Canne della Battaglia. Torre pietra. Casa di Ramsar

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 “Ricordando Nino”

CANNE DELLA BATTAGLIA

Sabato 26 ottobre 2019

 

Vento e praterie; lontano lo scintillio dell’Ofanto e la striscia del mare davanti al Gargano. Nient’altro che vento, cicale… E poi ancora silenzio, ulivi, filari di vigne come eserciti…
Canne va raggiunta così, controvento, lontano dalle grandi strade…

Sopra di noi rotea un falco.

Il luogo dell’ecatombe è davanti a noi.”

(da “Il ritorno di Annibale” di Paolo Rumiz)

Programma

 ore 8.30 / 8.45         Partenza da Largo Sorrentino / Largo 2 Giugno

ore 10.00                    Arrivo a Canne della Battaglia.
La mattina:

con noi, la dott.ssa Miranda Carrieri, direttrice dell’Antiquarium e del Parco archeologico.

Il piccolo edificio dell’Antiquarium.fu realizzato nel 1958 per accogliere i reperti dell’area.
Nel 1999 l’allestimento veniva rinnovato nel rispetto delle nuove esigenze didattiche, presentando la storia del popolamento nella zona, dal neolitico fino alle vicende di epoca medievale.
Il percorso espositivo attuale, inaugurato nel 2017, illustra l’evoluzione storica del sito e l’interazione con l’ambiente geografico dell’area dell’Ofanto.
La narrazione della storica battaglia della seconda guerra punica del 216 a.C. viene proposta nella sala multimediale con un video ricostruttivo visibile anche in 3D ed anche con informazioni sulle fonti storiche, la manovra tattica ed i protagonisti, contenute nei leggii multimediali interattivi.

La visita al Parco Archeologico si articola in due itinerari:

Il primo, porta alla collina principale, dove era l’arx delle fonti latine e l’abitato medievale, con il Castello e la Basilica.
Il secondo itinerario conduce alla Basilica paleocristiana, all’area delle abitazioni daunie con le tombe a grotticella, e quindi alla Fornace e al Sepolcreto medievale.

Pranzo a Margherita di Savoia dove ci raggiungerà Giuseppe Pavone del CEA “Casa di Ramsar”

Nel pomeriggio:

Torre Pietra, da punto di avvistamento della dominazione spagnola a contenitore di frammenti di storia che riemergono dalla profondità degli abissi (progetto finanziato dalla Regione Puglia)

Birdwatching nella Riserva Naturale delle Saline grande, scalo internazionale per i migratori che, a seconda dei periodi, sono presenti con numerose specie, in particolare quelle acquatiche come fenicotteri, anatre, aironi
Casa di Ramsar – Centro di Educazione Ambientale

 Ore 20.00 arrivo a Bari.    Largo 2 Giugno / Largo Sorrentino 

Lucia Aprile 338.6092628339.4029450 ;  Angela Mengano 338.4639612;  Autista 377.5104189


ADIRT- Associazione Difesa Insediamenti Rupestri e Territorio – Via Abbrescia 45/47  BARI    info@adirt.it            www.adirt.it

 

Viaggio nella Germania di Weimar. Programma definitivo

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CENT’ANNI DI BAUHAUS
WEIMAR DESSAU BERLINO

08 Settembre – 16 Settembre 2019

Esattamente un secolo fa nasceva l’istituto di istruzione artistica che restò aperto solo quattordici anni, ma lasciò un segno indelebile in tutto quello che ci circonda ancora oggi.
Il Bauhaus, infatti, fu insieme scuola (probabilmente la più rilevante scuola di arte e design del XX secolo), progetto utopistico e grande catalizzatore dell’avanguardia europea, rivoluzionando la modernità con le sue linee pulite, il suo rigore e la sua idea di un’arte ‘industrializzabile’ e cambiando radicalmente il modo di concepire edifici, mobili e qualsiasi oggetto del quotidiano.

PROGRAMMA

 

08 SETTEMBRE

ORE 7.30 incontro con i partecipanti a Bari Largo Sorrentino per il trasferimento all’Aeroporto di Bari Palese

Partenza con volo Easy Jet alle ore 10:10 con arrivo all’Aeroporto di Berlino Tegel alle 12:30, ritiro dei bagagli, incontro con la guida-accompagnatrice dell’intero viaggio e trasferimento a Weimar all’Hotel Ramada By Whyndham 4 stelle, o similare, sistemazione nelle camere

Nel pomeriggio informazioni generali e panoramica di Weimar
Cena in Hotel, pernottamento

09 SETTEMBRE

Colazione in Hotel

WEIMAR

Piccola città museo, riconosciuta dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, Weimar è da secoli uno dei maggiori centri culturali del Paese, cuore geografico e spirituale di tutto ciò che è profondamente tedesco. Qui vissero Bach, Goethe, Herder, Schiller, Liszt, Nietzsche… E qui si riunì l’Assemblea Nazionale per emanare la Costituzione alla fine del primo conflitto mondiale, dando vita alla Repubblica di Weimar, ossia il primo tentativo dei tedeschi di darsi un vero ordinamento democratico e repubblicano. Non è dunque casuale che proprio a Weimar nel 1919 Walter Gropius fondò la scuola del Bauhaus, partecipando a quel fecondo clima culturale che caratterizzò questa città negli anni Venti del Novecento e rappresentò un’età dell’oro per la politica, le idee, le arti, le scienze: il primo autentico esperimento di uguaglianza, di partecipazione attiva alla politica (simboleggiato dal suffragio universale aperto anche alle donne) e di libertà di pensiero.
La giornata è così interamente dedicata alla nascita del Bauhaus e, per cercare di seguire un ordine cronologico, inizieremo dalla sede originaria della Bauhaus-Universität costruita da Henry Van de Velde (1863-1957), dove tutto ebbe inizio (oggi questa è la sede dell’Istituto superiore di architettura).
Visiteremo poi il nuovissimo Bauhaus Museum of the Klassik Stiftung Weimar, inaugurato ad aprile di quest’anno con la mostra The Bauhaus comes from Weimar. Per la realizzazione del nuovo museo in vista delle celebrazioni del centenario, nel 2011 fu indetto un concorso internazionale cui parteciparono oltre 530 studi di architettura. L’edificio vincitore, realizzato dall’archistar tedesca Heike Hanada, si presenta come un cubo di cemento sviluppato su cinque livelli e definito da pannelli in vetro satinato. All’interno ospita la collezione di capolavori di design della scuola. Accanto al nuovo Bauhaus Museum si trova anche lo storico Neues Museum, il museo di arte moderna e contemporanea che ha sede in un palazzo neorinascimentale, nel quale è allestita l’interessante mostra Van de Velde, Nietzsche and Modernism around 1900
pranzo libero

Il centro storico, dove campeggia la Stadtkirche St. Peter und Paul, la chiesa meglio nota come Herderkirche, poiché qui predicò per anni Johann Gottfried Herder (1744-1803), filosofo e teorico dell’illuminismo tedesco. Si tratta di una chiesa a tre navate risalente al 1253 ma ricostruita dopo un incendio all’inizio del Cinquecento. L’interno custodisce l’organo suonato da Johann Sebastian Bach nel 1708-1712, la tomba di Herder e la Pala della Crocifissione di Lucas Cranach.
Lo Zwiebelmarkt
Cena e pernottamento in hotel

10 SETTEMBRE

Colazione in  Hotel

WEIMAR, LE CASE
Anche se il viaggio è dedicato al Bauhaus, non è possibile visitare Weimar senza tributare un omaggio a Goethe, che visse a lungo in questa città e vi morì nel 1832. D’altra parte Goethe rappresentò un punto di riferimento per gli artisti delle generazioni successive e la sua Teoria del colore fu particolarmente importante per Itten, Klee e Kandinskij, che insegnarono al Bauhaus. Visiteremo quindi la Goethe Wohnhaus, la casa dove il genio tedesco visse a partire dal 1782 e dove è allestito il Goethe National Museum, che conserva la sua raccolta di innumerevoli oggetti d’arte, di scienze naturali, geologia, minerologia, oltre che una biblioteca di cinquemila volumi.
Dopo il pranzo libero, proseguiremo il percorso alla scoperta delle abitazioni private, dal barocco al modernismo : la villa che ospita il Nietzsche Archive, dove il filosofo tedesco visse dal 1897 fino alla sua morte nel 1900 e che fu completamente rinnovata nel 1902 da Ven de Velde.
L’architetto belga, chiamato appositamente dalla sorella di Nietzsche, ideò ogni dettaglio, compresi lampadari, porte e soprammobili, dando forma a una vera e propria Gesamtkunstwerk (Opera d’arte totale), giunta intatta fino a noi.
Pranzo libero
Visiteremo infine la Haus am Horn, che fu il prototipo nel quale si materializzarono per la prima volta le idee rivoluzionarie del Bauhaus relative al ‘modo di vivere moderno’. Questo modello di casa fu costruito per la mostra del Bauhaus del 1923 e rimane l’unico edificio interamente costruito a Weimar dalla scuola di Gropius, appena riaperto dopo un accurato restauro. Resteremo così sorpresi dalla profonda differenza che separa le due case, pur essendo state realizzate a soli vent’anni di distanza.
Cena e pernottamento in hotel

11 SETTEMBRE

Colazione in Hotel

Lasceremo Weimar alla volta di di Erfurt : si tratta di uno dei centri medioevali meglio conservati in Germania. Antiche e lussuose abitazioni abbelliscono il centro storico caratterizzato anche dal celebre Krämerbrücke (del 1325), il più lungo ponte d’Europa fiancheggiato da entrambi i lati da case con le facciate a struttura reticolare, simile al Ponte Vecchio di Firenze. Erfurt è anche chiamata città delle torri per il gran numero di chiese, cappelle e monasteri. In passato la città e la sua università (nel ‘700 era l’università più grande della Germania) attiravano molti personaggi illustri: da Lutero a Goethe, da Johann Sebastian Bach a Schiller e Herder.
pranzo libero,

Proseguiremo per Dessau, nel Land Sassonia-Anhalt , come fece il Bauhaus nel 1925

Cena e Pernottamento in hotel Radisson Blu Hotel Fürst Leopold**** a Dessau  o similare.

12 SETTEMBRE

Colazione in Hotel

DESSAU

Nonostante il successo ottenuto, il Bauhaus , osteggiato dagli ambienti più conservatori e costretto a concludere la sua attività a Weimar,  potè riaprire a Dessau, finanziato dal Comune, ottenendo anche il titolo di Hochschule für Gestaltung (Istituto superiore di figurazione).
Dessau fu la prima città nella quale il Bauhaus potè realizzare il proprio programma non solo di corsi, ma anche di costruzioni, a cominciare dalla nuova sede appositamente costruita su disegno di Gropius: la Bauhausgebäude, oggi sede della Fondazione Bauhaus Dessau, che naturalmente visiteremo
L’edificio, inoltre, riuniva la scuola, le officine nonché gli alloggi per gli studenti, dove i balconcini con il loro parapetto di ferro si stagliano nettamente nel blocco, indicando all’esterno la suddivisione in piccole unità abitative. Ogni dettaglio, dall’architettura agli arredi, appositamente disegnati, sono divenuti archetipi dell’architettura e del design contemporaneo.

Pranzo libero

Gropius progettò anche le Meisterhäuser, le case dei docenti più illustri. Erano tre ville bifamiliari composte da cubi, che fungevano anche da atelier dei maestri: una per Gropius, purtroppo distrutta durante la guerra (e ricostruita nel 2014 in forme totalmente diverse dallo studio berlinese Bruno Fioretti Marquez Architekten); una per i pittori Moholy-Nagy e Feininger; una per Kandinsky e Klee, interamente conservata e appena riaperta dopo il restauro.

Potremo così emozionarci nel visitare il luogo in cui i due artisti astratti lavorarono a stretto contatto.
E soprattutto emergerà come il Bauhaus, oltre che una scuola d’arte, fu una straordinaria esperienza di libero pensiero e di emancipazione sociale, anche femminile: divennero celebri ad esempio le ‘donne del Bauhaus’, per i capelli corti e i modi anticonformisti.

