6 dicembre 2022

Georges Simenon, “Le sorelle Lacroix”, traduzione di Federica e Lorenza Di Lella, Adelphi, 2022. 

proposto da Maria Rocca e Vanda Morano

di Maria Rocca

Leggere George Simenon è per me un’esperienza sempre diversa, forse perché i suoi lavori sono ora un giallo, ora un romanzo, ora un’introspezione psicologica. Egli è amaro, duro, pungente, sempre intransigente con i suoi personaggi.

“Ogni famiglia ha uno scheletro nell’armadio …” recita l’epigrafe di questo romanzo crudele ma veritiero, perché l’astio, il livore, l’acredine fanno parte dei sentimenti negativi che albergano nel cuore dell’uomo. Pagina dopo pagina, Simenon svela gradualmente lo scheletro nell’armadio, esplora gli abissi della mente umana, descrive l’incrinarsi della ragione, l’avanzare delle pulsioni, il precipizio dell’anima dietro l’apparente armonia.

Che nella famiglia Lacroix l’atmosfera sia tesa lo si intuisce subito. Basta osservarla a tavola, nel silenzio pesante, negli sguardi rabbiosi, nei gesti maldestri. Il romanzo è ambientato a Bayeux nel dipartimento del Calvados in Normandia. Pochi personaggi, (tra cui dominano le sorelle Mathilde e Leopoldine Lacroix, figlie di un notaio di Bayeux), in un luogo unico, borghese, che amplifica i malumori creando implosive situazione claustrofobiche. La casa è un’abitazione su tre piani, “una gabbia di matti”, benché ampia e spaziosa è sempre chiusa, e l’aria umida e stantia contribuisce ad appesantire l’atmosfera. Poche parole vengono scambiate tra i membri della famiglia, molti gli sguardi allusivi, i silenzi, gli scricchiolii, le percezioni desunte col circospetto spiare il comportamento altrui.

Le due sorelle vivono sotto lo stesso tetto: Mathilde con suo marito Emmanuel Vernes, un artista mediocre, restauratore di quadri, e con i loro due figli, Geneviène e Jacques; e Leopoldine, chiamata Poldine, che gestisce gli affari di famiglia, (seduta a fare i conti davanti a pile di quaderni neri con la copertina di tela cerata e le pagine piene di cifre tracciate a matita), con sua figlia Sophie che ogni tanto ritorna in famiglia, mentre suo marito fin dai primi tempi del matrimonio è confinato in Svizzera per via della tisi di cui soffre. Le due sorelle, benché sposate, sono da sempre note con il cognome da nubili. Il racconto si apre con la giovane Geneviève Vernes, una diciassettenne che in chiesa recita il rosario con insolito fervore: … piena di grazia, il Signore è con te … piena di grazia, il Signore è con te …  (pag. 13-14)   … adesso e nell’ora … nell’ora … A quel punto, guardando la Madonna con gli occhi pieni di lacrime, esclama: “Fa che sia io a morire per prima!… O che moriamo tutti insieme, mia madre, mio padre, Jacques…” (Pag. 15)  “Santa e bella Madonnina … fa’ che la situazione a casa cambi…………

”Le preghiere e le invocazioni al cielo della giovane Geneviéve Vernes, espresse all’interno della chiesa di Bayeux, risultano vane.

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di Vanda Morano

Storia di famiglia in un interno. Ritratto di provincia a porte chiuse.

Le protagoniste principali di questo romanzo sono le sorelle Lacroix che, entrambe sposate, conservano il loro cognome per sancire il loro forte legame e una situazione immutabile e immobile. Sono entrambe intrappolate in un reciproco odio che estende gli effetti negativi sugli altri inquilini della casa; su Viève (figlia di Mathilde) che somatizza il dolore fino a perdere la ragione, su suo fratello che tenta di allontanarsi da quel clima opprimente e su Sophie (figlia di Poldine) che è intollerante e rancorosa.

Vittima è anche Vernes, scialbo pittore, infelice marito di Mathilde e padre di Sophie perché amante in un lontano passato di Poldine. In un crescendo di tensione monta la ostilità tra i membri della famiglia. Viene alla luce un verminaio di rancori tutti nascosti  sotto una patina di borghese rispettabilità. Le due sorelle sono forgiate per grandi tragedie ma gli altri personaggi soccombono nella loro fragilità e nella loro opacità . Viève muore, suo padre si impicca. Le due sorelle si ritirano a vivere nel piano superiore cedendo il resto della casa al figlio di Mathilde . Il restringersi degli  spazi favorisce loro una prossimità fisica e una interdipendenza animata dal sospetto e dall’odio, un odio che “diventava tanto più spesso, tanto più vischioso, tanto più pesante, tanto più perfetto quanto più lo spazio si riduceva”. Un epilogo indicibilmente feroce.

In questa storia crudele Simenon guarda, narra, scandaglia ma non giudica. Il suo stile narrativo è come sempre asciutto e poco incline agli estetismi letterari, i suoi mots matière, i punti esclamativi, i punti di sospensione descrivono efficacemente atmosfere e personaggi.

Il quadro di Lèon Spilliaert pubblicato sulla copertina del libro mi sembra una scelta editoriale efficace per presentare una storia così buia e angosciosa.

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Breve nota a cura di Isa Bergamini dopo l’incontro del gruppo di lettura.

Sono state dette molte cose importanti e interessanti su questo libro che è stato molto apprezzato dalla maggior parte delle partecipanti alla discussione ma anche del tutto rifiutato da alcune.

Si è detto che in questo libro Simenon mette in evidenza la parte oscura che c’è in noi, raccontando l’odio, un sentimento primordiale, socialmente rifiutato, che invece Simenon riesce a inserire in una storia pensata con una geometria rigorosa ed eccezionalmente creativa. In una casa claustrofobica i personaggi si muovono quasi in una danza macabra senza vie d’uscita, raccontati con uno stile secco, asciutto che rivela anche il procedere dello scrittore per sottrazioni per poi arrivare a quel nucleo centrale della storia, l’odio, che si addensa sempre di più via via che si riducono gli spazi della casa intorno alle due sorelle.

E’ stata sottolineata la grande capacità di Simenon di osservare e raccontare la gente comune, senza voler arrivare ad esprimere il tragico della vita. Simenon non è uno scrittore drammatico, è un osservatore acuto e impietoso che procede senza esprimere giudizi. Il libro fu scritto nel 1937, ma la famiglia Lacroix ricorda alcune dinamiche familiari che tragicamente si incontrano ancora oggi.

Si è però anche detto da parte di alcune che il libro è soffocato dall’artificiosità della tesi che vuole raccontare, senza mai approfondire né le motivazioni né l’ambiente sociale, sottolineando così la non autenticità di un autore generalmente molto abile, ma che in queste pagine non coinvolge né sconvolge, insomma il meccanismo del noir è troppo scoperto ed evidente.

E’ stato sottolineato che la copertina di questa edizione Adelphi con  Due donne a un tavolo blu, di Léon Spilliaert è particolarmente efficace per presentare questa storia buia e angosciosa e che è risultato ottimo il lavoro di traduzione delle sorelle Federica e Lorenza Di Lella. 

Si è ricordato “Un brav’uomo è difficile da trovare” di Flannery O’Connor, il film “Arsenico e vecchi merletti” ed anche la citazione di Lord G. Byron “L’odio è di gran lunga il più duraturo dei piaceri; gli uomini amano in fretta, ma odiano con calma”.

le “coccole” di Luciana