12 Dicembre 2023

Clara Pineiro, “Elena lo sa“, traduzione di Pino Cacucci, Feltrinelli 2007

proposto da Elisa Cataldi

di Elisa Cataldi

Difficilmente ascrivibile al genere dei gialli o dei noir come viene proposto, si tratta di un romanzo molto atipico, introspettivo, toccante. Una storia molto intensa, struggente a tratti feroce che non indulge a sentimentalismi, assolutamente priva di retorica.

l corpo di una ragazza, Rita, viene trovato impiccato al campanile della Chiesa. Le indagini vengono ben presto chiuse e la disgrazia etichettata come suicidio, ma Elena, la madre con la quale la ragazza viveva, è certa che i fatti stiano diversamente perché quel giorno pioveva e Rita col temporale non si sarebbe mai avvicinata ad un campanile, per paura dei fulmini. Elena comincia allora una sua indagine personale, ma il Parkinson le impedisce di muoversi come vorrebbe, quindi va a chiedere aiuto ad Isabel, una donna che da Rita una volta è stata aiutata e quindi dovrebbe avere una sorta di debito da pagare. E qui la storia si fa intensissima e propone risvolti assolutamente inattesi.

E’ un romanzo molto ricco di spunti di riflessione, che affronta tematiche fortemente coinvolgenti con grande lucidità e coraggio. Un rapporto fortemente conflittuale, eppure strettissimo tra una madre malata di Parkinson e totalmente centrata sulle sue esigenze ed una figlia che mal sopporta la vicinanza e l’obbligo di accudirne il  corpo malato. IL rapporto tra una madre fragile nel corpo e una figlia fragile nell’anima. Tra le due non intercorre alcuna tenerezza, alcuna manifestazione di amore. Elena è il suo Parkinson, l’inferno personale di un corpo che deraglia eppure esprime fino all’ultimo una gran voglia di vivere. Rita invece, la figlia bigotta, cresciuta nella superstizione e nel pregiudizio, vive la sua realtà come claustrofobica e senza speranza, in una società gretta ed ipocrita. Vi si parla della cura di un disabile e dell’umiliazione della burocrazia. Viene poi affrontato il tema dell’aborto e della maternità non scelta ne’ desiderata, dell’istinto materno che non è scontato, non è dato per natura.

Tanti gli argomenti che ci interrogano e ci coinvolgono, una storia che ti prende e cattura la tua attenzione fino all’ultimo rigo. Un romanzo avvincente anche se durissimo e a volte inquietante

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Breve nota a cura di Maria Grazia Toma dopo l’incontro del gruppo di lettura.

Il titolo nella versione originale è “Elena Sabe” Elena sa. Sa tutto, questo suo sapere è affermato con protervia in tutto il racconto come un ritornello fino al finale che sembra scalfire la sua determinazione. Il racconto ha suscitato in tutte un sentimento di angoscia e quasi di repulsione per la sua crudezza, per la sua mancanza di speranza. La resa stilistica cruda e fredda senza un minimo coinvolgimento emotivo è stata molto apprezzata mentre ha creato un certo fastidio in alcune. La mancanza di punteggiatura rende perfettamente l’urgenza della protagonista di trovare qualcuno che la aiuti a trovare la sua verità prima che la malattia la immobilizzi. Elena ha bisogno di un corpo che agisca per lei. La lentezza e la ripetitività della frase “Elena lo sa” descrivono la malattia che blocca i movimenti ma non il pensiero; l’Autrice descrive la malattia in maniera puntuale e particolareggiata. Elena, affetta da Parkinson, sa come funziona la malattia con i suoi ritmi lenti che la condizionano, la governano. Elena sa come Rita, la figlia, sia persa in fobie, ossessioni e dogmi di cui non conosce il significato ma su cui costruisce la sua vita seguendo le orme del padre. Elena sa che Rita ha troppa paura dei fulmini e dei campanili per cui non può essersi suicidata impiccandosi su un campanile durante una tempesta. Elena sa che Isabel, l’altro personaggio femminile, ha un debito di riconoscenza nei suoi confronti e la potrà aiutare. In realtà questo debito è un peso su Isabel. Rita ed Elena la hanno costretta a non abortire senza ascoltarla, la figlia nata è frutto della violenza del marito che voleva un figlio con il suo compagno. Su questa vita di sicurezze e egoismo di Elena si abbatte la mannaia della morte di Rita, che ha sempre vissuto nell’accudimento della madre con sentimenti di repulsione. Quando il dottore le prospetta un aggravamento importante della malattia della madre non lo accetta . Tra madre e figlia vi è un rapporto conflittuale, estremo senza un barlume di condivisione, di empatia. Sono due solitudini egoistiche; l’altro non viene ascoltato, riconosciuto. Il non detto prevale. Elena nel finale ricorda di non aver mai avuto un atto di amore per la figlia, ma pretende che la figlia l’accudisca; lei vuole vivere anche a dispetto della malattia, vuole usare gli altri così come è stata usata dal marito. Il rapporto tra genitori e figli, in particolare con il loro corpo, può essere particolarmente difficile e non accettato da tutti; nel libro di F. Roth “Patrimonio” questo argomento viene affrontato. Questo rapporto tra Elena e Rita, malato, non è legato alla comparsa della malattia ma preesisteva. Questa è una famiglia tossica in cui i rapporti sono avvelenati dalla solitudine che si trasforma in odio. Una madre anaffettiva centrata su se stessa che succhia dagli altri tutto il possibile. Un padre isolato incapace di sentimenti ma determinato nelle sue idee; Rita che cresce da sola ingabbiata in credenze Anche Isabel non ha alcun rapporto con la figlia, una famiglia tossica, anche questa, basata sulle apparenze.

Un romanzo crudo, disturbante, che fa emergere dal silenzio molti tabù. La malattia descritta nei suoi aspetti più ripugnanti, specie negli anziani il cui declino fisico e mentale è inevitabile e che richiede una dedizione quasi assoluta a cui Rita non è in grado di rispondere, non può sopportare ulteriormente. La visione del futuro diventa per lei inaccettabile.

Nel libro emerge anche il tabù della maternità che non può essere subita dalla donna e che non costituisce il necessario completamento. La violenza sulle donne emerge in tutte le sue forme sia fisica che morale. Su tutto sovrasta una società ipocrita, insensibile ai bisogni dei più disperati, che si attiene alla forma, alle apparenze. Un libro che dà fastidio, perché troppo realistico e senza alcuna speranza.