A breve distanza, all’interno di un parco pubblico, sorge anche il nuovo Bauhaus Museum Dessau, che inaugurerà a settembre. «Può essere considerato come eredità iconografica del motto less is more», affermò la giuria nel sceglierlo. Sarà esposta la collezione di circa 40mila oggetti legati al Bauhaus, in modo da rendere evidenti al grande pubblico l’attualità delle idee del Bauhaus e la presenza di un’eredità ancora viva.
Se possibile  cena presso un ristorante ospitato in un edificio Bauhaus costruito nel 1930.
Cena e Pernottamento in hotel

13 SETTEMBRE

Colazione in Hotel

Trasferimento a POTSDAM

la Einsteinturm (Torre di Einstein), l’osservatorio astrofisico eretto fra il 1919 e il 1921 dall’architetto tedesco Erich Mendelsohn.
La torre doveva trasporre in un edificio le teorie della relatività di Albert Einstein, che qui potevano essere sottoposte anche a verifiche empiriche tramite un laboratorio apposito e un grande telescopio per lo studio della deviazione dello spettro solareUn edificio  simbolo dell’architettura espressionista, nonché uno dei brani architettonici più importanti e rivoluzionari del Modernismo. Oggi il monumento storico-artistico è protetto e svolge ancora l’originaria funzione di osservatorio per l’Istituto di Astrofisica di Potsdam

pranzo libero

Il  parco di Sanssouci risale al 1744 e, insieme con i suoi numerosi edifici e opere d’arte, è considerato il miglior esempio di rococò a Potsdam, riflettendo l’influenza di Federico il Grande. Nel parco furono piantati ben 3000 alberi da frutto, che si alternano a statue e templi che riprendono lo stile rococò del palazzo

Trasferimento a Berlino Hotel Best Western Plus Amedia Kudamm 4 stelle o similare
Cena e pernottamento

14 SETTEMBRE

BERLINO  Colazione in Hotel, visita alla Sala Congressi di Stubbins e visita della fabbrica delle turbine della AEG di Behrens,

pranzo libero,

nel pomeriggio visita al quartiere “ Hansa Viertel” realizzato durante l’IBA 1957 (proposte architettoniche Bauhaus, attualmente chiuso per riallestimento), alla Shell Haus di Emil Fahrenkamp e tempo e disponibilità permettendo visita del complesso dell’Unitè d’habitation di le Corbusier e della Filarmonica di Sharoun nel Kultur Forum

Cena e pernottamento

15 SETTEMBRE

Colazione in Hotel, visita al Museo Ebraico e al Museo dell’Olocausto

pranzo libero,

pomeriggio libero

Cena e pernottamento

16 SETTEMBRE

Colazione in Hotel, partenza alle ore 08:30 per l’Aeroporto di Berlino Schoenefeld, partenza con volo Ryanair alle ore 11:45 con arrivo a Bari alle ore 13:55

Trasferimento privato a Largo Sorrentino Bari

Costo del viaggio a persona  € 1.850,00 su un minimo di 25 partecipanti

Il costo potrebbe subire delle variazioni in base all’ effettiva quotazione al momento della prenotazione

La quota comprende:

Trasferimento da e per l’aeroporto di Bari

Volo andata e ritorno Bari-Berlino-Bari compreso una borsa a mano piu’ un bagaglio da stiva

  1. 8 pernottamenti con trattamento di mezza pensione

Ingressi ai luoghi di interesse quantificati per € 100 circa complessivi

Guida accompagnatrice certificata parlante italiano per l’intero tour

Bus al seguito per l’intero tour

Vitto e alloggio per autista e guida

Tassa di soggiorno

Assicurazione medico- bagaglio

La quota non comprende:

Supplemento camera singola € 50,00 al giorno

Tutto quanto non espresso nella quota comprende

Assicurazione per annullamento per motivi di salute certificati e non preesistenti,

da sottoscrivere esclusivamente al momento della conferma  € 90,00

Il programma potrebbe subire delle variazioni in base alla disponibilità delle prenotazioni ai luoghi di interesse. A causa dell’imminente data di partenza si necessita entro giovedì 25/07/2019 dell’adesione con acconto di € 525,00 (pari al 30% dell’importo) e copia del documento di identità. Tale quota, in caso di rinuncia al viaggio per qualsiasi motivazione (anche di salute) salvo stipula assicurazione per annullamento, sarà trattenuta dall’agenzia come penale.

Da 30 a 4 giorni prima della partenza la penale ammonta al 75% dell’intero importo

Da 3 giorni prima della partenza la penale ammonta al 100% dell’intero importo

PER INFORMAZIONI TECNICHE CONTATTARE

LA SIG.A CANDIDA AL  335/6727173

New Transitalia Viaggi

Starbus Service srl

Via G. Devitofrancesco, 15 –  70124 Bari 

P.IVA/C.F. 07170860725 – REA 53768  – Aut. Prov. n. 12/2012

Tel. 080.5565088 – Fax 080.5538685

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Le Isole Tremiti di Lucio Dalla. Diario di Viaggio

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Diario di viaggio

LE ISOLE TREMITI di Lucio Dalla

 3 – 6 giugno 2019

 

A cura di Angela Mengano

Lunedì 3 giugno

Siamo una trentina alla partenza da Bari.  A Barletta si uniscono al gruppo Anna e Bernardo. Lucia ci introduce al viaggio con letture, tra cui Levantazzo di Antonio Mallardi, racconto di mare ambientato nelle Tremiti, e con una canzone di Lucio Dalla, La casa in riva al mare, sogno di libertà di un detenuto. Lucio Dalla ha molto amato le isole Tremiti, venendovi in vacanza sin da bambino; qui ha inventato un festival del mare, “Il mare e le stelle”.

Dopo la pausa caffè verso il Gargano, sostiamo a Lesina nel Centro Visite Parco Nazionale del Gargano, guidati da Giacomo, Selena e Luisa – con un video anni 60 – attraverso le meraviglie naturalistiche del territorio. Scopro qui anche curiosità, per esempio che l’agar agar usato come addensante in cucina nella preparazione dei dolci si estrae da una particolare alga che cresce qui, la Gracilaria verrucosa.

Il pulmann ci lascia al porto di Termoli per l’imbarco – dopo una breve pausa “rifocillante” – sulla nave Isola di Capraia della compagnia Tirrenia, festosamente invasa a bordo da torme di ragazzi in età scolastica, ospiti di un progetto di scrittura creativa curato da BIMED.

.casa Lucio Dalla  Casa di Lucio Dalla

IMG_7605 (1)

San Domino e l’hotel Eden ci danno il benvenuto. Una navetta ci porta su fino all’albergo; alcuni di noi, lasciati i bagagli in navetta, preferiscono salire a piedi, attraverso la pineta intrisa di profumi (é una passeggiata di pochi minuti). Una pausa relax e si va subito in giro. Dalla piazzetta dove Luna Matana offre un ottimo gelato artigianale scendiamo fino alla omonima Cala Matana, rendendoci subito conto che il mare delle Tremiti non è facile a raggiungersi. Bisogna conquistarselo a fatica. Seminascosta nel verde sta la casa di Lucio Dalla; scopriremo poco a poco che tutta l’isola é disseminata di segni della sua presenza, con targhe e mattonelle recanti suoi pensieri, e anche qualche scultura a lui dedicata. La cena si tiene sul terrazzo dell’albergo con magnifica vista sull’abbazia di San Nicola, proprio di fronte a noi. Questa sarà l’ultima delle fresche serate autunnali.  Da domani arriva l’estate!

Isola San Nicola       foto di gruppo le Tremitesi

Martedi 4 giugno

Stamattina partiamo all’ esplorazione delle isole con Carmela, bravissima guida, molto competente e preparata e con la sua narrazione interessante e ricca di spunti sulle diverse isole. Un barcone ci traghetta da San Domino a San Nicola, la più storica tra tutte le isole dell’arcipelago. L’ultima isola, tanto distante da non essere vista dal nostro punto di osservazione, ma anche per la sua piattezza, è Pianosa. Carmela, che abita a Peschici, ci racconta che dalla sua casa vede a volte da un lato tutte le isole fino a Pelagosa, già croata, dall’ altro la Maiella innevata; e allora le sembra di essere in preda a una allucinazione.

Sbarcati a San Nicola lentamente ci inerpichiamo sulla scalinata che conduce alle fortificazioni e al complesso abbaziale. La storia dell’arcipelago è complessa e tormentata, dai greci ai romani, dall’ originario insediamento benedettino ai cistercensi, dai lateranensi agli angioini ai borboni; luogo di confino e colonia penale. Qui furono relegati Paolo Diacono nel 780 esiliato da Carlomagno; un pugno di libici contrari alla colonizzazione italiana, ora sepolti in un cimiterino in fondo all’ isola di San Nicola; centinaia di omosessuali deportati da Mussolini per “ripulire” il territorio nazionale. Infine, nel 1987, l’inquietante mossa di Gheddafi che rivendica alla Libia le isole. Ma nel frattempo, dalla fine degli anni ’60, con il boom economico, era arrivato il turismo.

Faro Tremiti Isola di San Nicola. Il faro

Carmela ci fa intravedere i chiaroscuri di questo territorio: l’acqua bene primario per una società che vuol definirsi civile qui non c’è, o meglio arriva dalla terraferma. Qui tutto è trascurato. Lucio Dalla si era proposto come sindaco ma non l’hanno voluto. Quando teneva i suoi concerti sulla spianata dell’Abbazia i traghetti partivano anche di sera per portare la gente. E al riparo del torrione angioino il nostro gruppo si ferma a discutere. Lucio Dalla fa discutere.

Entriamo nella chiesa dalla bella facciata rinascimentale in pietra d’ Istria e subito ci colpisce il pavimento a mosaico dell’undicesimo secolo con grifi, uccelli, cervi, elefanti e motivi vegetali, in tutto simili a quelli coevi. La chiesa è spoglia come si conviene a una chiesa romanica ma è anche vero che le truppe francesi misero tutto a soqquadro portando via dipinti e altro! Rimangono il polittico ligneo intagliato in oro zecchino con la raffigurazione di tutti i santi del Gargano; il Cristo in croce, greco bizantino, con una espressione serena sul volto; la scultura lignea della Madonna molto venerata qui e portata in processione (ma questa più pregiata rimane al suo posto e in processione ci va la copia che si trova nella cappelletta). Attraverso i due chiostri, il cistercense e il lateranense, arriviamo al belvedere che fa spaziare lo sguardo verso l’alto mare aperto, il mare Adriatico. Qui il gruppo si frammenta per lo spazio libero da riempire a volontà; ci sarà prima dell’imbarco tempo per rilassarsi assaporando un boccone ma anche per l’esplorazione dell’isola che alcuni di noi percorreranno in lungo e in largo fino al  mausoleo dei libici deportati nel 1911; alcuni fino alla tomba di Diomede scavata nella roccia tra storia e leggenda.

IMG_7626 (1) Il pavimento a mosaico     Risultato immagine per isole tremiti chiesa romanica Polittico ligneo    IMG_7611 (1)  Santuario di S.ta Maria a Mare

 

Poi il bellissimo giro in barca in pieno sole intorno alle due isole principali, San Nicola e San Domino.  Nel versante sud di Capraia ci viene indicato il punto in cui è sommersa la statua di padre Pio da Pietrelcina, ma mi sembra difficile anche solo scorgerne i contorni; è a 14 mt di profondità, opera dello scultore Mimmo Norcia. Il profilo di san Domino, costellato di grotte, è emozionante. C’é la spiaggia dei Pagliai; la grotta delle Rondinelle; il faro molto mal messo che fu teatro dell’attentato del 1987 ricollegato alla demenziale rivendicazione di Gheddafi sull’ isola – ancora oggi però nel mistero a distanza di trent’anni e più – la grotta delle Viole; lo scoglio dell’Elefante; la punta delle Diomedee. Rientrando nel porticciolo di san Domino c’é ancora il tempo di fare un bagnetto nell’acqua freddissima dell’attigua caletta delle Arene.

