostra di Ferrara …che fortuna!!!

san-giorgio

Si prosegue con una lunga serie di oggetti, libri, manoscritti, mappe, tutti evocativi della vicenda ariostesca: tra gli altri, una grande luna di ottone, proveniente dai  Musei Capitolini, ed è chiaro riferimento alla pazzia di Orlando;

luna-ariosto

la lettera in cui Niccolò Machiavelli manifestava a un amico la sua delusione per non essere stato citato nell’Orlando, opera da lui molto apprezzata. Grande emozione è trovarsi sotto gli occhi, a sorpresa, alla fine della mostra, un manoscritto autentico di Ludovico Ariosto. Uscendo dal Palazzo, ci soffermiamo ai margini dell’ampio ovale della piazza Ariostea;

piazza-ariostea

proprio lì di fronte, mi colpisce la mole del palazzo Massari, oggi museo Boldini: sembra in stato di abbandono, nonostante segni di passata eleganza (le caratteristiche tende alla ferrarese) e la guida mi conferma che il museo, reso inagibile dal terremoto del 2012, è chiuso per lavori di restauro. Costeggiamo il Parco Massari, con i suoi secolari cedri del Libano (qui De Sica girò scene del suo Giardino dei Finzi Contini), e raggiungiamo la Certosa, luogo di grande suggestione, qui sono le tombe di Boldini, Antonioni, de Pisis, ma non le vediamo, è tardi.

certosa

Intanto la nostra guida ci parla di Ferrara definita prima città moderna d’Europa, che armonicamente fonde Medioevo e Rinascimento, grazie anche alla lungimiranza di Ercole I d’Este che si circonda delle persone giuste per dare un nuovo assetto alla città. Andando in autobus verso il centro costeggiamo il parco dedicato a Giorgio Bassani, di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita; più in là, in contrada del Mirasole, la casa dell’Ariosto. La comitiva si scioglie in piazza Savonarola per ritrovarsi subito dopo pranzo. Sulla statua del Savonarola i tifosi ferraresi hanno appoggiato la sciarpa con i colori della squadra del cuore, la Spal, in segno di esultanza per il ritorno in serie B. Dopo un veloce spuntino consumato in gruppo ci ritroviamo per il giro della città medievale, non senza sostare ai piedi del monumentale Castello, dove si può leggere la lapide che ricorda il tragico episodio raccontato da Giorgio Bassani, La lunga notte del ’43, poi ridotto nella versione cinematografica da  Florestano Vancini.

lapide

Segue la visita della Cattedrale (ma la facciata è in restauro) con un interno ricco di opere d’arte (tra cui un Guercino). Attraversando il Ghetto, la nostra guida ci segnala le cose più interessanti: la Sinagoga, la vecchia Università, la strada Vignatagliata in fondo alla quale è la scuola dove Bassani aveva insegnato. Raggiungiamo il Monastero di S. Antonio in Polesine, fondato nell’Alto Medio Evo dagli Agostiniani, (promotrice Isabella d’Este che qui riposa) ricco di splendide cappelle affrescate di scuola giottesca. Una suora [qui, di 14 benedettine in clausura, solo due hanno la dispensa per aprire ai turisti il complesso monasteriale] ci illustra le scene, invitandoci a scoprire alcune rarità, per esempio l’immagine del Cristo che sale da solo sulla croce. Al termine della visita, una gradevole sorpresa: le suore benedettine ci invitano a rimanere per ascoltare i canti gregoriani.

monastero-santantonio

Sulla via del ritorno, notiamo la casa di Biagio Rossetti, il grande architetto degli Estensi, prototipo dell’abitazione storica ferrarese, ci dice la nostra guida. Stasera a cena ai Tri Scalin, non lontano dal nostro albergo, la classica trattoria, ambiente simpatico, e la scoperta (per me almeno) della salama da sugo; alla fine arriva anche il tiramisu: tutto buonissimo ma anche abbastanza trasgressivo (nutrizionisticamente parlando)!

Domenica 16

Ci raggiunge Emma, la nostra guida di oggi e, prima di uscire dalla città per andare a Comacchio, ci legge un brano in versi di Giorgio Bassani, Rolls Royce; ci mostra, al passaggio, la Ferrara razionalista di viale Cavour con il Palazzo delle Poste e la casa di Folco Quilici (si scopre che la madre, Mimì Buzzacchi Quilici, di origini mantovane, fu una pittrice di notevole spessore). Poi ci immergiamo nelle meraviglie di palazzo Schifanoia, una delle cd. “Delizie” sparse nel territorio ferrarese per il diletto – e non solo – degli Estensi. Nel nome la funzione: schivare la noia. Gli affreschi del Salone dei Mesi sono tra i cicli più importanti del ‘400 e vi furono impegnati i pittori della scuola ferrarese tra cui De Roberti e Del Cossa; forse anche, ma non si sa per certo, Cosmè Tura, che pure ne fu il capofila. A un intervento di Isa sul rilievo evidente dato in questo ciclo di affreschi all’ elemento architettonico, Emma sottolinea la presenza alla corte di Ferrara di Leon Battista Alberti, che certamente influì sulle sorti successive dell’architettura ferrarese.

