18 marzo 2013

Stefan Zweig, Bruciante segreto, Adelphi, 2010

di Amalia Mancini

“Solo gli occhi di un bambino potranno svelarci i segreti del mondo!”
In questo romanzo breve di Zweig è proprio quello che accade. L’innocenza del protagonista, un preadolescente fragile e sensibile, desideroso di amicizia e affetto, come tanti a quell’età, ci guida a scoprire la perfidia e la falsità di un giovane barone, conosciuto nell’albergo dove soggiorna noiosamente con la madre, a causa di una lunga convalescenza.
L’amicizia che il barone gli offrirà è solo frutto di un’astuta macchinazione. Egli è un abile cacciatore di donne e, come tale, era fortemente interessato alla madre. Si servirà del bambino, fingendosi amico, solo per raggiungere il suo scopo.
Il racconto si svolge agli inizi del ‘900 e rivela un quadro di quelli che erano i rapporti sociali dell’epoca, narrato magistralmente da S. Zweig.
Nel libro aleggia una nota di dolore, frutto della struggente delusione che vivrà il protagonista, schiacciato dall’indifferenza degli adulti, di cui non comprende i comportamenti e le regole.
La madre, verso cui prova un trasporto incondizionato e sincero, si rivelerà fatua e leggera, secondo i canoni del suo tempo, presa dalla sua vanità più che dall’amore materno.
Sarà con il dolore che il bambino crescerà, scoprendo un “bruciante segreto”. Comprenderà così la crudeltà degli adulti con la sua sofferenza, senza rendersi conto che tacendo diventerà loro complice e varcherà quel fragile filo che separa l’infanzia dall’adolescenza.
Sarà solo attraverso la menzogna, che perderà la sua iniziale innocenza. Dovrà perdonare e tacere per poter conquistare una carezza dalla madre!

—————————————————————————————————

di Antonella De Maio

Se in “Paura” il tradimento della protagonista è dettato dalla noia, in “Bruciante segreto” la disponibilità alla seduzione del giovane barone da parte della madre del piccolo Edgar è dettata dalla vanità. La narrazione viene fatta dal punto di vista del bambino che prova entusiasmo, frustrazione, rabbia, umiliazione, impotenza, disillusione e la terribile esperienza del tradimento della madre e del falso amico, per poter arrivare poi alla riappacificazione e alla complicità con la madre, in cambio della sua omertà. Anche questo breve romanzo scritto/tradotto benissimo, anche qui una donna che tradisce un marito ricco e affermato di cui poco si sa. Anche qui un maschio, il figlio, ancorché piccolo che riporta la donna sulla retta via affrontando inverosimilmente l’adulto seduttore e azzuffandosi con lui. Ho visto in questa storia un complesso edipico e una proiezione paterna nel piccolo Edgar: lui rivendicava per sé le attenzioni della madre, sentendosi tradito da lei. Quando sceglie di non svelare a suo padre l’accaduto, Edgar capisce di aver ottenuto, come rivela in modo inquietante nell’ultima pagina del libro, la definitiva rinuncia della madre a pensare a sé come una donna e “di appartenere in futuro unicamente a lui, al suo figliolo”. Non giustifico il tradimento della donna, ma la mancanza di rispetto verso l’intelligenza e la maturità delle donne che emerge da questa storia. E’ vero che è stata scritta agli inizi del Novecento, ma ancora oggi non è attuale questo moralismo nei confronti dei tradimenti femminili? Di contro, allora come oggi, non c’è forse una eccessiva indulgenza verso i tradimenti maschili?