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La cena di stasera viene anticipata per permetterci l’uscita in barca. Siamo a giugno e il sole é ancora alto, possiamo così ammirare dalla terrazza l’ammaliante visione dell’isola di San Nicola inondata di sole.

Viene poi il momento forse più emozionante dell’intero viaggio, la barca che si avvicina a motore spento alla punta delle Diomedee, in assenza di luna a rendere ancora più brillante e leggibile il firmamento. Avvicinarsi e restare in ascolto di centinaia di uccelli: suono inconfondibilmente avvertito come diverso dal canto dei gabbiani, simile piuttosto a un vagito infantile, veramente impressionante, indimenticabile. E tutto questo mentre sulla superficie del mare brillano impercettibili punti luminosi appena percepibili allo sguardo. Ci viene spiegato che si tratta del plancton, il che probabilmente dimostra l’ottimo stato di salute di questo mare.

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Mercoledì 5 giugno

Mattinata libera fino alla partenza per Peschici. Così ci dividiamo tra spiagge e pinete.

Poi risaliamo in albergo, dove ci vengono gentilmente messe a disposizione alcune stanze per rinfrescarci e ricoverare i bagagli fino al momento della partenza.  Ci vuole poco più di un’ora per attraversare il braccio di mare tra San Domino e Peschici ma lo scirocco infuria con onde sferzanti e davvero non vediamo l’ora di arrivare. Il mio vicino di posto, originario di Rodi Garganico, é qui con la sua compagna tedesca in vacanza e mi coinvolge nei suoi ricordi indicandomi dal mare il suo paese e la spiaggia dove, bambino, veniva ripreso in braccio alla Lollobrigida sul set del film “La legge” di Jules Dassin.

Finalmente entriamo nel porto di Peschici dove ci accoglie il delizioso Hotel Elisa, molto confortevole, gestito con grande professionalità e affabilità e arredato con gusto. Scopriamo tra i quadri appesi alle pareti un’opera di Alfredo Bortoluzzi, pittore e coreografo, artista tedesco formatosi nella Bauhaus di Dessau e vissuto a Peschici per 40 anni fino alla sua morte.  Chiacchiero un po’ con il titolare dell’albergo, che mi racconta di averlo conosciuto e di possedere diversi quadri dell’artista.

La cena è ottima, tutto gustoso e preparato con molta cura, sapori autentici soddisfano anche i palati più esigenti.

Concludiamo la giornata con una passeggiata nel centro storico, vivacemente animato

Giovedi 6 giugno

Dopo la prima colazione, servita con torte buonissime fatte in casa, Carmela ci raggiunge per la visita di Peschici, con partenza dal Cimitero, dove é la tomba – interamente decorata con mosaici – di Alfredo Bortoluzzi, qui sepolto insieme al suo compagno di vita, Fritz Lang (tenore, omonimo del famoso regista). Il piccolo mausoleo, interamente decorato a mosaico, è meta di turismo culturale anche da parte di numerosi turisti tedeschi. Bortoluzzi aveva scelto di vivere a Peschici dopo avere vagabondato per mezza Europa, e qui ha lasciato segni tangibili della sua opera artistica. Dopo la sosta al caffè in piazza, entriamo nel centro storico. All’interno della chiesa madre, singolarmente dedicata al santo profeta Elia, Alfredo Bortoluzzi ha creato la sua Via Crucis. Noi entriamo per vederla, il parroco apre le braccia sconsolato: Qui tutti vengono per Bortoluzzi, non per il Signore.  Lucia interviene a difendere le ragioni dell’arte e della bellezza come degne di uguale rispetto e attenzione. Carmela riferisce che il culto di sant’ Elia sarebbe legato all’ invasione delle cavallette come punizione divina, risolta secondo la leggenda dal miracolo della statua del santo portata in processione dai peschiciani.  Altri punti di interesse, la casa Libetta, il Castello (nient’altro che un recinto baronale), la chiesa del Purgatorio (affresco interessante sul soffitto, purtroppo notevolmente degradato). Prima di lasciare Peschici, ne approfittiamo per prendere  qualche souvenir. Trovo interessanti le ostie ripiene, dolce tipico del Gargano.

Tomba Alfredo Bertoluzzi Tomba di Alfredo Bortoluzzi

Magnifico pranzo al ristorante Maria, in collina, concluso con la torta a sorpresa per Renata, che oggi festeggia il suo compleanno. A tavola racconto a Carmela del libro Pan’ e Pomodor di Ian Mc Ewan. Il paesaggio del Gargano con la sua bellezza selvaggia ci accompagna nelle ultime ore di viaggio. Un’ultima sosta ci darà la possibilità di riammirare la sempre affascinante installazione di Edoardo Tresoldi nel sito della magnifica basilica paleocristiana di Santa Maria di Siponto.                                                                

Viaggio a Lesina, isoleTremiti, Peschici. Programma

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 3 – 6 giugno  2019

Le Tremiti di Lucio Dalla

“Questo posto favorisce il mio modo visionario di raccontare il mondo e poi aiuta a sognare, soprattutto quando c’è un meraviglioso cielo stellato che puoi vedere uguale solo nel Sahara”.

Lesina

Bauhaus a Peschici 

Programma

Lunedì 3 giugno Ore 7.30. Partenza da Largo Sorrentino – 7.45 Largo 2 Giugno

ore 10.30 Il lago di Lesina, salato in superficie e dolce in profondità, una sosta per tutti gli uccelli di passo  sulle rotte migratorie dal Nord Africa al Nord Europa:  cavalieri d’ Italia, folaghe, aironi e fenicotteri, cigni, cormorani.

Centro visite: acquario,  terrario con tartarughe, collezione di oggetti di uso quotidiano legati al mondo della pesca e della caccia nel passato

Trasferimento a Termoli per l’imbarco e partenza alle ore 15:45  per le Isole Tremiti.

La nave che effettuerà il trasferimento è l’Isola di Capraia. Arrivo a San Domino alle ore 17:00

Cena e pernottamento in hotel Eden, tel.0882 463211 

Martedì  4 giugno 

Ore 08.00; sveglia e prima colazione

Trasferimento in motobarca isola di S. Nicola: la fortezza-abbazia di Santa Maria a Mare, abitata dai Benedettini Cassinesi, dai Cistercensi e dai Canonici Lateranensi e utilizzata persino come colonia penale in epoca più recente.

Tempo libero per il pranzo.

Nel pomeriggio escursione in motobarca per la visita delle isole. Sosta bagno dalla barca.

Nel tardo pomeriggio rientro in hotel. Cena e pernottamento.

Facoltativa e con meteo favorevole escursione notturna in barca. Alla scoperta delle diomedee.

Mercoledì 5 giugno

Ore 08.00;  sveglia e prima colazione
Tempo libero per il mare e pranzo.
Nel pomeriggio ore 16.15 circa  trasferimento al porto con i bagagli per Peschici

Arrivo al porto di Peschici e consegna delle camere presso Hotel Elisa Tel.  0884 964012
situato a pochi metri dallo sbarco. Cena e pernottamento

Giovedì 6 giugno

Ore 08.00;  sveglia e prima colazione
Peschici  la “Perla del Gargano”:  Alla scoperta del Bauhaus e di Alfredo Bortoluzzi.
Pranzo “ da Maria”-  0884 911112

Ore 19.00/20.00  Arrivo a Bari Largo 2 Giugno – Largo Sorrentino

Lucia Aprile 338.6092628  – 339.4029450;  Angela Mengano 338.4639612; Autista 377.5104189


ADIRT – Associazione Difesa Insediamenti Rupestri e Territorio-  Via Abbrescia 45/47  BARI
Tel. 338.6092628    339.4029450    338.4639612    info@adirt.it   www.adirt.it

Diario di viaggio. La Tuscia. Marzo 2019

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      Diario di viaggio

     LA TUSCIA

     28 – 31 marzo 2019

 A cura di Angela Mengano

Il clou del nostro viaggio è centrato sull’incontro, fissato per sabato, con Graziella Chiarcossi, cugina di Pier Paolo Pasolini e moglie di Vincenzo Cerami, noto scrittore e sceneggiatore. L’abbiamo conosciuta a Bari, qualche mese fa, e da questo incontro è nata l’idea di una visita a Torre di Chia (Viterbo), nella casa-rifugio che permise al poeta di allontanarsi dalla città per lavorare come desiderava, in mezzo alla natura, negli ultimi anni di vita. Fu il luogo dove scrisse Lettere luterane e Petrolio, l’ultimo libro rimasto incompiuto.

Giovedi 28 marzo

Il gruppo in partenza da Bari è composto da 28 partecipanti; abbiamo a disposizione un pulmann da 32 posti che ci permetterà di muoverci in modo più snello nella viabilità a volte impegnativa delle piccole tortuose strade dell’interno. Pausa caffè verso Mirabella Eclano, pausa pranzo in autogrill quando siamo già nel Lazio. La prima meta é Orte, blocco di roccia tufacea che si avvista con una certa emozione da lontano.  E subito, come un pugno nell’occhio, la visione è turbata nello scorgere proprio davanti al bel profilo della città un brutto palazzo, forse anni ’60, costruito in barba a ogni criterio di estetica ancor prima che al rispetto della legge. La stessa emozione disturbata che dovette provare Pasolini il quale – nel documentario RAI del 1973 – sceglie di parlare della forma della città per lanciare strali contro un abusivismo edilizio che già allora, negli anni del boom economico, cominciava a manifestarsi deformando e imbruttendo il paesaggio.  In paese ci aspetta Riccardo Arseni, che ci farà da guida per tutto il pomeriggio. Nel frattempo ci hanno raggiunto Michele e Patrizia che parteciperanno con noi alle escursioni programmate. Qui a Orte visitiamo la città sotterranea, con l’affascinante colombaia, il pozzo di neve raccolta sui monti circostanti, utilizzato come frigorifero per alimenti e farmaci, la cisterna di acqua verdissima; dai belvedere affacciati sui fianchi della roccia si gode di una magnifica vista sul Tevere, e Riccardo ci indica in basso reperti archeologici dell’antica Orte, e in lontananza l’Umbria.

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Nel centro storico, tanti punti d’ interesse come la chiesa di San Silvestro, con il magnifico campanile romanico; la quattrocentesca Casa di Giuda, così detta per essere appartenuta a un personaggio traditore della comunità, al quale vennero perciò confiscati i beni; il cinema dedicato a Filoteo Alberini, pioniere della cinematografia mondiale, inventore della prima macchina cinematografica, il kinetografo, nell’anno precedente all’invenzione dei fratelli Lumiére. La guida Riccardo, vedendomi prendere appunti, di tanto in tanto mi sprona a modo suo: Scrivi Giovanna, scrivi… A Orte, ci dice, 800 sono gli abitanti rimasti (al che Franca F.  aggiunge sottovoce: Più noi, 829). Una veloce visita alla Cattedrale, nella piazza principale, poi l’assaggio di un gelato buonissimo. Un piccolo bassorilievo posto come architrave su di una porta desta la nostra attenzione; raffigura, ci dice Riccardo, i sette dormienti, forse in riferimento al martirio dei sette dormienti di Efeso. Da stasera pernottiamo al Balletti Hotel di San Martino al Cimino, lo stesso che ci ospitò sei anni fa. La cena è nel ristorante “La Tavernetta del Cavaliere”, annesso all’Hotel ma anche aperto alla clientela esterna, veramente eccellente.

