26 marzo 2024

Stéphanie Coste, “Lo scafista“, traduzione di Cettina Caliò, La nave di Teseo, 2022

proposto da Rosa Giusti

di Rosa Giusti

Sono così tante e terribili le notizie dei media sui migranti che attraverso il Mediterraneo tentano di raggiungere il nostro paese affidandosi per la traversata a gente disonesta che spesso li porta alla morte, che proporre al gruppo di lettura -Lo Scafista- non mi convinceva. Un argomento così ripetitivo, pensavo, ha ormai poca presa su noi tutti, assuefatti e quasi anestetizzati emotivamente. Ma “Lo Scafista”, almeno secondo il titolo del testo della Coste, prometteva di trattarlo secondo una prospettiva diversa e mi ha incuriosita.

Effettivamente nel libro compaiono elementi di novità, perché il protagonista, lo scafista Seyoum, capo di un’organizzazione criminale che si occupa di traghettare persone in fuga dalla Libia verso l’Italia, è sì un mostro di crudeltà, ma è anche un uomo. E’ un eritreo con un trascorso personale tragico, la cui storia è anche la storia dell’Eritrea, della guerra con l’Etiopia, della dittatura, delle persecuzioni dei dissidenti e della loro necessità di andarsene altrove. L’autrice si sposta di continuo dai movimentati avvenimenti che precedono la traversata del racconto, all’infanzia idilliaca del bambino Seyoum, sereno e felice in seno ad una famiglia benestante e colta, alla sua giovinezza, quando è teneramente innamorato e promesso sposo della meravigliosa Madhia, ed infine alle torture, alla separazione straziante dai suoi cari, alle sofferenze indicibili subite nel corso dei capovolgimenti politici dell’Eritrea.  Seyoum tenta di fuggire per mare dall’Africa, ma il suo viaggio fallisce e lo riporta in Libia, dove si ferma.  Il dolore patito lo ha trasformato. “Hai sofferto e ora fai soffrire. Marcirai all’inferno” dice a sé stesso sulla spiaggia dove dirige i suoi traffici. Ha fatto della speranza di poveri derelitti, l’anima del commercio, si arricchisce con cinismo, uccide, corrompe, inganna, terrorizza. Ma Seyoum è un malvagio insoddisfatto, estremamente tormentato, si auto distrugge assumendo alcol e droga, cerca la morte. E’ che ha ancora una coscienza, una sensibilità non completamente congelata. Il ritrovamento casuale di Madhia, l’amore della sua vita, tra l’ultimo “carico” dell’imbarcazione fatiscente prossima a partire, innesca un cambiamento nella sua psiche allo sfascio.  Pur consapevole che Madhia non sarà mai più al suo fianco e che lo disprezza pensando erroneamente che lui l’abbia ingannata, decide di dare una svolta alla sua esistenza maledetta:  regala il suo denaro,  si mette in mare assumendo lui stesso il comando della -carretta del mare-  (per giunta in tempesta) che dovrà trasportare in Italia un foltissimo gruppo di persone fra cui  Madhia con  il marito e il figlioletto, e miracolosamente ce la fa, ce la fanno, in discreto numero, ad arrivare a Lampedusa.

Molti elementi del romanzo si possono ritrovare nel recente film – Io Capitano- con il quale c’è stato un confronto. Ma nel libro non c’è solo la tragedia dei migranti, preponderante nel film, c’è soprattutto la storia dello scafista, l’altra parte di umanità coinvolta in queste vicende, di Seyoum incattivito dalla vita e dai traumi accumulati. “Tutte le cose davvero atroci cominciano dall’innocenza”. Questa citazione da Hemingway che la Coste riporta nell’esergo, spiega il senso che vuole dare al suo romanzo. L’Autrice usa un ritmo veloce ed efficace, usa frequenti flash back tenendo vivo l’interesse del lettore e mettendolo di fronte a fatti storici forse poco conosciuti. Tutto ciò è stato ritenuto un merito da parte di molte di noi mentre varie critiche si sono levate da parte di altre che non hanno apprezzato affatto né il contenuto del romanzo, né lo stile, né la struttura narrativa.  

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Breve nota a cura di Teresa Santostasi, dopo l’incontro del gruppo di lettura.

Un gruppo di lettura, LeggerMente, che esprime la pluralità delle conoscenze, delle riflessioni e delle preferenze di noi lettrici e che ci permette di “leggere anche con gli occhi delle altre”.

Lo Scafista”, racconto finalista del Premio Inge Feltrinelli 2024, proposto da Rosa Giusti che ne ha colto il ritmo incalzante e l’intreccio tra le vite delle vittime e quelle del loro carnefice, dove l’abusato diventa abusante, ha trovato pareri discordi nelle nostre analisi.

Il tema dell’immigrazione, sempre presente nel nostro vissuto con un potente coinvolgimento emotivo, è uno dei temi più divisivi della nostra epoca. L’Autrice rinuncia a raccontare il punto di vista delle vittime, preferendo entrare in quello del carnefice Seyoum.  Qualcuna ha trovato irritante e faticosa l’alternanza di date, cosa invece apprezzata da altre, per il richiamo a ricordi dell’infanzia che permettono di interpretare meglio il presente. “Lo scafista” è stato considerato racconto non banale, caratterizzato da una prosa crudele che non lascia spazio all’immaginazione, del quale è stata apprezzata la brevità pur nella complessità del personaggio Seyoum e dei temi affrontati. Per alcune il racconto ha deluso, non condividendo la posizione assolutoria della scrittrice Stephanie Coste ed il linguaggio povero e frammentario. Si è voluto ricordare che comunque la letteratura è una strada privilegiata per esprimere pareri, aiutandoci soprattutto nei momenti più critici. Si è convenuto che il racconto risulta troppo artificioso e costruito, soprattutto nel finale e nei temi trattati. E’ mancato inoltre il rapporto con la storia, né sono analizzate le cause e le vicende della guerra Eritrea/Etiopia.

Inevitabilmente non abbiamo potuto non citare il testo appena letto di Stefano Massini “Eichmann, dove inizia la notte” da cui emerge che tutte le cose davvero atroci cominciano dall’innocenza ed il confronto con l’ultimo film di Matteo Garrone “Io Capitano”, la cui visione, forse, ha fatto poco apprezzare il racconto.

Sono stati citati:

Garcia Markez  “La Somala

Stefano Massini “Eichmann. Dove inizia la notte

Hanna Arent “La banalità del male

Matteo Garrone. Film “Io Capitano