Diario di viaggio

Foggia e i Borghi di Fondazione

14 – 15 marzo 2009

a cura di Isa Bergamini

Che ci faccio qui?” è un verso di A. Rimbaud prima di essere un libro di B. Chatwin ed è proprio questo che ci siamo detti con Virginia e Sandro, che ci facciamo noi qui a visitare le città del fascismo?
Conoscere, sapere, aprire una finestra su quel tempo e scoprire un’altra testimonianza della storia sulla nostra terra.
Foggia una città, da cui, se si passa con il treno, il treno cambia direzione di marcia, sorprendendoci sempre, se in macchina, prima della costruzione dell’autostrada, dalla tangenziale la città era solo, di lontano, case di periferia indistinte ed anonime. Insomma a Foggia non si pensava né si desiderava andarci.
Finalmente Foggia, una città che da quel che ho visto sembra abbia sempre sbagliato strada.
L’importante settecentesco Palazzo della Dogana delle pecore, che ne faceva l’identità storica, restaurato in modo pomposo, tale da snaturare e rendere incomprensibile la sua storia, che non si riesce a capire se non da un cartello che ce ne informa, mentre il Palazzo più antico, sede precedente della Dogana a distanza di un isolato, cade a pezzi dimenticato.
Il centro cittadino, stravolto da enormi condomini che si aprono sulla strada allo shopping, come anche in altre città, si identifica intorno alle belle statue del musicista Umberto Giordano, delle sue opere che lo circondano ed alla piazza XX Settembre su cui si affacciano, fra altri, il Palazzo degli Studi opera dell’arch. Marcello Piacentini ed il Palazzo del Consorzio di Bonifica della Capitanata, all’epoca della sua costruzione dell’Opera Nazionale Combattenti, presieduta da A. Di Crollalanza, che dette l’incarico per questa ed altre opere all’arch. Concezio Petrucci.
Sia l’uno che l’altro rappresentano ampiamente l’Architettura Razionalista del tempo, mentre il Palazzo del Municipio e quello della Prefettura sono un chiaro esempio della pomposità, della rappresentazione e della rappresentanza del Potere, progettati dalla Scuola Accademica degli architetti degli anni ’30.
L’Opera di San Michele di C. Petrucci è stata una vera sorpresa, all’insegna del razionalismo senza alcun cedimento alla retorica o ad elementi estetizzanti, certo nessuno spazio previsto all’intimità o al raccoglimento per chi prega, ma puro luogo di raccolta di un gran numero di persone che si trovano immerse in una luce irreale in chiesa, e tutt’intorno una serie di servizi per le attività sociali.
Un giorno in una città passando da una piazza ad un palazzo ed uno sguardo parziale, non può svelarla, non c’è il tempo di scoprire angoli, punti di vista, scorci, luci, colori ma soprattutto quel che è di una città la sua ragion d’essere, le persone che l’abitano, lo spessore di quel che rende possibile a chi ci vive di esserne la vera identità, una Foggia che resta ancora da scoprire.
Borgo Mezzanone, Borgo Incoronata, Borgo Cervaro, Borgo Segezia, Borgo Giardinetto, questi i Borghi di Fondazione che abbiamo visitato, pensati come luoghi e punti di riferimento di servizi all’interno della maglia degli insediamenti rurali voluti dal Governo fascista, per l’attuazione della politica del ritorno alla terra di quelle manovalanze che, ritornate dalla guerra sarebbero potute diventare nuclei di dissenso.
Fu data una casa ed una terra, certo non di quella più fertile e con una superficie tale che non avrebbe potuto garantire la sopravvivenza alle famiglie.
I servizi sul territorio erano organizzati nei Borghi, con la Casa del Fascio, la Casa del Comune, la scuola, la Chiesa ed, in genere, in posizione centrale un’importante Torre Campanaria, ben visibile nella pianura, simbolicamente a rappresentare e ricordare il Potere sempre presente sul territorio, come ci ha fatto notare il nostro giovane amico Andrea.
Il Piano Generale Urbanistico del Tavoliere redatto dall’arch. C. Petrucci imbrigliando nello schema, case coloniche, podere, borghi per i servizi e sistema viario, aveva così risposto alla volontà del Regime fascista di legare i contadini alla terra, ma la storia con la guerra che li porterà drammaticamente lontani e l’impossibilità dell’autosufficienza ipotizzata dei campi assegnati, resero quest’opera un progetto pensato secondo rigidi schemi incapaci di rispettare e di prevedere le dinamiche della vita reale.
Oggi queste architetture appaiono in modo surreale, vero e proprio monumento all’ideologia fascista, presenti a simboleggiarla, estranei allora alla storia di quel contesto, mancando di riferimenti e continuità, non percependo affatto il “genius loci” di quella terra, fatto di uomini e delle loro vite di relazioni, impossibili da imbrigliare in schemi e reti che non ne tengano per niente conto. Infatti rappresentano modelli che rispondono a volontà di regolamentare e chiudere, non tenendo conto della flessibilità della realtà, e sono un modello analogo, importato dall’operazione realizzata nell’agro Pontino.
I Borghi di Capitanata, non architettura intesa come luoghi dell’abitare e del vivere delle persone, ma bei monumenti che ci raccontano oggi la storia italiana degli anni ’30, con tutte le sue contraddizioni e che si fanno rispettare per la coerenza, correttezza ed il rigore di questi architetti alla loro scelta razionalista.

Borgo Mezzanone
E, nelle terre che hanno conosciuto anche la dura lotta di classe dei braccianti agricoli, oggi la funzione di quei borghi e dei loro palazzi è persa e sugli “arengari” delle case del fascio si sciorinano i panni ed alcune chiese sono tornate a riempirsi di fedeli venuti da paesi lontani con la loro grande speranza di vita, che lavorano nei nostri campi e sono alloggiati, con una qualità dell’abitare che fortemente contrasta con l’idea che avevano gli architetti degli anni ’30, nei centri di permanenza temporanea, i CPT. Altra storia che attraversa drammaticamente queste terre.
Dopo un incontro con l’arch. Arturo Cucciolla che ci ha introdotti al tema, l’arch. Gianfranco Piemontese con competenza, non solo ci ha guidati, ma è riuscito a farci appassionare alla scoperta dei Borghi di Fondazione, studiati ed apprezzati oggi dagli storici dell’architettura e ci ha fatto conoscere la famiglia Altamura, interessanti pittori di fine ‘800 dei quali ha curato una bella mostra.
Lucia con la sua intelligente curiosità e ricerca appassionata ci ha proposto questa scoperta di Foggia e dei Borghi di Fondazione, occasione di conoscenza e consapevolezza di alcuni segni della storia sul territorio della Puglia e della realtà di oggi con tutta la ricchezza del suo mutarsi.