Venerdi 29 marzo

Anche Vitorchiano, come Orte, ha origini etrusche. La visita alla città, presente nella hit parade dei borghi più belli d’ Italia, inizia di buon mattino con la nostra guida, la brava e vivace Chiara Zirino. Anche nel viaggio di sei anni fa in Alto Lazio avevamo programmato di venirci, se la neve caduta abbondantemente non ce lo avesse impedito.  Per una prima impressione del luogo da un punto di osservazione strategico, Chiara ci conduce al belvedere su cui campeggia il Maori, gigantesca scultura realizzata nella caratteristica pietra locale – il peperino – da undici maori giunti fin qui dall’Isola di Pasqua e ospiti di una puntata del programma TV “Alla ricerca dell’Arca” nel 1990. Prima di spostarci dal belvedere non ci sottraiamo al rito coniato per i turisti: toccare l’ombelico del Maori porta fortuna.

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 Da questo punto di osservazione Vitorchiano appare uno straordinario e armonico insieme di case e roccia peperina. Chiara ci indica in lontananza, in posizione scoscesa, un puntolino bianco: é la chiesetta di san Michele, aperta solo l’8 maggio nella ricorrenza della festa del santo. Paese festaiolo, Vitorchiano; ce ne sono tanti di eventi e sagre, tra cui “Peperino in fiore”, dedicato alla floricoltura, con la presenza sul posto di un centro botanico con la più vasta collezione di peonie che si conosca. Peccato non poterle vedere, ci dice Chiara, perchè al momento non ancora fiorite! Dal belvedere ci spostiamo in paese. Osservando le mura di cinta della città, Chiara ci fa notare la merlatura ghibellina a coda di rondine. Entriamo nella parte rinascimentale del borgo da porta Roma, lato sud.  Sosta imperdibile al bar per gustare il “caffè con la cremina”, poi percorriamo via Arringa, la più larga del paese. Qua e là, sulle porte, stemmi in peperino: quello con lupa romana ci ricorda l’antica amicizia tra Vitorchiano e Roma (il Senato Romano la proclamò “terra fedelissima all’ Urbe”).

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Sulla piazza domina il Palazzo comunale, realizzato dai maestri comacini.  Alcune locandine affisse alle pareti ci raccontano del rapporto di Vitorchiano con il cinema (scene girate qui, con Gassman e Montesano da Armata Brancaleone di Mario Monicelli e da Il prode Anselmo e il suo scudiero di Sergio Corbucci).  Ad un lato della piazza un abbeveratoio per gli animali.  In tutta la Tuscia – ci racconta Chiara – come peraltro in vaste zone della penisola, esisteva un mestiere oggi dimenticato, quello delle lavandaie. Notevole la monumentale fontana a fuso, in stile viterbese, con il giglio dei Farnese; curiosa una iscrizione datata 1320, posta nella parte inferiore della Torre dell’Orologio, alle spalle della fontana, che reca inciso a caratteri gotici un bando municipale che vieta agli assassini e ai traditori di dimorare nel Comune.  Saliamo in cima alla Torre medievale, molto ben restaurata, per poi ridiscendere al primo piano nella Sala Consiliare, ricca di bei dipinti.

IMG_2827  IMG_2679 Fontana monumentale

Merita  una sosta la trecentesca chiesa di Santa Maria Assunta:  bel campanile; facciata munita di riccioli, da Chiara presentati come “ gattoni rampanti” e qui scopro la mia ignoranza in materia: termine architettonico a me sinora sconosciuto, si  impara sempre qualcosa di nuovo;  tavola  con l’immagine della Madonna,  ritrovata  da  contadini, che è occasione per ricordare la tradizione tutta locale delle madonne “vestite” portate in processione in macchine monumentali lignee appositamente costruite, per lo più settecentesche. Sull’ altare un Crocifisso che, all’epoca del restauro, ha rivelato anche l’identità dell’autore per il ritrovamento fortuito, all’interno della statua, di un biglietto con nome e data: Giovanni Parisino fecit, 1590.  Percorrendo le strade, Chiara ci indica ancora alcuni edifici interessanti anche da un punto di vista storico, come la Casa del Vescovo, con il caratteristico “Profferlo” (monumentale scalone esterno); la Casa della Maga; la Casa del Rabbino; la Porta della Vergogna. La sosta pranzo al Just, attiguo a un centro commerciale appena all’esterno dell’abitato di Vitorchiano, prelude alla visita del Monastero dove le monache trappiste, in un’oasi di pace e silenzio, producono gustose marmellate artigianali e varie altre golosità che vale la pena di assaggiare e portar via.  Elisa sceglie il Coenobium, prodotto con metodo naturale dalle stesse trappiste, vino che stasera con gesto squisito offrirà a tutta la compagnia per un allegro brindisi.  Per la visita di Soriano nel Cimino abbiamo appuntamento con Fabrizio, componente di una cooperativa di laureati nella facoltà di Beni Culturali dell’Università di Viterbo nonché narratore di comunità, davanti all’imponente cancellata sormontata da un arco di pietra del Palazzo Chigi Albani. Edificio che secondo Italia Nostra sarebbe a rischio di crollo, causa stato di abbandono per il succedersi nei secoli di proprietari diversi, Altemps, Albani, Chigi.  Ma fu Cristoforo Madruzzo, vescovo di Trento, ad avviarne la costruzione. Insignito dal Papa del feudo di Soriano come premio per avere ospitato a Trento il Concilio, fu uomo di corte, grande mecenate e amico di letterati, dotato di grande gusto estetico (anche il bellissimo Palazzo delle Albere a Trento, intravisto dal MUSE quando lo abbiamo visitato nel 2013 era stato fatto da lui costruire). Tiziano ne fece un ritratto.  Per un approfondimento sulla sua figura andrebbe letto il lavoro di Carla Benocci sugli Otia dei Madruzzo, segnalatoci da Fabrizio.  Il palazzo Chigi Albani nel 2005 diviene proprietà del Comune di Soriano, che ne ha avviato il recupero. Purtroppo allo stato attuale non é visitabile; possiamo solo ammirare in tutto il suo splendore la Fonte Papacqua con le sculture monumentali su temi mitologico-allegorici che mi hanno fatto pensare alle bizzarrie della vicina Bomarzo. E alla fine le scuderie, che ospitano il centro documentale-biblioteca Tusciae Res e la pinacoteca Lucio Ranucci, artista locale di forte impatto espressivo, che ha operato in prevalenza nei paesi latino-americani (evidente nelle sue opere é l’influsso dei muralisti messicani).

Prima di lasciarci (ma con lui saremo ancora insieme domani a Chia) Fabrizio ricorda il sogno di Pier Paolo Pasolini, da lui a lungo coltivato e sostenuto,  della nascita di  una Università della Tuscia, con sede a Viterbo, che in effetti è stata creata nel 1979. Stasera a cena ho apprezzato particolarmente, tra gli altri ottimi piatti, la  minestra di ceci e cicorie. E dopo il già citato brindisi con il Coenobium delle suore trappiste offerto da Elisa, intermezzo musicale al pianoforte, con canzoni e inni.

Sabato 30

Dal Balletti Hotel di San Martino a Torre di Chia, dove Eleonora ci guida lungo un sentiero boscoso che porta alle cascate, luogo scelto da Pasolini per girare la scena del Battesimo di Gesù nel Vangelo secondo Matteo.

IMG_2777 Torre di Chia

Racconta Enzo Siciliano nel suo “Vita di Pasolini”, ”..il  Giordano venne trovato tra Orte e Viterbo in una fessura scavata da un torrente tra rocce aspre e selvagge..”.  Del castello di Colle Casale o di Chia si hanno notizie sin dal 1220-60 circa.  Pier Paolo, venendo a girare qui, scoprì il rudere in stato di abbandono e se ne innamorò; ritornandoci spesso, qui veniva a disegnare, si sentiva libero di lavorare lontano dal chiasso della città, finchè riuscì ad acquistare la torre all’inizio degli anni ’70, affidando il progetto di ristrutturazione a Dante Ferretti, grande scenografo e suo collaboratore in tanti film. Eleonora ci raccomanda di fare attenzione al fango che in qualche punto rende scivoloso il terreno. Lo scenario è evocativo e emozionante.

IMG_2756 Cascatelle

Dalle cascatelle raggiungiamo il primo dei vecchi mulini, tornando poi sui nostri passi per la proiezione – introdotta da Fabrizio (nostra guida ieri a Soriano) – del bellissimo “Pasolini e la forma della città”, di cui avevamo già parlato nel corso della nostra visita a Orte.  Negli ambienti luminosi della casa-torre, Graziella Chiarcossi ci accoglie con generosità e ospitalità squisite.  Una corrente empatica scorre tra noi mentre parliamo – dopo un gradevole break a base di cose buone e un buon bicchiere di vino – di tanti argomenti, ripercorrendo la vita e le opere di Pasolini..il lavoro di Graziella nella Fondazione intitolata al poeta…il parco letterario, che fatica a decollare per le solite ragioni di burocrazia e di miopia… e tanto altro.  Alla domanda se lei vede degli eredi di Pier Paolo, Graziella risponde di no, che crede piuttosto nei maestri; lei, filologa, ha avuto Aurelio Roncaglia, Pier Paolo aveva Roberto Longhi; ma quanti ce ne sono oggi di questi? Tra domande e riflessioni il tempo vola, arriva il momento di ripartire. Ringraziamo Graziella, salutandola con l’augurio di rivederla presto.

IMG_2789 L’ospitalità di Graziella Chiarcossi

Seduti ai tavolini del caffè di Soriano inondati di sole, nella piazza principale di fronte alla collegiata di san Nicola aspettiamo che ci raggiunga Valerio, per salire con lui dall’arco monumentale che immette nella città vecchia fino al Castello. Mentre avanziamo, Valerio ci dà alcuni cenni storici su Soriano, prendendo spunto da quello che incontriamo lungo la strada (chiese, fontane, palazzi) e inserendo nel racconto tasselli inediti, per esempio sui personaggi che hanno amato e frequentato Soriano (Fabrizio De André, Luigi Pirandello..).  Il Castello si erge imponente davanti a noi: fu fatto costruire da Papa Niccolò III Orsini, che Dante colloca nel girone dei simoniaci (Inferno canto XIX) per aver egli brigato in modo da favorire i più stretti parenti; donde il termine “nepotismo”.

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Grandioso il panorama che si distende sotto i nostri occhi dagli spalti del Castello; é plausibile che l’Orsini abbia scelto Soriano come borgo fortificato per difendersi da possibili attacchi esterni. In fondo alla pianura, in basso di fronte a noi, si può scorgere la sagoma slanciata della Torre di Chia, e in lontananza il monte Soratte, che avevamo già avvistato da Caprarola nel 2013, andando a visitare palazzo Farnese; ma anche il Terminillo..le Marche..il Gran Sasso. Valerio ci mostra   le anguste celle che da metà Ottocento fino agli anni 80 del secolo scorso ospitarono detenuti.  Ci fa notare il verso dei blocchi nelle murature del castello, che se disposti verticalmente rivelano una costruzione più antica.  In ultimo c’è da vedere la sala delle armi, (architettura nordica, azzarderei normanno-gotica) con volta di ingresso affrescata con motivi tardo- rinascimentali. Concludiamo la visita al Castello con un fuori-programma molto simpatico, una bella mostra, “Dagli Organetti alle Macchine Parlanti fino al vinile”, curata da Mario Valentini, appassionato collezionista di una messe immensa di strumenti per la riproduzione musicale, dai dischi di cartone forati agli organetti ai fonografi a tromba fino alle vecchie radio e ai juke box che hanno accompagnato la nostra giovinezza. Siamo eccitati e divertiti mentre il bravissimo curatore ci fa riascoltare canzoni del tempo che fu, e alla fine ci lanciamo in un allegro vortice di danza.  Bernardo – folgorato come tutti da tanta musica – organizza una serata musicale a base di vecchie canzoni, con l’aiuto di Google per la ricerca dei testi. Così dopo cena ci riuniamo nella hall, la direzione ci autorizza ad aprire il pianoforte e il concerto ha inizio, con tanto di accompagnamento corale, nell’allegria generale.   E per l’occasione mi metto in lamé.

