Racconti d’inverno, di Karen Blixen
Attività 2023-2024, Commenti e riflessioni17 dicembre 2024
Karen Blixen, “Racconti d’inverno“, traduzione di Adriana Motti, Adelphi, 1980
proposto da Tonia Lamanna
di Tonia Lamanna
Con i “Racconti d’inverno“, pubblicato nel 1942 in lingua inglese dalla scrittrice danese Karen Blixen, il gruppo Leggermente inaugura il ciclo di letture dedicate alla letteratura scandinava moderna e contemporanea, già presentata dal prof. Franco Perrelli (UNIBA) in un incontro dedicato, e a seguito della visione del film “Il pranzo di Babette” tratto dall’omonimo racconto dell’autrice, pubblicato nel 1958 ne “I capricci del destino”. E proprio quella del “raccontare” appare la vocazione letteraria di Karen Blixen (1885-1962) fin dagli esordi nel 1907, per decenni nascosta dietro pseudonimi anche maschili, tra i quali quello di Isak Dinesen, cognome dell’amato padre, morto suicida quando ella aveva solo nove anni.
Sicuramente le diverse personalità dei genitori (orientata al più severo credo protestante la madre, trasgressivo, anticonformista e amante dei viaggi il padre), l’agiata infanzia e adolescenza trascorse con i quattro fratelli più giovani nella residenza della proprietà terriera di famiglia a contatto con la natura, la frequentazione in gioventù delle Accademie di Belle Arti di Copenaghen, Parigi e altre capitali europee, il trasferimento in Africa con il cugino di secondo grado poi sposo (il barone svedese von Blixen-Finecke) e lì la conduzione della piantagione di caffè (anche da sola dopo il divorzio), la malattia venerea trasmessale dal marito, il ritorno in patria e l’esperienza di corrispondente di guerra agli inizi degli anni ’40, i nostalgici ricordi africani e il decorso nefasto della malattia, saranno tutti elementi biografici contrastanti che riemergeranno trasfigurati nella sua scrittura narrativa fatta di destini incrociati, di personaggi contrapposti, tormentate introspezioni, dissidi morali, desideri laceranti e improvvise illuminazioni. Nel 1942 l’Autrice, costretta a rientrare in patria, si rifugia nella sua casa di Rungsteldung e nella scrittura che diviene il centro della sua vita, il luogo ideale per le sue meditazioni filosofiche e l’espressione della sua fervida immaginazione.
Gli 11 racconti: “Il giovanotto col garofano, Il campo del dolore, L’eroina, Il racconto del mozzo, Le perle, Gli invincibili padroni di schiavi, Il bambino che sognava, Alkmene, Il pesce, Peter e Rosa. Un racconto consolatorio” contengono temi ricorrenti che s’intrecciano a distanza senza dare una vera unità all’intera raccolta (il viaggio per mare, l’arte, l’eroismo femminile, l’infanzia, il matrimonio, il potere, il paesaggio, il sogno); epoche, classi sociali e luoghi diversi ed anche lo stile narrativo cambia (fiabesco, sentimentale, impressionistico, speculativo filosofico) dando un andamento altalenante alla lettura e un senso di discontinuità formale che allontana la Blixen dai canoni narratologici più classici ma che incuriosisce e attrae.
