31 gennaio 2012

Erri De Luca, I pesci non chiudono gli occhi, Feltrinelli, 2011

di Michele De Ruggieri

In questo romanzo l’autore, racconta la storia di un ragazzo di dieci anni costretto a vivere da adulto in miniatura in una città come Napoli. Arriva fortunatamente per lui una lunga estate trascorsa nell’isola d’Ischia, fra gli affetti familiari della madre e della vulcanica sorella, l’attesa di un padre lontano e soprattutto l’innamoramento sotto l’ombrellone di una ragazzina del Nord la quale lo tirerà fuori in quel poco tempo estivo e assolato dal bozzolo di bambino. Fra barche, pescatori, grandi nuotate, violente zuffe con invidiosi coetanei scorre un fil rouge che pagina dopo pagina legherà sempre più le due creature quasi fossero novelli Adamo e Eva fino a quando, come dice De Luca nelle ultimissime battute “le bocche si trovarono accanto e inventarono il bacio, il primo frutto della conoscenza”.
A pagina 10 sono stato quasi ipnotizzato dalla seguente riflessione: “Avevo raggiunto i dieci anni, un groviglio d’infanzia ammutolita. Dieci anni era traguardo solenne, per la prima volta si scriveva l’età con doppia cifra. L’infanzia smette ufficialmente quando si aggiunge il primo fero agli anni. Smette ma non succede niente, si sta dentro lo stesso corpo di marmocchio……..”
Come prima considerazione dico che De Luca è stato molto bravo a comunicare anche attraverso i sensi: l’odore di salsedine pervade continuamente lo scorrere delle pagine insieme alla luce estiva che dall’ombra degli ombrelloni sulla spiaggia si allunga sulle barche dei pescatori in attesa di uscire per la pesca notturna. E poi ancora i sapori estivi dei ghiaccioli o il piacere di toccare il mare, la sabbia e più di tutto la calda pelle di una mano di donna-bambina. E che dire poi dei suoni estivi uno per tutti l’indimenticabile sonoro diffuso nel silenzio della sera dalle pellicole delle arene cinematografiche?
Detto ciò aggiungo che mi è molto piaciuta la costruzione della storia che va avanti in un continuo contrasto direi dicotomico: infanzia ed età adulta, innocenza e consapevolezza , violenza e mitezza, città e mare, maschio e femmina. Il questo gioco il ragazzo ha la consapevolezza di chi sa di dover fare delle scelte e lo fa con la saggezza di adulto. Sceglie quindi la madre che resta a Napoli rispetto al padre che tenta un’emigrazione sospetta di fuga, i pescatori rudi ma buoni di fronte ai borghesi urbani, il mare e il sole limpidi in contrasto con le oscurità imputridite di una città corrotta.
Un gran bel racconto che non rivela nulla di più, se non quello di cui si legge. Posso dire in conclusione di aver apprezzato questo “I pesci non chiudono gli occhi” come adulto e soprattutto come il bambino che fui con tutte le scoperte, i turbamenti drammatici di quel tempo. Durante la letture mi sono spesso fermato a pensare, lasciandomi trasportare in luoghi e tempi lontani con la convinzione che De Luca abbia voluto raccontarmi le cose di cui avevo bisogno.

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di Elisa Cataldi

Poesia pura, ma…in prosa. Da leggere piano, e poi rileggere per lasciarsi permeare dalle suggestioni, dalle emozioni, dai ricordi.
Il percorso di crescita di un bambino di 10 anni è l’occasione per affrontare temi universali che riguardano tutti, a tutte le età. Crescere vuol dire dolore, anche fisico e, viceversa, il dolore ci fa crescere.
Ed ancora, quel certo senso della giustizia che….” Non c’è giustizia senza pietà per l’offeso “. E poi assistere alla trasformazione di questa indignazione da privata a collettiva: è la ribellione condivisa, quella che…” il peso e la vastità del NOI sgomentava i poteri” e tanto, tanto altro su cui riflettere con la mente, ma soprattutto da sentire….col cuore!

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di Antonella De Maio

Quanto alla lettura del romanzo “I pesci non chiudono gli occhi” l’ho trovato molto poetico, intenso e ricco di stimoli. Ci sono state delle frasi che mi hanno illuminata, come “Ci sono delle ragioni che sono peggiori dei fatti” o altre metafore che hanno un particolare valore evocativo. Mi ha commosso anche il passaggio in cui De Luca apre uno squarcio nella sua vita privata ed è quando parla del distacco dalla ragazzina. Qui lui dice che “..da allora nessuna più si è fermata…” e allude al fatto che lui, pur avendo chiesto in sposa più di una donna, non si sia mai trovato fianco a fianco con qualcuna, davanti a qualcuno che chiedeva “vuoi tu…..?”. E’ questa una circostanza di cui lui ha parlato con rammarico durante una intervista.

De Luca mi piace come uomo e come scrittore e non mi importa la frequenza con cui produce libri, se questo significa provare le emozioni che ho provato.

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di Isa Bergamini

In questo libro la pagina è rarefatta, sembra che lo scrittore continui a girare intorno a se stesso, cercando di trovare un tema importante e collettivo per giustificarla davanti al lettore.
La Giustizia può riparare al torto commesso o ricevuto? Secondo la bimba sua amica/primo-amore sì, secondo de Luca, no.
Il tema è forte, coinvolgente e complesso, ma viene tradotto in parole lievi ai margini di un flash su un frammento di vita dell’autore.
Anche in “Tu, mio”, pubblicato nel 1998, stesso schema: la giovane ebrea sopravvissuta allo sterminio e il tentativo di vendicare, di fare giustizia a suo modo del giovane sedicenne, all’interno di una lieve micro storia.
Molti gli elementi in comune fra questi suoi due libri.
Una scrittura non barocca, ma barocchetta, di maniera, tessuta da pennellate di tipo impressionistico.
Lingua è poetica in alcuni momenti, ma la tentazione è di leggere quelle brevi definizioni che vorrebbero essere lingua poetica, come se nascessero dall’esercizio della settimana enigmistica, che gli ha dato il dono della sintesi e dell’immagine, come l’iperrealismo dei rebus, come lui stesso dice.
La pagina di De Luca è una pagina che sembra fatta a posta per essere letta ad alta voce, recitata. Conosciamo la sua bella voce, infatti leggendo sembra di sentirlo.