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Domenica 31

La partenza – e il saluto al confortevole Balletti Hotel di San Martino al Cimino – non impedisce a uno sparuto drappello di cinque valorosi di aprire la giornata con la “camminata meditativa” proposta da Bernardo e che noi tutti ci ripromettiamo, con maggiore o minore convinzione, di fare prima o poi. Volgiamo sulla via del ritorno. L’ultima tappa é Montecassino, da Gregorovius definita “Atene medievale nella notte di molti secoli”.  La gradevolissima pausa – pranzo al Querceto, azienda a carattere familiare dove ci vengono offerte tante cose buone e genuine in mezzo agli alberi, è una buona premessa per affrontare, con la guida di Anna Maria Priora, la salita all’ Abbazia, ricostruita integralmente dopo il bombardamento che la rase al suolo.  La collina è tutta rosseggiante di alberi di Giuda che evocano la leggenda cristiana.  E la guida viene incontro a tutte le nostre curiosità, raccontandoci di Marco Terenzio Varrone e della sua villa ormai invasa dalle erbacce; e di   Numidia Quadratilla,  (I sec. d.C., una donna costruttrice nell’antichità classica!) che fece costruire a sue spese l’Anfiteatro e il Tempio per la popolazione di Cassino. La strada intanto interseca elementi interessanti, tra cui il teatro romano, la Rocca Janula, imponente fortezza medievale, il monumento alla pace di Umberto Mastroianni, che si distingue appena da lontano, nel paesaggio roccioso, come una macchia indistinta di color cioccolata: rappresenta l’implosione di una bomba, e oggi il suo valore fortemente simbolico é mortificato in ugual misura dall’incuria e dall’ infelice collocazione: poteva essere trattato con più riguardo!

IMG_2855  Abbazia di Montecassino

Scopriamo che l’Abbazia sorge a 575 metri sul livello del mare, anche se la posizione dominante la fa sembrare molto ma molto più alta!  La guida ci ricorda la vicenda tragica della battaglia di Montecassino nella seconda guerra mondiale, come non fossero bastate le prove che la storia le aveva riservato, se è vero (come é vero) che ben quattro volte l’Abbazia venne distrutta, dai Longobardi prima (580 d.C.), dai Saraceni poi (nell’ 883), a causa di un terremoto (1349) e infine per la quarta volta nell’inverno del 1944 a causa del bombardamento alleato. E’ significativo notare come al momento della ricostruzione i cittadini vollero che ancor prima della città rinascesse l’Abbazia, ricostruita com’era e dov’era.  La nostra guida, molto brava e competente (scoprirò tra l’altro che ha fatto una tesi su Ildegarda di Bingen!! ) ci accompagna nella visita e insieme a una serie di informazioni  sulla storia di questa grande abbazia fondata da san Benedetto ci fa notare una serie di punti interessanti:  nel primo chiostro dedicato a san Martino di Tours  la statua di Attilio Selva raffigurante la Morte di San Benedetto, donata da Konrad Adenauer per riconoscenza verso i monaci;  la Loggia del Paradiso con il belvedere affacciato sulla valle del Liri e il chiostro detto del Bramante con  la cisterna  e le due statue di san Benedetto e Santa Scolastica;  in cima alla scalinata il chiostro dei Benefattori circondato dalle statue di papi e sovrani munifici con l’ Abbazia, tra cui Carlomagno e i genitori di san Benedetto  e santa Scolastica;  il portale della chiesa, fatto realizzare a Costantinopoli (1066);  nella chiesa, che andò interamente distrutta nei bombardamenti, solo il pavimento rimase intatto perchè protetto dalle macerie del tetto crollato; sulla facciata interna,  il grande  affresco perduto di Luca Giordano é stato sostituito da  La gloria di san Benedetto  di   Pietro Annigoni;  l’opera di ripristino delle decorazioni fu da lui portata avanti negli anni ’80 e per soli quattro anni fino alla sua morte;  ora  viene proseguita, ma a rilento, da Sergio Favotto, artista con  studio a Venezia. Last but not least, va ricordata la biblioteca, un patrimonio di valore incalcolabile di oltre 200.000 volumi, miracolosamente salvati insieme a una serie di documenti e valori trasportati in tempo utile con 17 camion messi a disposizione dai tedeschi a Roma, in Vaticano, quindi in territorio neutrale. Oggi non è accessibile al pubblico ma solo agli studiosi.  Questa immensa ricchezza, del resto, é affidata alla custodia di pochi monaci, quelli rimasti ancora oggi nell’Abbazia, il cui numero non sembra noto ma pare ammonti a poche unità.

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Viaggio nella terra di P.P.Pasolini

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Pier Paolo Pasolini nella sua terra di adozione: la Tuscia

da Giovedì 28 a Domenica 31 marzo 2019

Pier Paolo Pasolini nella sua terra di adozione: la Tuscia, una terra che conserva ancora il senso della bellezza e  dove a Torre di Chia Pier Paolo realizza la sua “casa di luce”, aiutato da Dante Ferretti.
Qui Pier Paolo Pasolini visse spesso negli ultimi anni della sua vita.
Qui lavorò al romanzo rimasto incompiuto, Petrolio (Einaudi, 1992) e a molte delle sue Lettere luterane.

Programma

Giovedì 28. Bari, ore 7.30  partenza da Largo Sorrentino – 7.45 da Largo 2 Giugno

Ore 15.00. Arrivo a Orte: il Labirinto degli antichi acquedotti millenari, dagli Etruschi sino al Rinascimento, testimonia una vita dove, in assenza di tecnologia, l’uomo riusciva comunque a vivere sfruttando le caratteristiche dell’ambiente naturale.
Ore 18.00.  San Martino  nel Cimino. Park Hotel Balletti  Tel. 0761.3771
Cena e pernottamento in albergo

Venerdì 29 

Ore 7.30   sveglia e prima colazione

Ore 9.00   per Vitorchiano, il borgo medievale: mura, torri, case costruite a strapiombo sulle rupi di peperino, la fontana a fuso, il Moai, l’unico al di fuori dell’Isola di Pasqua, scolpito negli anni ‘90 da undici veri Maori.

Pranzo libero
Nel pomeriggio: le  Scuderie di Palazzo Chigi Albani
Cena e pernottamento in albergo

Sabato 30

Ore 7.30   sveglia e prima colazione
Ore 9.00   per la Torre di Chia: “il paesaggio più bello del mondo”, lo scenario ideale per girare la scena del battesimo del Vangelo secondo Matteo. Le cascatelle, i vecchi mulini, il Castello.
Incontro con Graziella Chiarcossi Cerami
Nel pomeriggio: Castello Orsini  di Soriano
Cena e pernottamento in albergo

Domenica 31
ore   7.30
                    sveglia e prima colazione

ore   9.00                    partenza per Montecassino

ore 12.00                    pranzo presso agriturismo nella campagna di Montecassino .

ore 14.00                    Visita dell’Abbazia

ore 21.00/22.00      Arrivo a Bari Largo 2 Giugno– Largo Sorrentino

Lucia Aprile 338.6092628  339.4029450  Angela Mengano 338.4639612 Autista 377.5104189

ADIRT- Associazione Difesa Insediamenti Rupestri e Territorio-  Via Abbrescia 45/47  BARI
Tel. 338.6092628    339.4029450    338.4639612    info@adirt.it           www.adirt.it

Viaggio d’Autunno. Livorno e Pisa

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Viaggio d’Autunno. Livorno e Pisa 

27 novembre – 1 dicembre 2018

 a cura di Angela Mengano

La partenza – come sempre modulata tra largo Sorrentino e largo Due Giugno- è fissata tra le 7.00 e le 7.10 di martedì 27 novembre, in modo da arrivare in tempo utile a Santa Severa (RM) per la visita del Castello.

Sosta in autostrada nei pressi di Avellino per permettere lo scambio tra i due autisti. Superato il GRA e imboccata la strada per Civitavecchia raggiungiamo il Castello di Santa Severa, dove ci attende la nostra guida, Sara. Ed ecco l’imponente mole del castello, testimone di storia plurimillenaria. Fu in età etrusca l’antica Pyrgi, porto di Caere (odierna Cerveteri), porto “emporico”, luogo strategico di scambi e contatti tra diverse culture, poi colonia romana, in seguito borgo medievale dominato dal castello e intitolato alla martire protocristiana Severa. L’ordine Ospedaliero di Santo Spirito (caratteristico e onnipresente nel sito lo stemma a doppia croce biansata) ne fu proprietario per secoli. Attraverso i due archi, certamente costruiti per accogliere ed onorare papi e personalità di prestigio, si passa nella piazza della Rocca. Il castello (facente parte di un sistema difensivo iniziato da papa Leone IV contro il pericolo saraceno) non è visitabile, ma sono molto interessanti gli scavi che nella Casa del Nostromo, attraverso lastre trasparenti, lasciano intravedere, più in basso del piano di calpestio, alcuni sarcofaghi. In un altro lato della piazza sono visibili i resti di una Basilica paleocristiana edificata due secoli dopo la morte di Severa. Begli affreschi (scuola del pittore Antoniazzo Romano) nel Battistero (Santa Severa presenta il committente Gabriele de Salis alla Madonna in trono), e la scena di ritorno in porto con apparizione miracolosa di santi; particolarmente suggestivi i misteriosi graffiti votivi che raffigurano profili di navi del XIV e XV secolo, piccolo archivio di iconografia navale. Nella Chiesa parrocchiale dell’Assunta, tra due colonne in marmo cipollino, il grande quadro con l’Assunta tra le Sante Marinella e Severa (con il castello ben visibile sullo sfondo). Nel “cortile delle Barrozze”, area per stipare il grano, la guida Sara sottolinea che questo non è mai stato un castello di “principi e raperonzoli” ma di preti e contadini! Completiamo la visita con il Museo del Mare e della Navigazione antica e con l’Antiquarium, nel quale spiccano le tre tavolette auree di Pyrgi (qui solo riprodotte, mentre gli originali sono conservati al museo etrusco romano di Villa Giulia).

Qualche ora di viaggio e siamo a Livorno, nel magnifico Grand Hotel Palazzo, dalle cui   finestre, affacciate sul lungomare, si può scorgere l’isola Gorgona e, proprio di fronte all’albergo, la Terrazza Mascagni e i Bagni Pancaldi, residuo di Belle époque. Una buona cena con risotto alla marinara, insalatina di calamari e tartellette alla frutta conclude in bellezza la prima giornata del nostro andare.

Mercoledi 28 novembre

L’appuntamento con Fabrizio Ottone, nostro “Virgilio” nella scoperta di Livorno (verve e cultura, personalità notevole, è il presidente dell’Associazione Guide Labroniche), è in piazza del Luogo Pio, dove i livornesi si danno appuntamento semplicemente dicendosi Ci vediamo a Crocetta, dal nome familiarmente dato alla piazza. Da qui inizia il giro in battello attraverso i canali del quartiere Venezia (i cd. Fossi medicei), lungo un perimetro che – scopriremo presto – ha la forma di un pentagono. E’ il cuore di una città che il grande Bernardo Buontalenti progetta con un sistema di fossati e bastioni, ripopolata con l’ emanazione delle leggi livornine, con cui si invitavano nella nuova città mercanti di qualsivoglia Nazione, Levantini, Ponentini, Spagnuoli, Portughesi, Greci, Todeschi et Italiani, Hebrei, Turchi, Mori, Armeni, Persiani et altri, e richiamando mercanti da ogni angolo del mondo, con l’espansione dei commerci e il soggiorno di numerose comunità straniere, le cd Nazioni,  favorirono la fioritura delle arti e delle lettere insieme a un clima di tolleranza religiosa davvero speciale, almeno fino all’ Unità d’ Italia. Fu così che Livorno si trovò ad avere una delle comunità ebraiche più importanti, unica città senza ghetto (da ricordare, tra gli ebrei livornesi illustri, Amedeo Modigliani ed Elio Toaff). A spasso per i canali, rallegrati da un  bel  cielo azzurro, ci godiamo la sfilata  di palazzi, mura fortificate, cantine, costruendoci una nostra idea della città attraverso le parole di  Fabrizio: l’intervento di esperti chiamati da Venezia per costruire una città sull’acqua; il cantiere dei fratelli Orlando produttori di corazzate ormai ridotto a  rudere e rimpiazzato da un  cantiere che produce yacht di lusso; il faro, che qui viene detto “Fanale”, costruito nel XIV secolo dalla Repubblica di Pisa, distrutto dai tedeschi in ritirata alla fine della seconda guerra mondiale; la Fortezza Vecchia, che Cosimo I de Medici elesse a  propria residenza quando si recava a Livorno; il monumento ai Quattro Mori, simbolo della città; il passaggio nel tunnel sottostante alla enorme piazza della Repubblica, detta del Voltone perchè in realtà copre con una grande volta le acque del Fosso Reale che da sopra  si vedono  scorrere attraverso grate;  il quartiere Ovosodo, che il regista Paolo  Virzì ha fatto conoscere al pubblico;  la burla  delle false teste di Modigliani ripescate nei canali;  la storica rivalità tra Livorno e Pisa (nata da quando la seconda decadde al sorgere e affermarsi della prima).