Così ogni singolo racconto è un piccolo gioiello a sé e, filo conduttore dell’intera raccolta, diventa la ricerca di tutti i personaggi, giovani adulti tormentati da sensi di colpa e di inadeguatezza, presi nel gioco delle forze discordanti e contrapposte dell’esistenza con le loro tante metamorfosi (il Gioco degli Opposti evidenziato da tutta la critica), di una possibilità di salvezza che Adam ne “Il campo del dolore” intravede in questa riflessione: “i sentieri della vita […] gli apparivano come un viluppo ingarbugliato, un disegno complesso e tortuoso; né lui né alcun altro essere umano aveva il potere di dominarlo o di dirigerlo. In quell’arabesco s’intrecciavano la vita e la morte, la felicità e il dolore, il passato e il presente. […] E da questi elementi contrastanti nasceva la concordia”. Più misterioso enigmatico ed irrisolto appare l’esito di quella ricerca nella frase pronunciata dall’ultimo personaggio de “Un racconto consolatorio”: “la Vita e la Morte sono due scrigni serrati, ognuno dei quali contiene la chiave dell’altro”. Ma non è un caso che il primo e l’ultimo racconto siano ambedue centrati sui temi dell’arte della scrittura (in ambedue i protagonisti sono scrittori) e del rito affabulatorio del racconto nel racconto: alla fine per Karen Blixen sembra essere il potere della parola scritta e scambiata oralmente a rendere accettabile la dissonanza del Mondo, a rendere possibile il distanziamento dal dolore attraverso la sua messa in forma, a generare la relazione empatica tra narratore e ascoltatore nella dimensione temporo-spaziale altra dell’ immaginazione dove ogni cosa e il suo contrario sono possibili. Gli opposti si toccano, l’inimmaginabile accade … come poter gustare un raffinato pranzo da 10.000 franchi del Cafè Anglais di Parigi all’interno di una piccola comunità pietista di pescatori e austere sorelle sperduta nello Jutland danese, alla fine de “Il pranzo di Babette”: un evento improbabile nella realtà ma che, nella fantasia letteraria, incanta e scalda il cuore.
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Breve nota a cura di Elisa Cataldi, dopo l’incontro del gruppo di lettura:
Molto si è detto della biografia della scrittrice e di quanto la stessa abbia influenzato la narrazione ed i suoi contenuti. Si tratta di 11 racconti molto diversi l’uno dall’altro, pubblicati nel 1942. Piccoli gioielli di narrazione che si prestano a molteplici e sovrapposte chiavi di lettura.
Sempre struggente la descrizione del paesaggio dipinto con pennellate prevalentemente nostalgiche e malinconiche: rende benissimo la consapevolezza della scrittrice di appartenere a quella terra, a quei luoghi incantati di nebbie “sognanti” e di brume, di boschi e di brughiere, di acque e di ghiacci. La scrittrice crea atmosfere che vanno dal fiabesco, al surreale, all’onirico, per raccontare di viaggio, di mare, di infanzia, di eroismo femminile, di arte. Personaggi quasi ottocenteschi come trovatelli, principesse, bambini scambiati alla nascita, schiavi e padroni, maghi e marinai, molto lontani dal modernismo imperante, sono i protagonisti di storie spesso lontane da ogni logica, senza nessuna preoccupazione per la verosimiglianza, per la consequenzialità degli eventi, racconti che finiscono talvolta in modo sospeso, irrisolto.
Si tratta di personaggi inquieti, in preda a profondi conflitti interiori. Tutte le metamorfosi narrate rimandano alla perenne ossessione della Blixen, per il gioco degli opposti: desiderio/realtà, schiavo/padrone, fedeltà/tradimento, onore/vergogna, gioia/dolore, insoddisfazione/accettazione del mondo. Da alcuni definite favole per adulti o parabole di una religiosità laica, portano con sé un messaggio, una verità, un insegnamento che consiste essenzialmente nella sintesi, nel superamento di queste profonde dicotomie: l’accettazione del mondo con tutte le sue contraddizioni.
Questo patrimonio filosofico-etico-religioso della scrittrice, ha fatto pensare ad alcune di noi, alla filosofia del conterraneo (di poco precedente) Kierkegaard, fondatore dell’Esistenzialismo.
Globalmente la maggior parte di noi l’ha trovata una lettura godibilissima, un viaggio veramente fuori dal comune.
Opere citate di o su Karen Blixen:
Il pranzo di Babette, Film del 1987, regia Gabriel Axel
Capricci del destino, Karen Blixen, Ed. Un. Ec. Feltrinelli
Karen Blixen: un conflitto irrisolto, Ole Wivel, Ed. Iperborea
Nomi, Nadia Fusini, Ed. Feltrinelli
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