salone-dei-mesi

La corte estense promosse tra le arti la musica (da ricordare il Concerto delle Dame, donne musiciste pioniere per le quali compose brani musicali anche Carlo Gesualdo da Venosa) e il teatro (qui nasce il teatro moderno: nel 1486 prima rappresentazione dei Menecmi). Uscendo dalla città, eccoci immersi nel grigiore della campagna ferrarese. Noi troviamo affascinante lo spettacolo, Emma non è d’accordo perché, dice, per colpa della nebbia tempo fa è caduta nel fosso. Lungo la strada poi ci capita di scorgere una nutria morta, ed Emma ci dice che qui è considerata una specie invasiva perché in più luoghi se ne è andata registrando una notevole espansione e notevoli sono i danni arrecati alle colture, in particolare alle risaie che qui abbondano. Arriviamo a Comacchio. La visita di questa città, un po’ simile a Venezia perché città d’acqua e di canali, sorta su 13 piccole isole, parte dai Trepponti, originale insieme di ponti e scalinate. Qui è tutto un tripudio di mattoni (rossi) e pietra d’Istria (bianca) e in uno spazio concentrato sfilano ponti, canali, edifici storici: dal Ponte degli Sbirri all’antica Pescheria, alla Loggia del Grano, alle piccole “batane” che solcano lentamente i bassi fondali, etc.;

trepponti

abbiamo poco tempo e non possiamo approfondire la visita, per es. ci sarebbe da vedere il Museo della Nave Romana ricavato nel vecchio carcere, ma sarà per un’altra volta. Il relitto della nave romana fu recuperato negli anni ’80; Comacchio però è insediamento etrusco, e poco lontano di qui era Spina. Insomma, riusciamo almeno ad entrare nella Cattedrale, in cui è particolarmente interessante l’altare trompe l’oeil: sembra scolpito, ma è solo dipinto. All’appuntamento per riprendere l’autobus c’è qualche ritardatario/a: confesserà poi di non essere riuscita a emulare la protagonista del film “Pane e tulipani”. Il pranzo al Bettolino di Foce, luogo di un antico Casone di Pesca, ci trasporta già nel cuore delle Valli di Comacchio e ci solletica il palato con le gustose specialità del territorio, prima fra tutte l’anguilla ai ferri, regina della gastronomia della zona.

bettolino

Qui – ci ha detto Emma – il fast food è il panino con l’anguilla. Le anguille ancora vive e guizzanti venivano – da sempre – trasportate sino a Napoli nelle “marotte”; oggi si fa tutto qui, pesca e lavorazione, dalla A alla Z, come ci verrà raccontato nella gita sul barcone da pesca, che ci porta sul fiume in un viaggio affascinante tra vegetazione, uccelli, sino alle vecchie stazioni di pesca dove sono conservati con cura e amore tutti i vecchi strumenti del mestiere.

fiume

Lucia ci legge Montale, che ha dato all’anguilla spazio nei suoi versi. Prima di lasciare Comacchio, facciamo acquisti a base di anguilla marinata. Al ritorno in albergo, ceniamo salutando gli amici che si separano dal gruppo, Franca e i Bortone che rientrano in treno, poi cantiamo e suoniamo il pianoforte coinvolgendo – almeno per un po’ – una simpatica coppia di inglesi.

Lunedi 17

Ripartiamo da Ferrara diretti a Bari facendo tappa a Loreto per visitare la mostra “Maddalena tra peccato e penitenza” curata da Vittorio Sgarbi che ha voluto assemblare prevalentemente opere già presenti nella regione Marche. La visita alla mostra, allestita al Museo-Antico Tesoro della Santa Casa di Loreto e dedicata al Giubileo della Misericordia, è stata guidata in maniera egregia da Stefano D’Amico, che con grande competenza e passione ci ha condotto attraverso il percorso espositivo. La scelta del curatore, esordisce, è caduta sulla Maddalena che con Sebastiano è in testa alla classifica dei santi più rappresentati nella storia dell’arte, forse perché portatori al tempo stesso e in modo ambiguo di erotismo e ascesi. La santa penitente è assurta a simbolo della conversione e rappresentata ora prostrata ai piedi del Cristo in atto di ungergli i piedi con preziose essenze, ora dolente e piangente ai piedi della Croce, alfine lieta di recare l’annuncio della risurrezione agli apostoli. Le 50 opere esposte raccontano la Maddalena attraverso i cinque secoli di storia dell’arte da Simone Martini ad Antonio Canova presente con tre disegni.

madonna-mostra

Per la Maddalena piangente di Ercole De Roberti si può osare una affinità con L’urlo di Munch; ma è indimenticabile la magnifica Maddalena del Trittico di Montefiore dell’Aso di Carlo Crivelli, che ritroviamo qui in mostra avendola già ammirata qualche anno fa nella sua collocazione permanente.  Scendendo da Loreto verso l’autostrada ci fermiamo a pranzo da ZI Nene. Così si conclude con un ottimo pranzo a base di pesce il nostro bel viaggio.

La galleria fotografica del viaggio