Ritornando sui nostri passi, visitiamo la Chiesa di san Ferdinando, uno dei tre gioielli barocchi della città: facciata povera ma interno fastoso, alla maniera del barocco toscano, più vicino a quello romano, non abbastanza ardito ma oggi rivalutato. Sull’altare non un Cristo ma un Angelo – unica figura comune ai tre monoteismi – nell’atto di  liberare due schiavi uno cristiano  e uno moro;  pavimento policromo di marmi toscani in forma radiale. La chiesa sorge in piazza del Luogo Pio, occasione per Fabrizio di citarci il detto popolare “Le ragazze del Luogo Pio mangiano pregano e pensano a Dio” collegato alla originaria destinazione del luogo ad assistenza delle fanciulle povere. Percorrendo la cosmopolita via della Madonna, singolare per la presenza di ben tre chiese punto di riferimento delle varie  comunità nazionali, arriviamo al Mercato delle Vettovaglie (quasi di fronte, in piazza delle Erbe, è la casa di Pietro Mascagni; suo padre aveva una panetteria, una delle più rinomate della città). Il Mercato, grande edificio in stile Liberty, ha tre sale, la prima chiamata pagoda, dove viene battuta l’asta del pesce,  l’altra per verdure , uova e pollame, e la centrale, sulle cui pareti fanno bella mostra di sé le cariatidi di Lorenzo Gori, raffiguranti le “gabbriciane”, contadine che dal Gabbro (luogo natale della cantante Nada, ma anche legato alle vicende artistiche di uno dei Macchiaioli più rinomati come Silvestro Lega) portavano  i prodotti del territorio da vendere in città. Qui Fabrizio ci dà lezioni (etimologia compresa) di cacciucco e ponce, specialità livornesi. A Livorno dicono: Siamo un cacciucco di gente. Del primo faremo esperienza nella cena di domani sera, per il secondo l’occasione arriva subito, nella pausa pranzo, tra i banchi del mercato, gustando un buon primo caldo con l’accompagnamento di un calice di vino e – appunto – di un consolatorio ponce.

Lentamente ritorniamo sui nostri passi verso l’autobus. Sosta doverosa davanti alla  facciata  del Teatro San Marco, che ospitò nel 1921 il congresso costitutivo del Partito Comunista d’Italia. Tristi riflessioni sulle ininterrotte pulsioni scissionistiche della sinistra. Oggi è un rudere, in parte restaurato per ospitare un asilo e non so che altro.  Ore 15.00.  Siamo in partenza per l’escursione del pomeriggio al Santuario di Montenero. Percorriamo il lungomare sud punteggiato di edifici e “bagni”  ottocenteschi fino a imboccare la strada che sale verso il santuario.  A mezza costa appare, sulla destra,  una specie di enorme cubo di cemento: il faraonico mausoleo della famiglia Ciano, ci viene spiegato, che avrebbe dovuto dominare Livorno dal colle Monteburrone, ma che non fu mai portato a termine. Montenero è oggi la Beverly Hills dei livornesi (di  quassù, se l’aria è tersa, lo sguardo spazia fino alla Torre di Pisa e  alle  Apuane) ma nel medioevo era zona di eremiti e come  spesso avviene in questi casi, l’origine del santuario è ammantata di leggende che riportano il ritrovamento da parte di  un pastorello di un dipinto raffigurante la Madonna;  portato sul  colle poi nascosto in circostanze misteriose, forse rifiutato in quanto non canonico dalle autorità religiose pisane ed infine messo trionfalmente al centro della edificazione del santuario. Una cosa è certa però: per i livornesi oggi, anche se atei, la Madonna di Montenero non si tocca. Anche perchè nel frattempo è stata insignita – da cinquant’anni a questa parte –  del titolo di patrona dell’intera regione toscana, nonché  copatrona della città di Livorno insieme a  santa Giulia. E a Livorno se si è scampati a un serio pericolo si suole dire: Devi andare a piedi a Montenero ad accendere un cero alla Madonna. In ogni caso, a parte la devozione, il luogo merita, per il Famedio (dove è sepolto il pittore Giovanni Fattori e dove vengono ricordati, tra gli altri, Amedeo Modigliani e Pietro Mascagni) e soprattutto per la straordinaria e sterminata raccolta di ex-voto (circa un migliaio) a partire  dal ‘700. Nell’altare principale della chiesa – altro esempio importante del  barocco toscano – è  il dipinto originale della madonna di Montenero. Vecchi santini risalenti ad anni anteriori al furto degli anni ’70 la raffigurano riccamente ingioiellata. Prima di cena, piccola riunione allargata del gruppo di lettura, nel saloncino della reception, per discutere e votare i libri del mese di Fahrehneit.

Stasera non ceniamo in albergo, ma in un locale in zona porto, Le volte, con un insolito allestimento fatto di ombrelli multicolori e, naturalmente, un profluvio di sapori marinari. Buona la frittella di bianchetti,  ottimo il fritto di calamari e gamberi reso leggerissimo dall’impanatura in farina di riso.

Giovedi 29 novembre

Dopo colazione, Villa Mimbelli che, a due passi dal nostro albergo, ospita il museo civico Giovanni Fattori . Ci affascina non solo per  il contenuto (i Macchiaioli – secondo Giulio Cesare Argan “il  movimento artistico italiano più impegnato e costruttivo dell’Ottocento) ma anche per  il contenitore (villa con grande parco e orto botanico), espressione del gusto di un ricco mercante di origine dalmata. Stile eclettico usato nelle sale e salette per stupire mescolando vari stili; interessanti dettagli nelle lunette affrescate da Annibale Gatti: puttini con oggetti tecnologici – macchina fotografica, locomotiva, pila voltaica; sala biliardo con intarsi legno-madreperla, genere medioevo ottocentesco centroeuropeo un po’ celtico un po’ fantasy; sala da fumo o Moresca, di gusto parossisticamente orientale. Qui è evidente – uso le parole di Fabrizio – il gusto non innovativo dei proprietari: coevo dei Macchiaioli, il Gatti dei soffitti affrescati con soggetti classici e mitologici  – pur bellissimi a vedersi – fa arte accademica, ponendosi a una distanza abissale da quella corrente artistica che entra in scena  rompendo gli schemi. ”I Macchiaioli (cito Fabrizio) assestano un colpo a questa visione dell’arte”.  Una scala decorata con putti di ceramica invetriata ci porta al piano superiore, dove sono ancora altre sale (gli appartamenti privati dei Mimbelli) tra cui spicca la Sala Grande, tutta un gioco di vetri e specchi. Al secondo piano c’è la magnifica collezione dei Macchiaioli. Diego Martelli – a cui Edgar Degas  dedicò ben due ritratti – è l’anima intellettuale del gruppo.  Loro ritraggono la realtà, la realtà è luce,  e la luce va a macchie, contrasti, rapporti. Basta putti, e decamerone, e scene mitologiche… E’ una rivoluzione culturale come nel ’68, un momento di passaggio anche per l’arte, che prima  si riproduceva su commissione, ora cerca un mercato. Il nome di “macchiaioli” glielo appioppa un giornalista con intento di stroncatura, loro se lo tengono facendone un punto di forza. Ognuno di loro sviluppa un suo linguaggio. Giovanni Fattori prima di tutto, qui ci sono i suoi grandi quadri con le scene di guerra nel Risorgimento: sembra il cinema di Sergio Leone, Ino ci va a nozze, lui che si esprime col segno pittorico  improvvisa per noi un commento critico a supporto delle spiegazioni di Fabrizio; e poi ci sono le Mandrie Maremmane con i butteri , i “cowboy italiani”, dove paesaggio e figura umana sono sullo stesso piano; fino alle tele più piccole, per le quali Fattori utilizza le scatole dei suoi sigari toscani.   C’é poi Silvestro Lega che con la sua pittura – dice Fabrizio – “dà nobiltà non retorica alle contadine” (ma i suoi quadri forse più belli, certamente più noti, Il pergolato e Il  canto dello stornello, non sono qui). C’è Angiolo Tommasi, con il ritratto di Pietro Mascagni; c’é (mi ha molto colpito) Vittorio Corcos, osservatore acuto della belle époque, autore di intensi ritratti, notevoli quelli femminili  e anche quelli ironici  di personaggi livornesi come “Yorik” (1889) raffigurante quel Pietro Coccoluto Ferrigni che fu avvocato, giornalista, prese parte alla spedizione dei Mille e fu perfino segretario di Garibaldi, secondo Fabrizio portatore di quella vivacità tutta livornese che ha dato in seguito vari frutti, non escluso  il famigerato Vernacoliere.  Tra i post- macchiaioli, Plinio Lomellini con il suo Incipit nova aetas, monumentale quadro raffigurante l’arrivo delle camicie nere in piazza Signoria a Firenze;  Mario Puccini, (Emilio Cecchi lo definì “un  Van Gogh involontario”), figlio di un fornaio, personaggio eccentrico e tormentato. Infine, l’unica opera di Amedeo Modigliani 14enne conservata in questo Museo, rappresentante una stradina toscana.

Foto di gruppo alla Terrazza Mascagni; e qui, salutato Fabrizio, nostro impareggiabile cicerone, ci sparpagliamo a gruppetti per un veloce spuntino ai Baracchini.

Oggi pomeriggio incomincia l’esplorazione di Pisa, che continuerà per l’intera giornata di domani. In un viaggio che puntava sulla scoperta/approfondimento delle due città toscane, Livorno e Pisa, abbiamo volutamente scelto di pernottare nella prima, considerandola un pò meno turistica dell’altra.  Ce ne viene conferma  dal primo impatto con la Piazza dei Miracoli, letteralmente invasa da turbe di turisti impegnati a farsi fotografare nell’atto di reggere con le proprie braccia la mole della Torre pendente…ma noi – guidati da Luca –  attraversiamo velocemente la zona, che vedremo meglio  domani, per recarci nella bella Piazza dei Cavalieri,  ridisegnata dal Vasari. Avevamo appuntamento nel vasariano palazzo della Carovana o dei Cavalieri, sede della Scuola Normale Superiore di Pisa, ma scopriamo con disappunto che i vari  ambienti – sale, biblioteca – sono momentaneamente interdetti al pubblico per impegni non resi noti al momento della prenotazione. Possiamo dare  solo uno sguardo allo scalone, da dove sbirciare velocemente all’interno delle sale. Peccato, sapevo che nella sala degli stemmi c’è anche, fra  tanti, lo stemma degli antenati aretini di mia madre, cavalieri di santo Stefano impegnati con la flotta granducale a difendere le coste da minacce piratesche e saracene!  Mi consolo pensando che anche una visita affrettata può avere un senso, quello di  un doveroso omaggio a una scuola universitaria che conferisce all’Italia prestigio internazionale e che ha dato al nostro paese personalità illustri in tutte le discipline scientifiche e umanistiche (vari Nobel sono usciti da qui). Prima di salutare Pisa facciamo una confortevole sosta nel bar pasticceria Salza in Borgo Stretto.  Ci attende stasera una cena con i fiocchi, con la scoperta del Cacciucco verace, in un delizioso locale – Porto di Mare – gestito da giovani altrettanto deliziosi (ma pare con una mamma- cuoca di alto livello in cucina)  e con un susseguirsi dal principio alla fine di bocconi prelibati. A conclusione della serata, sosta di gruppo – tanto per cambiare tutte donne –  in un localino scoperto da Lucia,  alquanto alternativo,  attiguo al nostro albergo, che ci ha permesso, tra un infuso e una grappa a seconda dei gusti, di  sbizzarrirci allegramente con musiche e canti.

Venerdi 30 novembre

In viaggio verso Pisa, Lucia ci legge qualche pagina del gradevolissimo Scacco alla torre di Marco Malvaldi, ovvero un modo alternativo di avvicinarsi alla città della torre pendente. La nostra guida, solo per stamattina, sarà Eloisa. Dal grande parcheggio periferico un trenino ci porta sino alle mura, che in questo tratto includono il Cimitero ebraico, con  tracce di epigrafi in caratteri ebraici sul muro esterno.

In Duomo, capolavoro del romanico pisano che accoglie influenze orientali e islamiche, ammiriamo  il magnifico  pulpito di Giovanni Pisano e il Cristo Pantocratore che Cimabue lasciò incompiuto. Fu qui che secondo cronache del tempo Galileo, vedendo una lampada oscillare, scoprì la legge del pendolo; ma  si ritiene che  la  lampada il cui moto egli osservò sia quella che si trova in una cappella all’interno del Camposanto monumentale, che vedremo più tardi. Passando nella cappella che conserva  le reliquie di san Ranieri patrono della città di Pisa, Eloisa ci ricorda la tradizione legata alla festa del Santo, e il miracolo del vento che, dopo essersi scatenato, cala, permettendo l’accensione di migliaia di lumini che rivestono a festa la città nella sera della vigilia, il 17 giugno di ogni anno.

Il Battistero, un tripudio di ricami marmorei all’esterno, è semplice e spoglio al suo interno e ha un’acustica perfetta, dimostrata al pubblico da una voce che esegue dei vocalizzi con intonazione cristallina,  e poiché noi mostriamo di aver molto apprezzato, la performance viene ripetuta espressamente per noi, con grande nostro compiacimento! Il bellissimo pulpito è di Nicola Pisano, considerato un precursore del Rinascimento (si dice che Michelangelo abbia copiato il suo Davide dall’Ercole nudo di questo pulpito). Prima di lasciare il Battistero, qualcuno di noi sale all’ultimo piano, da dove si ha  la sensazione di poter quasi arrivare con la punta delle dita a toccare il Duomo che è proprio lì di fronte!

L’ultimo dei monumenti – veramente spettacolari – di questa piazza (il nome di piazza dei Miracoli pare sia stato coniato da Gabriele d’Annunzio)  è lo stupendo Camposanto monumentale, vero e proprio Pantheon della Pisa di tutti i tempi, con il grandioso e impressionante Trionfo della Morte di Buonamico Buffalmacco (1330, il Vasari argutamente lo definì “fumettista”); la grande collezione di sarcofaghi romani; le sinopie (la maggior parte trasferite nel vicino museo); la grande e interessante Cosmografia teologica di Piero di Puccio, fatta di numerosi cerchi concentrici che alludono alla Terra, alle sfere celesti, agli elementi e ai pianeti; e, infine, la lampada di Galileo originale trasferita qui dal Duomo.

Con un ultimo sguardo alla Torre, adesso un po’ meno pendente che in passato grazie a importanti lavori di consolidamento, lasciamo frettolosamente la piazza dei Miracoli e ci disperdiamo nelle vicinanze per una veloce pausa pranzo. Poi riprendiamo il giro con Luca, che ci mostra le case-torri, protese in senso verticale, come veri grattacieli del Medioevo, emblema di ricchezza e potenza delle famiglie nobili. Lungo il tragitto passiamo davanti alla storica sede dell’Università di Pisa, il Palazzo della Sapienza, dove Galileo Galilei fu studente e in seguito per tre anni docente di Matematica prima di trasferirsi a Padova. Da piazza Garibaldi attraversando l’Arno raggiungiamo Palazzo Blu, raffinata dimora storica con belle sale sontuosamente arredate – tra cui spicca la grande Sala da Ballo -sede di mostre temporanee (al momento “da Magritte a Duchamp” – 1929 il grande surrealismo dal Centre Pompidou) ma anche di una collezione permanente di arte pisana e toscana di tutto rispetto. La facciata è dipinta con la caratteristica colorazione blu o color dell’aria applicata ai palazzi pietroburghesi (manco a dirlo da architetti italiani) per addolcirne le forme, e da ciò proviene il nome di palazzo Blu dato al palazzo Giuli Rosselmini Gualandi. In mezzo a tanti capolavori, per me meritano di essere ricordati il comò francese, nero e oro, che aperto ricrea l’aspetto di un teatro (il che la dice lunga sulle raffinatezze e frivolezze nel gusto di un’epoca); le bellissime ceramiche, tra cui uno straordinario vaso di Gio Ponti; il ritratto di Artemisia Gentileschi, opera messa al centro di una recente mostra sulla produzione pittorica dell’artista, che raffigura sé stessa nelle fattezze di Clio musa della Storia.

Tornando a Livorno ci trasferiamo all’hotel Granduca per l’ultima notte, perchè il Grand Hotel Palazzo é al completo per l’arrivo da ogni parte d’Italia dei familiari dei cadetti dell’Accademia Militare,  qui convenuti per la cerimonia del giuramento fissata per  domani. Questo, meno grandioso dell’altro ma centralissimo e accogliente, ha anche un ottimo ristorante. Non può mancare stasera, per chiudere in gloria, e per consolidare la memoria gastronomica del luogo, un “calamaro cacciuccato”, seguito da uno squisito gelato accompagnato da una salsa calda di fichi. Si conclude la serata facendo salotto per comunicarci  le impressioni della giornata.

Sabato 1 dicembre

E’ l’ultimo giorno di viaggio, dedicato – sulla via del ritorno – a Cerveteri e alla civiltà etrusca. In partenza da Livorno vediamo il lungomare Sud festosamente invaso dalla gente venuta per il giuramento di fedeltà alla Patria dei cadetti.  A Cerveteri  ritroviamo Sara, che nel viaggio di andata  ci ha fatto conoscere il castello di Santa Severa.  Entriamo con lei nel duecentesco Castello dei Ruspoli sede del museo archeologico nazionale cerite, che ospita straordinarie testimonianze della civiltà etrusca: corredi  funerari con bronzi, buccheri, urne dalla tipica forma biconica; urna cineraria fittile rappresentante una coppia di sposi che ricorda in miniatura il sarcofago conservato a Roma nel museo di Villa Giulia, e tanto altro; ma soprattutto il Cratere e il Kylix di Eufronio, stupendi  pezzi di ceramica attica a figure rosse del V secolo a.C., illegalmente  portati all’estero, esposti l’uno al Metropolitan  di New York e l’altro al Getty  di Malibu, finalmente  rientrati in Italia, ora tornati definitivamente al luogo di appartenenza, dopo essere stati esposti per anni al museo nazionale di Villa Giulia.

Fuori dell’abitato di Cerveteri visitiamo la necropoli della Banditaccia, dal 2004 sito UNESCO, la più estesa dell’area mediterranea. Sara fa per noi una selezione, che comprende tombe di epoca variabile, dal VII al IV secolo a.C.  Le più antiche sono caratterizzate dalla forma a tumulo, come la Tomba della Capanna. Le diverse cornici, sull’apice del tumulo, le distinguono una dall’altra, un po’ come se fosse la “firma” della famiglia di appartenenza.  Nella Tomba della Cornice sono evidenti gli influssi del mondo orientale ed egizio in particolare, nei tipici sedili a trono posti nel vestibolo, ai lati della porta.  Fino all’ultima, sotto una roverella di  venerabile età (quattrocento anni), la Tomba dei Rilievi, ricavata in un ipogeo e quindi  più recente, eccezionale per  i rilievi decorativi di stucco policromo, che dobbiamo però sforzarci di distinguere a fatica attraverso un vetro protettivo che poco lascia intravedere. Era la tomba della famiglia Matuna, nome tramandato fino a noi dall’iscrizione riportata sul cippo interno alla tomba.

Proseguiamo verso Bari. Il nostro viaggio si conclude con una piacevole sosta fatta di delizie per il palato: avendo volutamente saltato la pausa pranzo ci fermiamo a cenare piuttosto presto da Minicuccio a Vallesaccarda, che già abbiamo potuto apprezzare tante altre volte nei nostri vagabondaggi.

Arriveremo a Bari piuttosto tardi, stanchi ma felici!.

Viaggio a Napoli

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NAPOLI

 28 febbraio – 2 marzo 2018

 A cura di Angela Mengano

Mercoledì 28 febbraio 2018

Siamo in 43 questa volta. Con qualche ora di autostrada raggiungiamo Napoli. Il nostro pullman stenta a districarsi, come fanno disinvoltamente gli automobilisti napoletani, nel traffico caotico dell’ora di punta. Finalmente raggiungiamo l’hotel Palazzo Caracciolo, magnifica dimora nobiliare adattata ad albergo, munita di ogni comfort.  La zona in cui è collocato, non lontana dalla Stazione Centrale, è popolosa e anche un tantino degradata. Però siamo in via Carbonara, ottimo punto di partenza alla scoperta del nucleo più antico della città, di cui cogliamo i primi segni: proprio di fronte a noi è la magnifica Chiesa di San Giovanni a Carbonara, che visiteremo domani.

 

H. Caracciolo

Lasciati in camera i bagagli, ci spostiamo in pullman per andare al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, che in questo periodo ospita la Mostra, proveniente da Pavia e destinata successivamente a San Pietroburgo, “I Longobardi. Un popolo che cambia la storia”. Nell’atrio ci dà il benvenuto l’enorme stupenda testa di cavallo bronzea, opera di Donatello. Per ottimizzare la visita ci dividiamo in due gruppi di circa venti persone, ciascuno con una guida, suddivisione che ci permetterà di muoverci agevolmente in questi tre giorni. Oggi per il nostro gruppo la guida è Lia.

La mostra, frutto del lavoro di un team di studiosi, punta lo sguardo su un popolo da conoscere meglio per capire la nostra storia, e che – a parte l’unica fonte riconosciuta nell’opera di Paolo Diacono – sembra non abbastanza indagato finora, mentre a poco a poco gli archeologi ne vanno riportando alla luce testimonianze e segni di una presenza consistente quasi in tutta la penisola e soprattutto nell’Italia Meridionale.  In esposizione oggetti – alcuni molto belli – provenienti da più parti, che rivelano gli elementi identitari di questo popolo guerresco ma tutto sommato capace di integrarsi con le popolazioni autoctone e con significative abilità nell’architettura, nelle arti, nell’oreficeria (molto bravi nella lavorazione dei metalli; stile animalistico, ricorrenti le figure di animali nelle decorazioni). Gisella, ispirata, evoca l’Ermengarda manzoniana con i fili d’oro intrecciati ai capelli. Lucia, che ha già visto la mostra a Pavia, trova che la mostra napoletana è più bella dell’altra. Lia, la nostra guida, ci rivela di aver studiato a Matera le chiese rupestri. Resta del tempo, ne approfittiamo per ripercorrere le sale e rivedere le opere rimaste impresse nella memoria, come le sculture della collezione Farnese (tra cui il bellissimo gruppo della Punizione di Dirce o Toro Farnese), i mosaici pompeiani (in cui spicca “La battaglia di Isso” proveniente dalla Casa del Fauno), il Gabinetto Segreto (con i reperti a sfondo erotico), le opere scultoree della Villa dei Papiri di Ercolano (con le due celebri statue in bronzo di corridori).

 

mostra longobardi      longobardi

 Lasciato il Museo, percorriamo a piedi via Pessina fino a piazza Dante, dove scendiamo nella Stazione metropolitana, per fare – con un biglietto unico di sola andata – il giro delle stazioni più belle, quelle che su progetto di Bassolino, sindaco dell’epoca, e di Achille Bonito Oliva, e con il concorso di idee di artisti e architetti di fama sono state abbellite con opere e installazioni di arte contemporanea. A piazza Dante Kosuth, Pistoletto, il grande pannello a mosaico di Nicola De Maria “Universo senza bombe etc.” Kounellis; dalla installazione di quest’ultimo rubarono alcune paia di scarpe, per bravata, non per bisogno.  All’Università, il progetto dell’anglo-egiziano Karim Rashid, un trionfo di colori digitali, con prevalenza di fucsia e lime, la scultura Synopsis, evocante le sinapsi del cervello.  A Toledo, la più spettacolare, si passa dal nero dell’asfalto in superficie al blu del mare in profondità   (Oscar Tusquets Blanca e William Kentridge con i suoi mosaici).

 

Metro

Quando usciamo all’aperto, siamo già vicini a piazza San Carlo; qui ci attende il pullman per il ritorno in albergo, dove è programmata la cena; qualcuno preferisce godersi ancora un po’ la città passeggiando. Cena in albergo. Poi ci ritiriamo per la notte nelle nostre (a dir poco) scenografiche stanze.

 

Giovedi  1 marzo

La guida di oggi si chiama Maria ed è napoletana verace, anzi ischitana. Trovo piacevole il suo linguaggio colorito (ci siamo assiepati qui davanti a questa chiesa…); si riferisce alla magnifica San Giovanni a Carbonara, a cui si arriva risalendo una scalinata “a tenaglia”, disegnata da Ferdinando Sanfelice. E’ stato definito “il pantheon della dinastia angioino-durazzesca. Desta ammirato stupore il grandioso monumento a Ladislao di Durazzo, fatto erigere dalla sorella Giovanna II, dietro il quale (siamo nell’abside) si cela un’altra meraviglia, la Cappella Caracciolo del Sole, interamente affrescata e pavimentata da maioliche raffiguranti una selva di simboli, animali e volti umani (qui vi è anche il monumento funebre di Sergianni Caracciolo, amante della regina angioina). Tra le altre cose notevoli di questa chiesa, la cappella Caracciolo di Vico, gioiello di architettura del Rinascimento per il quale si è ipotizzata anche l’attribuzione alla scuola del Bramante; poi, in un’altra cappella, una Crocifissione dell’aretino Giorgio Vasari, presente a Napoli con molte opere.

Poco lontano, ecco il MADRE, che abbiamo scelto per una mostra qui allestita, Pompei@Madre. Materia Archeologica, progetto espositivo che fa dialogare arte contemporanea (Daniel Buren, Rebecca Horne, Mimmo Jodice, Anish Kapoor, Iannis Kounellis, Sol Lewitt, Mimmo Paladino, Giulio Paolini, Richard Serra e tanti altri) con i reperti pompeiani sia autentici sia fedelmente ricostruiti.

 

 gargano aprile2018 152

Pausa caffé in via Duomo, per poi proseguire in via Tribunali dove visitiamo la chiesa di S. Maria del Purgatorio ad Arco, bella chiesa barocca, non mancante di opere di autori di assoluto rilievo, come Luca Giordano, Stanzione e Vaccaro, ma soprattutto interessante per la rappresentazione di quel rituale delle “anime pezzentelle” o “capuzzelle” che molto racconta del rapporto tutto speciale, non negativo, della più autentica anima di Napoli con la morte, come ci dimostra la nostra guida facendoci notare  i tanti teschi presenti ovunque, nella facciata,  nei decori scultorei  dell’altare, e soprattutto nell’ipogeo disseminato dei famosi teschi oggetto della devozione popolare.  Nell’intervallo del pranzo ci separiamo, dandoci appuntamento al Campanile della Pietrasanta, sempre in via dei Tribunali. Ci dividiamo tra le varie rinomate pizzerie di antica tradizione, mentre un nutrito gruppo opta per il Cristo velato della Cappella Sansevero, capolavoro di arte barocca del Sammartino, rievocato dall’ultimo film di Ferzan Ozpetek,”Napoli velata” appunto.

Da via dei Tribunali, passando per Port’Alba, ci troviamo su via Toledo. Dove io mi concedo, sull’onda dei ricordi, un gelato nell’antica Gelateria della Scimmia in piazza Carità.

Ultima visita in programma nel pomeriggio, a palazzo Zevallos, sede di Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo, la Mostra “Da De Nittis a Gemito: i napoletani a Parigi negli anni dell’impressionismo”.

Approfittando del tempo libero prima di cena, insieme ad Adriana, ritorniamo a piedi attraversando tutto il centro di Napoli. Sosta per visitare la chiesa di S. Anna dei Lombardi, rilevante testimonianza del rinascimento toscano a Napoli. Degni di nota gli affreschi nella Sacrestia Vecchia, interamente affrescata da Giorgio Vasari (1544) e il gruppo scultoreo di terracotta raffigurante il Compianto sul Cristo morto di Guido Mazzoni (1492). All’inizio di Spaccanapoli ci accoglie l’imponente Statua del dio Nilo – per i napoletani “il Corpo di Napoli”; poi è d’obbligo la sosta golosa nella Taralleria napoletana di via S. Biagio dei Librai, per un assaggio dei tradizionali taralli partenopei sugna pepe e mandorle. Non lontano da qui si trova anche il mitico “ospedale delle bambole”, piccola clinica che affascina grandi e piccini.

Stasera si va a cena fuori: a piedi, in via Foria, raggiungiamo la storica pizzeria Lombardi 1892. Dove gusteremo i buoni cibi della tradizione napoletana (alicette fritte, friarielli, mozzarella di bufala, maccheroni alla genovese, pasta patate e scamorza, babà) ma anche mandolino e voce per le canzoni – dalle napoletane classiche a Pino Daniele – con accompagnamento corale di tutta la compagnia.

 

Venerdi 2 marzo

La Farmacia degli Incurabili è un gioiello nascosto della città di Napoli, museo della medicina, testimone del progresso scientifico, della circolazione del sapere, del fermento culturale nella Napoli illuministica.  L’edificazione fu voluta da Maria Longo, nobile catalana vedova di un funzionario di Ferdinando di Aragona. Francesca, la giovanissima e bravissima guida (14 anni!) di turno oggi per accompagnare i visitatori ,  ci conduce attraverso le sale porgendoci una serie  di curiosità: per esempio, la sifilide che in Francia era detta “mal napoletano” a Napoli diventava “mal francese”; i vasi –  “albarello” per i liquidi dall’arabo “albaral” che significa “contenitore” e “maruffa” dalla parola che a Napoli denota la donna bassa e grassa, per i solidi; toccasana come la “teriaca”già usata da Mitridate re del Ponto, a base di carne di vipera; e altri strani elementi  di una farmacopea agli albori della medicina (polvere di mummia,  corna di cervo, denti di squalo,  noci che avendo  forma di cervello  curano la testa..). Nella prima sala, la “controspezieria”, ci investe un fortissimo odore di legno: l’imponente bancone e gli scaffali a parete, con i bei vasi, sono tutti in radica di noce finemente intagliato. Nel luogo in cui si preparavano i farmaci, simbolicamente rappresentati dall’immagine del diavolo (il farmaco che da un lato guarisce e dall’altro può divenire veleno) traspare come la moderna farmacologia nasca dall’intreccio tra magia e alchimia, a partire dalla ricerca della pietra filosofale.  Nel Salone di Rappresentanza, capolavoro del Settecento, ci raduniamo attorno allo splendido pavimento in maiolica (della stessa fattura di quelli del chiostro di santa Chiara) ascoltando Francesca, che sottolinea i motivi di interesse presenti. Straordinaria la grande tela a soffitto, recentemente restaurata, opera del Bardellino, raffigurante Macaone che cura un guerriero ferito (episodio tratto dall’Iliade, allegoria del principio di neutralità dei combattenti feriti, ispirato dal medico e politico Ferdinando Palasciano).  Anche qui le pareti sono interamente rivestite da vasi in maiolica; qua e là simboli massonici; ai quattro angoli sono raffigurati altrettanti scienziati, tra i quali Alessandro Volta; e tra l’altro sembra che le misure adottate nella costruzione siano le stesse del Tempio di Salomone, che consentivano la perfetta riproduzione della voce.  Alla fine della visita ci complimentiamo con la giovanissima guida, alla quale qualcuno nel gruppo augura di studiare ed entrare in politica diventando poi Ministro della Cultura.

 

napoli è                   Napolanità

Andiamo con Alessandro, nostra guida, a Piazza del Mercato, una delle più importanti nella storia di Napoli, tristemente famosa perchè diventata, con gli angioini, luogo di pubbliche esecuzioni (ma anche di pubbliche feste). Il primo a essere giustiziato fu il giovane Corradino di Svevia (come ce lo ricordano i versi di Aleardo Aleardi” pallido altero e con la chioma d’oro”) fino ai martiri della rivoluzione del 1799, da Luisa Sanfelice a Eleonora Pimentel Fonseca e tanti altri.  Ma la piazza ricorda anche le gesta di Tommaso Aniello d’Amalfi, alias Masaniello, rivoluzionario controverso e sfortunato.   Nella contigua chiesa del Carmine, nata in puro stile gotico in seguito completamente nascosto sotto i fasti di età barocca, pare di entrare nel salone delle feste. Poi, poco a poco,  riconosciamo segni importanti della storia della città: il monumento a Corradino di Svevia, l’icona della Vergine Bruna  (chi non conosce la popolare esclamazione Mamma do Carmene, il Crocifisso miracoloso, legato alla credenza popolare che lo stesso  abbia reclinato il capo schivando i colpi degli aragonesi nell’assedio del 17 ottobre 1439 ; la tradizione dello svelamento annuale del Crocifisso alla devozione dei fedeli; il finto incendio del campanile coi fuochi pirotecnici (eccezionale: si può vedere su YouTube). E ancora: la sacrestia rococò, i bellissimi organi, gli eleganti confessionali. Qui furono celebrati i funerali di Totò e di Mario Merola.

Il nostro viaggio a Napoli si avvia alla conclusione. Chiudiamo in bellezza nella pace dei Camaldoli. Abbiamo con noi Marianna D’Arienzo, studiosa di botanica del territorio, se non ricordo male originaria di Amalfi, che ci farà da guida competente e appassionata anche nella visita dell’intero complesso. L’eremo dei Camaldoli a Napoli fu fatto erigere nel 1585 da Giovanni d’Avalos, figlio di Alfonso d’Aragona; per secoli abitato dall’Ordine dei Camaldolesi fondato da san Romualdo, in tempi recenti affidato alle suore brigidine. Che ci fanno ottima accoglienza con la classica pasta al forno del pranzo domenicale. Né è da meno tutto il resto, ma nella mia personale classifica metterei al primo posto la croccantissima insalata appena colta!! Dopo pranzo, una breve introduzione della professoressa alla vegetazione spontanea del luogo (ma qui c’è anche da ammirare il frutto del lavoro umano, orti e giardini a picco sul mare). Poi la visita alla chiesa. Pregevoli affreschi di grandi pittori napoletani, altare in marmi policromi attribuito al Fanzago, e niente chiostro – tiene a precisare Marianna – perchè qui si era in un eremo.  Abbracciando con lo sguardo il magnifico panorama del golfo di Napoli che si gode dal Belvedere salutiamo Marianna, che ci lascia con la lettura di alcuni frammenti del codice forestale camaldolese.

 

 

 

 

 

 

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